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Opinioni

Il taglio della spesa pubblica? A farne le spese è il Sud (come sempre)

Stando alle elaborazioni Svimez, la “spending review all’italiana” colpirà soprattutto il Mezzogiorno del Paese, ampliando un divario che sembra praticamente incolmabile.
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Nel giorno in cui il Consiglio dei ministri si appresta ad approvare il Documento di Economia e Finanza, si torna a discutere sul modello di spending review adottato negli ultimi anni. Con un rapporto pubblicato in queste ore è l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno a mostrare alcuni effetti distorsivi delle scelte del Governo in tema di revisione della spesa.

Il calcolo è effettuato su dati della Commissione europea, del Ministero dello Sviluppo economico e presentati in vari documenti governativi e riguarda appunto il biennio 2013 – 2015, con considerazioni significative:

Nel 2013 infatti le minori spese nette hanno raggiunto il 2,7% del Pil a livello nazionale: ma se nel Centro-Nord il taglio è stato pari al 2,2%, al Sud la riduzione ha pesato più del doppio: -4,5%. Stessa performance nel 2014: al Centro-Nord -2,8%, al Sud -5,5%. Il taglio della spesa continua a crescere nel 2015: -3,7% a livello nazionale, quale risultato del -2,9% del Centro-Nord e del 6,2% al Sud.

Sotto osservazione, in particolare, il comparto degli investimenti pubblici, ridotti al Sud da due a tre volte in più rispetto al Centro – Nord. Si tratta del resto di un trend già noto, considerando che negli ultimi dodici anni la spesa in conto capitale per le aree del Mezzogiorno in difficoltà è passata da 16,5 a 6,9 miliardi di euro: una diminuzione consistente (il 58%) soprattutto se paragonata a quella del Centro – Nord, meno del 10% (va ovviamente ricordato che al momento la spesa per le aree sottoutilizzate per singolo cittadino è comunque di 334 euro al Sud e di 85 euro nel resto del Paese).

Allargando lo sguardo è poi possibile analizzare come hanno pesato le manovre dei Governi negli ultimi anni, improntate secondo la logica dell’austerity e del contenimento dei costi per lo Stato. Stando alle stime SVIMEZ anche in questo caso emergerebbe come a pagare il conto più salato della crisi sia sempre il Mezzogiorno:

Il peso cumulato delle manovre sul Pil per il 2013 sarebbe del 6% a livello nazionale, ma assai differente a livello territoriale: 5,5% nelle regioni centro settentrionali e 7,8% in quelle meridionali. Stesse dinamiche negli anni successivi: per il 2014 l’impatto sul Pil è stimato al 6,5% quale risultato del 5,9% al Centro-Nord e dell’8,7% al Sud. L’impatto delle manovre sul Pil cresce ancora nel 2015, arrivando al 6,8% a livello nazionale. Ma se al Centro-Nord il peso sul Pil si ferma al 6%, al Sud sale fino al 9,5%

E la tabella riassuntiva aiuta a chiarire il concetto:

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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