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Carola Rackete, nuova archiviazione per comandante Sea Watch: “Aveva il dovere di salvare migranti”

Nuova archiviazione per Carola Rackete, la capitana della nave Sea Watch. Secondo l’ong il provvedimento “abbatte il pretestuoso muro legislativo eretto da Salvini”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Archiviato il procedimento a carico di Carola Rackete, accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di aver violato l'articolo 1099 del codice di navigazione, perché non obbedì all'ordine di non entrare nelle acque territoriali italiane, emesso ai sensi del Decreto Sicurezza Bis. La gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha archiviato l'inchiesta a carico della comandante della Sea Watch, con queste motivazioni: "Carola Rackete ha agito nell'adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare". Per la giudice quindi Rackete non ha commesso alcun reato entrando in porto a Lampedusa con i naufraghi soccorsi in mare da Sea-Watch 3.

La capitana lo scorso aprile era stata già definitivamente prosciolta dall'accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra, che scaturiva dal presunto speronamento della motovedetta della Guardia di finanza il 29 giugno del 2019, quando fu arrestata.

Il nuovo procedimento, archiviato su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore Vella e del pm Cecilia Baravelli, riguardava un episodio di tre giorni prima quando la trentatreenne tedesca, difesa dagli avvocati Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, decise di entrare senza autorizzazione con la nave, che stazionava davanti Lampedusa ma in acque internazionali, nelle acque territoriali italiane. All'accusa di rifiuto di obbedienza a nave da guerra si era aggiunta quella di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per avere fatto entrare sul territorio italiano 53 immigrati.

"All'esito delle indagini non sono emersi elementi suscettibili di sorreggere l'ipotesi accusatoria nei confronti" di Carola Rackete, ha scritto nel provvedimento di archiviazione la gip del Tribunale di Agrigento, decretando inoltre che il porto di Tripoli, in Libia, "non si può considerate un pos" cioè un porto sicuro per lo sbarco. "Non potendosi considerare ‘place of safety' il porto di Tripoli – scrive la gip Micaela Raimondo –come anche sottolineato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati che ha di recente evidenziato, in un rapporto, come alcune migliaia di richiedenti asilo, rifugiati, migranti presenti in Libia versino in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture e a trattamenti disumani e degradanti in violazione dei diritti umani".

Quanto all'aver condotto i 53 migranti in Italia – tra cui c'erano donne in stato di gravidanza e neonati – nonostante il divieto, il gip aggiunge: "La condotta risulta scriminata dalla causa di giustificazione".

La reazione dell'ong Sea Watch

"Quest'ennesima archiviazione abbatte il pretestuoso muro legislativo eretto da Salvini e, nelle sue motivazioni, conferma quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione: soccorrere chi si trova in pericolo in mare e condurlo in un luogo sicuro è un dovere sancito dal diritto internazionale", ha sapere Sea Watch, commentando l'archiviazione dell'indagine a carico di Carola Rackete.

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