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Perché una nuova impennata di contagi potrebbe essere ancora in agguato

I contagi da coronavirus stanno diminuendo, ma i numeri rimangono altissimi: “Nonostante il contagioso entusiasmo per l’avvio della Fase 2 serve la massima prudenza: i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo ed il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato”, denuncia la fondazione Gimbe.
A cura di Annalisa Girardi
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Un sostanziale calo dei contagi e una diffusione del virus sotto controllo sono due elementi fondamentali per l'avvio della Fase 2. Tuttavia, sebbene i nuovi positivi da Covid-19 siano sempre meno, i numeri dell'epidemia restano comunque alti e le misure di distanziamento sociale imposte dal governo non stanno avendo l'impatto sperato. È l'allarme lanciato dalla fondazione Gimbe, think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario e che in queste settimane sta analizzando l'evolversi dell'emergenza in Italia.

Nell'ultima settimana, sottolinea Gimbe, si sono registrati 25.733 casi di coronavirus in più e i decessi sono stati 3.976. I provvedimenti restrittivi sono sì riusciti a ridurre il carico degli ospedali e specialmente delle terapie intensive, che nelle scorse settimane hanno rischiato il collasso, "ma sul contenimento del contagio i risultati non sono affatto rassicuranti e invitano alla massima cautela". Il dottor Nino Cartabellotta, presidente della fondazione, ha spiegato come l'efficacia delle disposizioni contenitive dipenda sostanzialmente da tre fattori: la tempestività, l'intensità e l'aderenza della popolazione. "Di conseguenza, per valutare gli effetti dei decreti ‘Io Resto A Casa' e ‘Cura Italia', bisogna anzitutto essere consapevoli che siamo partiti in ritardo, che il lockdown non è stato affatto totale e che l’aderenza della popolazione è stata buona, ma non eccellente, a giudicare dal numero delle sanzioni elevate nel corso dei controlli".

Anche l'Unione europea lo ha ribadito: per avviare la Fase 2 è fondamentale ridurre il numero dei nuovi contagi e stabilizzare la situazione all'interno delle strutture sanitarie. Per questa ragione, che richiede un'analisi sulla tendenza del lungo periodo, la programmazione scientifica della riapertura non può inseguire i numeri del giorno, sottolinea Cartabellotta, e deve invece piuttosto basarsi sulle variazioni settimanali.

E se guardiamo ai numeri dell'ultima settimana non ci sono troppe buone notizie. È vero, si è ridotto il numeri dei pazienti ricoverati negli ospedali (-3%) e specialmente nelle terapie intensive (-16,6%): ma i casi totali sono aumentanti di 25.7333 contagi (+18%). Di questi 3.976 sono deceduti (+22,5%).

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Considerando che la riduzione dei nuovi casi sembra inferiore alle aspettative, la fondazione Gimbe "ha effettuato una revisione di evidenze scientifiche e narrative per identificare le possibili motivazioni, con il duplice obiettivo di informare le Istituzioni sui parametri per avviare la “fase 2” e di sensibilizzare decisori della sanità, datori di lavoro e popolazione sulle proprie responsabilità", ha aggiunto Cartabellotta. Nello specifico, si sono identificate due categorie di motivazioni: in primo luogo un'esplorazione non adeguata dei casi in alcuni sottogruppi di popolazione. In secondo luogo, la ridotta efficacia delle misure di distanziamento sociale.

A volte queste non hanno funzionato per ragioni imprevedibili, come la diffusione dell'infezione da parte di soggetti asintomatici, ma altre volte sono riconducibili a carenze sanitarie che non hanno saputo tracciare in modo efficace i contatti avuto dal contagiato, o a disposizioni inadeguate sui luoghi di lavoro, piuttosto che nei mezzi di trasporto. "Nonostante il contagioso entusiasmo per l’avvio della Fase 2 serve la massima prudenza: se oggi, infatti, ospedali e terapie intensive iniziano a “respirare”, i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo ed il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato", conclude Cartabellotta.

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