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Gimbe: “Numero di tamponi effettuati ancora inadeguato. Governo scarica responsabilità su cittadini”

Con l’aumento dei nuovi casi di coronavirus i servizi sanitari territoriali cercano di aumentare il numero di tamponi eseguiti, ma questi non sono ancora abbastanza per far fronte alla nuova situazione epidemiologica. “L’entità delle restrizioni stride con il mancato potenziamento dei servizi territoriali deputati al tracciamento, nonostante le risorse già assegnate dal Decreto Rilancio”, denuncia la fondazione Gimbe. Che conclude: “Ancora una volta, i ritardi burocratici e i conflitti tra Governo e Regioni scaricano sui cittadini la responsabilità del controllo epidemico attraverso restrizioni delle libertà personali”.
A cura di Annalisa Girardi
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A causa della risalita dei contagi di coronavirus nel nostro Paese, il governo ha deciso di approvare una serie di nuove misure restrittive per fermare la diffusione dell'infezione. Nella fase di lenta risalita dei contagi, tuttavia, i servizi sanitari territoriali pur disponendo di nuove risorse assegnate con il decreto Rilancio non hanno potenziato le loro capacità di testing & tracing. E ora, con l'aumento dei nuovi casi, si sta registrando un sovraccarico che si riflette sull'aumento dei ricoveri. Questa la denuncia della fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario e che dall'inizio dell'emergenza ha monitorato l'evoluzione della situazione epidemiologica. Secondo i ricercatori il numero di tamponi rimane ancora largamente insufficiente.

Nell'ultima settimana presa in esame i nuovi casi di Covid-19 registrati sono praticamente impennati: 29.621 contro i 15.459 del periodo analizzato precedentemente. Questi numeri preoccupanti hanno spinto il governo a introdurre nuovi provvedimenti restrittivi per arginare la nuova ondata. Il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, punta il dito contro "l'insufficiente capacità di tracciamento dei nuovi casi", descrivendola come "una delle determinanti del progressivo incremento dei casi iniziato a fine luglio, che dopo un mese ha innescato l'aumento dei ricoveri, e dopo circa 2 mesi quello dei decessi".

Non si effettuano abbastanza tamponi

I ricercatori riferiscono quindi una serie di numeri: per prima cosa si evidenzia come dall'inizio della pandemia allo scorso 11 ottobre sono stati effettuati 12.564.713 tamponi, ma solo a partire dal 19 aprile è possibile scorporare dal totale il numero di casi testati, cioè i soggetti sottoposti al test per confermare o meno l'infezione, a esclusione dei test ripetuti sulla stessa persona per confermare o meno l'avvenuta guarigione virologica. Fino alle aperture del 3 giugno, inoltre, il numero medio di casi testati si è mantenuto attorno ai 35 mila al giorno, per poi scendere ai 25 mila giornalieri. Solo dopo la metà di agosto, quindi quando era già cominciato il processo di risalita dei nuovi casi, è stato aumentato il numero di tamponi effettuati arrivando ai 67 mila al giorno registrati nella settimana tra il 5 e l'11 ottobre.

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Questo incremento, ad ogni modo, non è stato uguale in tutte le Regioni. Nel periodo tra il 12 agosto e l'11 ottobre, infatti, rispetto a una media nazionale di 5.630 casi testati ogni 100 mila abitanti il range è molto variabile, dai 3.232 della Sicilia agli 8.002 del Lazio.

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Aumenta il rapporto tra positivi e casi testati

Le attività di testing, denuncia Gimbe, non sono state potenziate proporzionalmente all'aumentata circolazione del virus. Questo ha fatto aumentare il rapporto tra positivi e casi testati a livello nazionale: da metà luglio a metà agosto questo indice è salito dallo 0,8% all'1,9% e nell'ultimo periodo preso in esame è volato al 6,2%. Anche in questo caso, tuttavia, si sono evidenziate importanti differenze tra le Regioni: si va dall'1,7% della Calabria al 14% della Valle d'Aosta.

