2.437 CONDIVISIONI

Reddito inclusione, Comuni in tilt: Inps blocca l’erogazione a migliaia di persone

È un corto circuito: i Comuni non hanno personale per far redigere i progetti individualizzati per uscire dalla povertà ai beneficiari del Reddito di Inclusione e, senza tali documenti, l’Inps, legge alla mano, blocca i contributi. Intanto, il Governo pensa di togliere la gestione delle attività agli enti locali affidandosi a privati.
2.437 CONDIVISIONI

Immagine

L’Inps ha iniziato a bloccare l’erogazione del Reddito d’Inserimento a migliaia di beneficiari. Non si conoscono i numeri esatti delle persone interessate perché le attività di blocco sono iniziate solo nei giorni scorsi: è probabile che molte delle persone destinatarie del provvedimento di sospensione dell’assegno mensile erogato dall’istituto previdenziale non l’abbiano ancora scoperto.  Agli uffici politiche sociali di numerosi Comuni e presso le sedi periferiche dell’Inps si sono, però, già registrate le prime proteste da parte di cittadini che contavano su quei soldi per sbarcare il lunario.

Il blocco è dovuto ad un corto circuito creato dalla legge stessa: per ottenere il beneficio del Rei, entro sei mesi dalla prima erogazione è necessario firmare un progetto individualizzato con l’obiettivo dell'uscita dallo stato di povertà, cosa che in tantissimi casi non è avvenuta. La responsabilità, in questo caso, andrebbe ascritta ai Comuni, che avrebbero dovuto mettere a disposizione degli assistenti sociali proprio per la redazione di tali progetti. Lo Stato centrale, secondo un meccanismo messo a punto dal governo Gentiloni, ha messo anche a disposizione anche ingenti somme per l’assunzione di nuovi assistenti sociali a tempo determinato, ma non aveva fatto i conti con due problemi.

Il primo è che i Comuni, che da un giorno all’altro si sono trovati a fare i conti con il peso gigantesco della gestione del Rei (basti pensare che le linee guida di attuazione redatte dall’Inps sono state trasmesse ai Comuni solo dopo che il provvedimento era diventato attuativo, con i cittadini che già pretendevano di ricevere il contributo) senza esserne minimamente preparati; l’altro è che l’Italia è un Paese notoriamente soffocato dalla burocrazia: per assumere personale e per effettuare gare d’appalto  la legge prevede tempi fissi e molto lunghi. Inoltre, per portare avanti questi tipi di procedure c’è bisogno di personale, che gli enti locali non hanno più a causa delle scellerate politiche degli ultimi anni, che non hanno consentito di sostituire chi andava, via via, in pensione.

Emblema di questa grave situazione è il Comune di Napoli, che con i soldi stanziati dal Governo avrebbe dovuto assumere 169 persone per far fronte a un numero di richieste di Rei che dovrebbe aggirarsi sulle quindicimila unità almeno: i concorsi sono bloccati da mesi a causa di ricorsi e di dispute interne tra la parte politica ed i burocrati dell’Ente. La situazione, ovviamente, è più grave nel Sud Italia, dove c’è più povertà e dunque il maggior numero di richieste di reddito di inserimento.

Se questo è ciò che avviene con il Rei, resta da capire cosa accadrà con l’introduzione nel Paese del Reddito di Cittadinanza, che dovrebbe ampliare la platea dei beneficiari. I Comuni oggi non sono in grado di far fronte alla complessità del Rei ed è improbabile che ci riescano con una misura ancora più ampia. Se si dovranno prima riformare i centri per l’impiego, è improbabile che si riesca a farlo in sei mesi, visto che il Governo vorrebbe erogare il reddito ai beneficiari già nella primavera del 2019. L’alternativa potrebbe essere quella di affidarsi a società private, che dovrebbero essere remunerate per gestire attività di questo tipo. Al Ministro dello Sviluppo Economico e del Welfare retto da Luigi Di Maio si sta ancora discutendo sulle varie ipotesi.

2.437 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views