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M5s, la proposta di Castaldo: “Governance collegiale, 15 membri eletti con stesso sistema comunali”

Il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo, lancia in un’intervista a Fanpage.it la sua proposta per una riforma del Movimento 5 Stelle, da attuare a partire dagli Stati generali: la sua idea è quella di una governance collegiale, con 13-15 membri – provenienti da istituzioni locali, nazionali ed europee – eletti come avviene nel caso delle elezioni comunali, con rappresentanti di maggioranza e di minoranza.
A cura di Stefano Rizzuti
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Gli Stati generali del Movimento 5 Stelle si avvicinano. Un momento per riorganizzare il M5s e pensare a cosa vorrà fare da grande. Uno dei temi da affrontare è quello della leadership: il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo, lancia la sua proposta in un’intervista a Fanpage.it, ritenendo che sarebbe “un gravissimo errore” ridurre tutto a uno “scontro tra tifoserie”. La sua idea è quella di una governance collegiale, con una sorta di direttorio composto da almeno 13-15 membri, provenienti dal territorio e dalle istituzioni (locali, regionali nazionali ed europee). Questo collegio potrebbe essere eletto come avviene ora per le elezioni comunali, con una maggioranza e un’opposizione, permettendo di prendere le decisioni ascoltando anche la minoranza. Questa proposta dovrebbe essere presentata da Castaldo ufficialmente nei prossimi giorni, anche attraverso un documento.

Arrivano gli Stati generali per il M5s: cosa succederà e cosa bisogna cambiare?

È un appuntamento cruciale, che arriva a distanza di 10 anni dall’inizio del nostro percorso che ci ha visto maturare e crescere sia come forza di opposizione che come forza di governo. Credo che debba essere un dibattito profondo, sia su valori e principi, ma anche sull’agenda e ancor di più sul vero tallone d’Achille del M5s, il problema dell’organizzazione e delle articolazioni territoriali. Mi rendo conto sempre di più che i nostri consiglieri comunali sono stati quasi abbandonati a loro stessi, senza strumenti di supporto adeguati, anche dal punto di vista logistico e finanziario. È mancata un’assistenza che fosse capace di dare un contributo tecnico sulle materie di competenze di un comune, penso ai rifiuti, ai bilanci, al trasporto pubblico locale, tematiche importantissime che non hanno visto dal Movimento un affiancamento. La cosa che mi rattrista è che fino a ora nelle proposte lanciate dai colleghi a questo punto non si accenna, se non di passaggio e senza proposte concrete, e credo non sia stata colta la sfida principale.

Come mai nessuno affronta il tema?

Per trattarlo e comprenderlo bisogna aver lavorato molto fianco a fianco con i consiglieri comunali, magari ci sarà qualcuno che avrà avuto meno sensibilità. Forse il tema appassiona di meno, forse è più accattivante parlare di leadership. Ma bisogna sostenere chi ogni giorno combatte sul terreno per portare le nostre battaglie storiche in un consiglio comunale, altrimenti si ottiene molto poco. Nulla cambia la vita delle persone più della politica delle nostre comunità. Il mio è un richiamo a un elemento fondante delle origini, ma re-interpretato in chiave moderna, come per esempio nel caso del doppio mandato: secondo me dovrebbe essere considerato premiale aver fatto il consigliere comunale per poi presentarsi a ricoprire mandati superiori, regionali, nazionali o europei.

Bisognerà trovare anche una soluzione per la leadership: c’è il rischio che diventi solamente uno scontro tra persone?

Non è che la leadership sia di poca importanza, anzi io immagino una forte governance collegiale, con consiglieri regionali e comunali, ma anche nazionali ed europei. Tuttavia non mi appassiona il tema del leader, ma quello della progettualità. Sarebbe un gravissimo errore permettere uno scontro tra tifoserie, andremmo fuori dai binari. Deve essere un confronto di idee, non uno scontro tra persone. Quello che conta è la bontà delle idee, non la persona che la propone. Oggi vedo il rischio che si possa cadere in questa trappola e già la leadership monocratica potrebbe essere un errore. È fondamentale andare a configurare un percorso che sia capace da un lato di garantire una chiara incisività e coerenza nell’azione, dall’altro garantire un processo decisionale inclusivo ed efficace, ma anche rappresentativo. Io immagino una governance ampia, di almeno 13-15 membri, magari da votare come se fossero delle elezioni comunali, in cui la lista che vince avrà una larga maggioranza, ma le altre liste avranno comunque la rappresentanza di minoranza. Un sistema per evitare sia una paralisi sia di pensare che chi vince si prende tutto. Ne ho parlato con tanti colleghi, di vari livelli, devo dire che questa riflessione è stata accolta in modo molto caloroso e interpretata come una bella innovazione. Mi aspetto che trovi un bel consenso e vorrei presentarla ufficialmente e questa intervista fa quasi da viatico, da apripista, rispetto al documento che presenterò.

