94 CONDIVISIONI

Ilva, secondo i pm lo scudo penale sarebbe una scusa: “Recesso dovuto alla crisi aziendale”

L’assenza dello scudo penale come motivazione di ArcelorMittal per lasciare l’acciaieria di Taranto potrebbe essere un pretesto. È il sospetto che arriva dai pm di Milano che sostengono che dietro l’uscita dei Mittal potrebbe esserci una crisi dell’azienda. Diversi gli elementi a supporto dell’ipotesi della procura milanese tra cui spuntano anche le dichiarazioni di alcuni dirigenti di Arcelor Mittal.
A cura di Francesco Di Blasi
94 CONDIVISIONI
Immagine

L'assenza dello scudo penale come motivazione di ArcelorMittal per lasciare l'acciaieria di Taranto potrebbe essere un pretesto. Era un'ipotesi immediatamente circolata negli ambienti del governo, ma ora il sospetto viene confermato anche dai pm di Milano che oggi hanno depositato un proprio atto di intervento nella causa civile che vede contrapposti il gruppo franco indiano e i commissari del polo siderurgico con base a Taranto. Dietro l'uscita dei Mittal potrebbe esserci una semplice crisi dell'azienda e la volontà di tagliare costi di gestione e di personale.

Diversi gli elementi a supporto dell'ipotesi della procura milanese tra cui spuntano anche le dichiarazioni di alcuni dirigenti di Arcelor Mittal. Una fonte avrebbe dichiarato di essere venuta a conoscenza di una dichiarazione ufficiale di Lucia Morselli, amministratore delegato di Arcelor Mittal, che in un incontro con i dirigenti  avrebbe detto che "gli ordini erano stati fermati cessando di vendere ai clienti". La dichiarazione risalirebbe ai primi di novembre.

In un passaggio della testimonianza di un un altro dirigente si legge: "Nonostante la sospensione del piano di fermata, l'azienda non ha tutto quello che serve per proseguire l'attività in quanto l'approvvigionamento delle materie prime è stato cancellato. Il piano prevedeva di lasciare una scorta minima di materie prime solo per un altoforno per un mese". Non solo, Giuseppe Frustaci, dirigente di ArcelorMittal Italia, sentito dai Pm due giorni fa ha riferito che "i manager esteri sostenevano che per l'attuale ‘marcia' degli impianti – vale a dire la produzione di 6 mln di tonnellate di acciaio -, la qualità delle materie prime fosse troppo alta e che occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbattere i costi".

Una delle dichiarazioni più significative a sostegno delle ipotesi dei pm milanesi è quella che arriva da Steve Wampach, direttore Finance di Arcelor Mittal, che due giorni fa davanti agli inquirenti ha detto: "Stiamo pagando, ma con ritardo. Ad oggi abbiamo circa 130 milioni bloccati, ma, tra gli altri, ci sono anche problemi nella regolarità della documentazione dei fornitori". Il manager ha anche aggiunto che "la previsione" di perdita per il 2019 si aggirerebbe attorno ai 700 milioni.

Secondo i pm una pronuncia giudiziale si rende sempre più urgente visto che la crisi dell'azienda potrebbe impedire o rallentare il risarcimento dei danni. "Lo stato di crisi di Arcelor Mitta Italia, essendovi pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di eventuali danni, rende ancor più necessaria e urgente una pronuncia giudiziale che imponga alle affittuarie dell’ex Ilva di astenersi dalla fermata degli impianti e di adempiere fedelmente e in buona fede alle obbligazioni assunte". Si tratta di una richiesta analoga a quella fatta dai commissari di Taranto.

94 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views