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Sentenza della Corte sulle famiglie arcobaleno: ora tocca al Parlamento tutelare i figli di coppie omogenitoriali

La sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito che è incostituzionale impedire alla madre intenzionale di essere riconosciuta come genitore del proprio figlio, nato in Italia da Pma all’estero. Ora tocca al Parlamento approvare una legge che riconosca pienamente le famiglie omogenitoriali, eliminando ogni discriminazione.
A cura di Jennifer Guerra
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Si tratta di una giornata storica per i diritti delle famiglie arcobaleno: una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di riconoscere come figli di due madri, e non solo della madre biologica, i bambini nati all’estero tramite la fecondazione eterologa. Una sentenza attesa dal 2023, ovvero quando alcune procure in Italia avevano cominciato a impugnare gli atti di nascita di diverse famiglie composte da due donne e i loro figli. In particolare nella città di Padova erano state ben 37 le notifiche arrivate alle famiglie, che di colpo si erano trovate a vivere l’incubo di veder cancellato il nome della cosiddetta “madre intenzionale” dall’atto di nascita.

Come spiega in un comunicato la rete di avvocatura LGBTQ+ Lenford, che ha seguito il caso sin dall’inizio, dal 2018 i sindaci di alcuni comuni italiani avevano cominciato a trascrivere negli atti di nascita di questi bambini sia il nome della madre che li aveva partoriti, sia quello della compagna. Alcune procure avevano chiesto di cancellare quest’ultima reputando che dovesse invece adottare il bambino attraverso la formula della stepchild adoption, un’opzione costosa, lunga e dall’esito non sempre garantito. La possibilità dell’adozione era stata introdotta da una sentenza della Cassazione del 2020 che però, anziché semplificare il processo, non faceva altro che complicare la situazione delle famiglie arcobaleno.

Oggi la Consulta ha deciso chiaramente che sugli atti di nascita trascritti dovrà esserci in tutti i casi il nome di entrambe le madri: quella biologica e quella intenzionale. La decisione è stata presa sulla base dell’interesse supremo del minore: se infatti viene considerata madre solo quella che ha partorito il bambino, l’altra madre non ha alcun diritto o dovere nei confronti del bambino anche in caso di separazione o decesso della compagna. Con questa pronuncia, la Corte ha ribadito l’invito già espresso da un’altra sentenza della Corte Costituzionale risalente al 2021, che invitava il Parlamento a legiferare con urgenza sulle famiglie omogenitoriali, che di fatto sono state lasciate in un limbo.

Quattro anni dopo, infatti, è ancora una volta un tribunale a esprimere un parere, senza alcuna traccia di legge in Parlamento. E per quanto questa sentenza sia una vittoria per le famiglie con due madri, si tratta comunque di un testo che non scioglie i nodi che riguardano quelle composte da due padri, specialmente ora che la gestazione per altri è stata dichiarata “reato universale”. Va ricordato infatti che fu proprio durante la discussione della legge che criminalizza la GPA che cominciò l’impugnazione degli atti di nascita delle famiglie con due madri, che però di solito hanno avuto figli tramite una tecnica completamente diversa, cioè la procreazione medicalmente assistita.

Allora il dibattito era tutto incentrato sulla “mercificazione del corpo femminile” e sulla “compravendita dei bambini”, anche se non si è mai fatto mistero del vero obiettivo della criminalizzazione estrema della GPA, ovvero attaccare le famiglie arcobaleno, approfittando anche della confusione dell’opinione pubblica su questi argomenti. Inutile specificare che in questa grande opera di distrazione di massa, a rimetterci sono state soprattutto le famiglie, e ancor più i bambini che la destra si vanta tanto di avere a cuore e voler proteggere.

Se fosse il supremo interesse del minore il vero criterio del parlamento, l’invito della Corte costituzionale a legiferare “con urgenza” sulle famiglie omogenitoriali sarebbe stato già accolto. Invece si è deciso di andare nella direzione opposta: da un lato si è deciso di perseguire chi ricorre alla GPA anche all’estero (guardandosi bene dal dire che a questa pratica accedono soprattutto coppie eterosessuali), dall’altro l’invito alle procure a fermare la trascrizione degli atti di nascita dei figli di due madri è arrivato direttamente dal ministero dell’Interno. E negli anni precedenti, nessun governo di centrosinistra ha voluto farsi carico di una legge di civiltà così attesa, considerandola “divisiva”. E di certo non lo farà ora il governo che nomina l’“ideologia gender” un giorno sì e l’altro pure.

La buona notizia è che ora le trascrizioni degli atti di nascita di figli con due madri non costituiscono più un problema dal punto di vista giuridico. Ma la cattiva notizia è che sia stata ancora una volta la Corte Costituzionale a occuparsi di questo tema, superando l’inerzia delle leggi e dei nostri rappresentanti che, per paura di perdere qualche voto, preferiscono lasciare tante famiglie italiane incastrate in un limbo burocratico che non sembra avere mai fine.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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