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Manovra, la Corte costituzionale boccia il ricorso presentato dal Pd: “Inammissibile”

La Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal Pd per conflitto di attribuzione tra poteri in seguito all’approvazione, avvenuta praticamente senza esame del testo nel merito, della legge di Bilancio. Ma la Consulta ammonisce: “Per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità”.
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A cura di Stefano Rizzuti
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La Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri sollevato dal Pd sull’iter della legge di Bilancio con l’approvazione, avvenuta al Senato e alla Camera, con una discussione molto ridotta e senza un vero esame del testo nel merito. Oggi la Consulta si è riunita in Camera di consiglio per valutare il ricorso presentato dal Pd subito prima dell’approvazione della manovra: 37 senatori dem avevano promosso il ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato a causa delle modalità con cui era stata approvata la manovra a Palazzo Madama. In particolare, il ricorso denunciava la compressione dei tempi di discussione di quella che è la “più importante legge dell’anno”, come ricordavano gli stessi esponenti dem.

La Consulta ha sottolineato che i singoli parlamentari sono “legittimati a sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro”. Ma nonostante questo il ricorso è stato dichiarato inammissibile, pur sottolineando che in caso di simili modalità in futuro il giudizio potrebbe essere diverso: “Resta fermo che per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità”.

La Corte costituzionale spiega che la contrazione dei lavoriper l'approvazione del bilancio 2019 è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Tutti questi fattori hanno concorso a un'anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei”, con riferimento al rischio di esercizio provvisorio nel caso in cui la manovra non fosse stata approvata entro il 31 dicembre 2018. La Corte, comunque, non riscontra nelle violazioni riscontrate “quel livello di manifesta gravità che, solo, potrebbe giustificare il suo intervento”.

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