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Opinioni

Quelle primarie come strumento di potere che non servono ai cittadini

I servizi realizzati in occasione delle primarie del Partito Democratico a Napoli (e prima ancora a Milano) hanno generato polemiche, ricorsi e isterismi. A mancare, ancora una volta, è stata una seria riflessioni sullo strumento primarie e su cosa intendiamo per partecipazione democratica.
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Che il sistema delle primarie abbia delle falle, sia dal punto di vista della "sicurezza" che da quello della "partecipazione consapevole e informata”, è cosa difficilmente contestabile. Lo abbiamo mostrato, nel nostro piccolo, tanto a Milano quanto a Napoli. E, per inciso, le reazioni isteriche ai nostri servizi (qui, qui, qui e qui), sono state un pessimo esempio di rapporto fra media e politica. Come vi stiamo raccontando, una parte del PD ha, legittimamente, scelto di minimizzare gli episodi di Napoli e di Milano e di andare avanti con i risultati delle consultazioni interne, mentre altre componenti hanno inteso utilizzare il caos primarie come ulteriore elemento di critica al gruppo dirigente renziano. In mezzo, il segretario del PD che non si è nascosto dietro il politichese e ha ammesso che determinati comportamenti non sono esattamente ciò che ci si aspetta da un gruppo dirigente maturo.

La questione primarie, però, resta ancora tutta sul tappeto. Anche perché quando Renzi sostiene di "non voler rinunciare alle primarie" perché "l'alternativa sono i capibastone delle correnti", non dice tutta la verità. O meglio, dà per scontato che il sistema sia corretto e che i problemi nascano solo da problematiche locali. Il punto è che il voto d'opinione e la partecipazione consapevole e informata hanno da tempo lasciato il posto al solo voto organizzato e le primarie sono ormai più uno strumento che usano i cacicchi locali per "contarsi" che un vero processo di democrazia partecipata. Che fosse o meno prevedibile la trasformazione delle primarie in strumento di potere, conta poco: ora occorre cambiare, per non morire.

La domanda sul cosa fare delle primarie è cruciale, e non riguarda solo il Partito Democratico. Le proposte, però, sono più o meno sempre le stesse e ruotano essenzialmente intorno a tre modelli: primarie blindate, primarie consultive e primarie elitarie.

I democratici immaginano di poter aumentare i controlli ai seggi, ridurre al minimo i tentativi di inquinamento del voto, aumentare la trasparenza nelle operazioni di spoglio, garantendo insomma che tutto si svolga nella massima correttezza. È una linea interessante, ma che ha dei limiti evidenti. In primo luogo non si considera che quanto accaduto a Napoli o a Roma, con truppe cammellate, votanti "inconsapevoli" e tentativi di gonfiare il numero di partecipanti, è responsabilità evidente di una parte della classe dirigente del partito (il problema, cioè, non è lo strumento, ma chi lo utilizza), in secondo luogo non si considerano i problemi nel trasformare le primarie in una sorta di "elezione istituzionale", con divieti e controlli ferrei (il rischio è che alcune zone siano supercontrollate e altre completamente allo sbando), anche in relazione all'assenza di "deterrenti" per eventuali brogli e all'elevato costo che comporterebbe una stretta sui controlli (schede, strutture eccetera). Non è un caso che tutti i riferimenti alle elezioni nazionali fatti da Bassolino nel suo ricorso siano stati cassati dai garanti napoletani.

Oltre alle singole criticità permane sempre una gigantesca zona d'ombra sugli organismi di garanzia del partito, su alcuni, almeno. Ne parla addirittura Renzi:

Io ricordo che quando ho perso le primarie del 2012 molti dei miei amici volevano fare ricorso perché in intere regioni c'era la poco simpatica abitudine di bruciare schede e verbali senza la possibilità di ricontare.

Ci sarebbe il modello primarie Usa, ma la strada verso una regolamentazione di quel tipo (definizione per legge dello strumento, risultati vincolanti, regime sanzionatorio eccetera) appare molto tortuosa.

Le primarie consultive, una soluzione. Forse. Lo ha fatto il centrodestra a Roma per Bertolaso, con esiti molto discutibili, ma lo ha già fatto il PDS in passato, quando i dirigenti locali furono chiamati a scegliere tra D'Alema e Veltroni (scelsero quest'ultimo…e il partito nominò l'altro come segretario). Si tratterebbe cioè di mettere a sistema il coinvolgimento degli elettori nelle scelte di natura politica, non necessariamente limitandosi alle primarie per le candidature, e ipotizzando che poi la decisione spetti sempre al gruppo dirigente. Meccanismo rischioso, è chiaro, ma che toglierebbe "pressione" agli elettori e agli organismi territoriali, consentendo invece l'ampliamento della partecipazione e l'allargamento dei temi oggetto delle consultazioni.

Le primarie elitarie, probabilmente un segno di resa. È una scelta: riservare l'accesso al voto solo ai "certificati", agli iscritti o addirittura ai militanti. Si potrebbe fare online, come fa il Movimento 5 Stelle (possibilmente con una seria certificazione delle operazioni di voto, che non si limiti all'atto di fede nei confronti della Casaleggio associati), magari con un preavviso minimo che impedisca la "costruzione del consenso" e la partecipazione delle truppe cammellate. O si potrebbe mantenere lo stesso modello organizzativo dei vecchi congressi di partito, limitando l'accesso al voto ai soli iscritti ai circoli (quanto questo modello sia "a prova di inquinamento", è tutto da dimostrare).

Sarebbe una sorta di resa, a dir la verità.

Quando si ipotizzò che le primarie del PD fossero aperte ai soli iscritti al partito, o che fosse necessaria una qualche forma di "prenotazione del voto", furono proprio i renziani a insorgere. La contrarietà al restringimento della platea era motivata dalla volontà di chiamare a votare "non solo gli iscritti al partito" o addirittura esclusivamente i militanti, e dalla necessità che fosse un'ampia partecipazione a legittimare la scelta del segretario del partito. Una apertura che, nel caso specifico, i renziani immaginavano doversi estendere anche al successivo turno di ballottaggio (le cose andarono diversamente, invece), ma che in realtà appariva allora estremamente compatibile con l'idea stessa alla base delle primarie: la partecipazione dei cittadini al processo democratico, a più livelli.

È evidente, però, che le cose siano andate diversamente. L'apparato ha fagocitato le primarie, trasformandole in uno strumento di e per il potere.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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