Anche Di Battista ha presentato la sua agenda: cosa pensa delle sue proposte a partire dal no alle alleanze e alla deroga alla regola del doppio mandato?

Conosco Alessandro da molti anni, gli voglio molto bene, lo stimo. Tanti punti sono punti storici del M5s e non mi ha sorpreso leggerli. Altri sono pienamente condivisibili, ma difettano della determinatezza, cioè come possano essere realizzati e con quali mezzi. Manca una spiegazione chiara sulle coperture e sul percorso “tecnico” per realizzarli. Altri sono spiegati talmente tanto in sintesi che dovrebbero essere esplicitati molto meglio per poterli adeguatamente valutare. C’è un campionario molto vasto e variegato di tematiche, andrebbero approfondite in opportuni tavoli di lavoro. Sulla proposta dei mandati io non toccherei il limite dei due mandati per Camera, Senato, Regioni e Parlamento europeo, ma sono d’accordo a toglierlo per il livello locale, per cui non ha proprio senso. È iniquo contare un mandato comunale come uno nazionale o uno europeo. Sulle alleanze, io dico che è tanto sbagliato dire no a prescindere quanto dire sì a prescindere. Si deve vedere nel merito. Alle politiche poi con un proporzionale fare alleanze pre-elettorali è poco sensato, bisognerà vedere anche la legge.

Nel 2021 si vota in molti importanti Comuni, tra cui Torino e Roma, città ora amministrate da Appendino e Raggi: si può pensare ad alleanze più ampie anche sacrificando i candidati del M5s?

Mi sembra prematuro e mi sembra che in ogni caso sarebbe importante garantire una continuità amministrativa, dove possibile. A Torino non sarà purtroppo possibile ed esprimo la mia ammirazione per Chiara Appendino che ha dimostrato la sua straordinaria coerenza: è davvero un esempio per tutti noi, ha tutta la mia stima. È necessario cambiare approccio negoziale, puntando sulla discontinuità positiva, al rialzo: sfidare gli alleati di governo ponendo come condizioni irrinunciabili la redazione di punti programmatici ambiziosi con tempistiche e coperture certe, fissate nero su bianco, la presentazione delle giunte, della squadra di governo quindi prima delle elezioni, componendole con esponenti di spessore della società civile, e ancora liste per tutta la coalizione scevre da candidati rinviati a giudizio o condannati, specie per reati contro la pubblica amministrazione, e dai classici portatori di voti clientelari. Starà al Pd e agli altri alleati di governo dimostrare la volontà di seguire un nuovo percorso con noi, trasparente e partecipato, o rifugiarsi nelle solite logiche di partito. E credo che queste prossime elezioni comunali, molto importanti, possano essere un ottimo banco di prova proprio per questo metodo di confronto che avrei voluto vedere già applicato durante le ultime elezioni regionali. Potrebbe essere un ottimo inizio, c’è l’amministrazione di città molto importanti in palio: potrebbe essere un grande laboratorio per il futuro. Sicuramente, mi sento di dire, escluderei ogni forma di interlocuzione e alleanza con il centrodestra, anzi con la destra-destra, sempre più sbilanciata verso Lega e Fdi. La Lega ha già dimostrato di essere un partner inaffidabile e con principi diversi dai nostri.

In queste ore si tiene il Consiglio europeo: a che punto è la trattativa sul Recovery Fund? Siamo in un momento di stallo?

Bisogna fare presto, è dirimente la tempistica. Non possiamo permetterci di avere gli strumenti per agire quando l’economia sarà ormai affossata. Anche l’incremento dei contagi in questi giorni a livello europeo rende palesemente evidente quanto sia fondamentale intervenire in modo incisivo, senza perdere tempo inutilmente. Il Parlamento fa bene però a rivendicare il suo ruolo di co-autorità di bilancio di fronte a una proposta, come quella dei leader europei, che ha intaccato eccessivamente alcuni programmi fondamentali per il futuro dell’Europa come Horizon Europe ed Erasmus+, sono tanti i fondi di grande importanza tagliati a causa dei paesi cosiddetti frugali, che si professano campioni dello spirito europeo salvo poi privare l’Ue dei mezzi per sostenere le sue politiche più importanti. Resta poi appesa la cruciale questione dello Stato di diritto. Credo che il Parlamento faccia bene a tenere il punto, chiedendo un meccanismo efficace e non di facciata: è necessario che i leader del Consiglio europeo comprendano che non siamo qui semplicemente per ratificare le loro scelte. Spero già nelle prossime due settimane possa esserci un accordo in grado di soddisfare tutti. La situazione è drammatica e non dobbiamo perdere neanche un istante.

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