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Rispetto ai laboratori accreditati che vengono indicati nella circolare del ministero della Salute dello scorso 3 aprile, le Regioni hanno quasi raddoppiato il numero di luoghi dove poter processare i tamponi effettuati (da 152 a 270) appoggiandosi anche a strutture private. Tuttavia, sottolinea la fondazione, non sono note né la quantità di tamponi che i singoli laboratori possono processare quotidianamente, né le informazioni riguardanti il personale impegnato nel territorio proprio per il prelievo dei campioni da analizzare. "Peraltro, le criticità organizzative osservate in questi giorni (inaccettabili code e assembramenti per eseguire il tampone o numeri telefonici dedicati a cui non risponde nessuno) oltre ai disagi possono generare ritardi diagnostici nei pazienti positivi con peggioramento degli esiti clinici", continuano i ricercatori.

Numero di laboratori accreditati per l’esecuzione dei tamponi molecolari
Numero di laboratori accreditati per l’esecuzione dei tamponi molecolari

Cartabellotta sottolinea che già da fine agosto la fondazione Gimbe sollecitava le Regioni a potenziare le attività di testing & tracing "perché nella fase di lenta risalita della curva epidemica la battaglia con il virus si vince sul territorio". Ma i tamponi sono stati potenziati solo modestamente "e con l'impennata dei casi si sono rivelati un ‘collo di bottiglia' troppo stretto che ha favorito la crescita dei nuovi contagi che negli ultimi 10 giorni da lineare è diventata esponenziale".

Va potenziato il testing & tracing

La fondazione riporta anche le misure messe in campo dal governo per potenziare proprio le capacità di testing. In primis il singolo tampone (non più doppio) per confermare la guarigione virologica: questo permetterà di recuperare un certo numero di tamponi, stimato attorno ai 20mila al giorno dal momento quelli di controllo rappresentano mediamente il 40% del totale effettuato. Inoltre, si potenzieranno i tamponi rapidi. Alcune Regioni si erano già attrezzate autonomamente, ma il Commissario straordinario Domenico Arcuri ne ha anche previsto l'acquisto di 5 milioni. Gimbe evidenzia però che non si conoscono i tempi di approvvigionamento e i criteri di ridistribuzione nelle Regioni. Inoltre ci sarebbero alcune difficoltà nell'utilizzo immediato di questo tipo di test, dal momento che gli ambulatori medici di famiglia spesso si dimostrano strutturalmente inadeguati a garantire percorsi dedicati per i casi sospetti di Covid, che nelle scuole la figura di medico di plesso non risulta ancora sistematicamente implementata e che in generale manca il training necessario ad elaborare questo tipo di test. La probabilità di risultati falsamente negativi al tampone rapido, sottolineano i ricercatori, aumenta in mani non esperte.

"Se le azioni messe in campo aumentano in termini assoluti la capacità di testing & tracing, l’aumentata disponibilità di tamponi molecolari e rapidi è ancora inadeguata sia per la crescita esponenziale dei nuovi casi, sia perché sarà in parte assorbita dalla diagnosi differenziale tra infezione da SARS-COV2 e influenza stagionale", puntualizza il presidente. Che aggiunge poi come questi numeri siano comunque ben lontani dal Piano Crisanti elaborato l'estate scorsa che prevedeva 300 mila tamponi al giorno. "Considerato che i numeri riflettono comportamenti sociali e azioni di contenimento relativi a 2-3 settimane precedenti gli effetti delle misure restrittive del nuovo DPCM non
potranno essere immediate. In ogni caso, l’entità delle restrizioni stride con il mancato potenziamento dei servizi territoriali deputati al tracciamento, nonostante le risorse già assegnate dal Decreto Rilancio
". Cartabellotta quindi conclude: "Ancora una volta, i ritardi burocratici e i conflitti tra Governo e Regioni scaricano sui cittadini la responsabilità del controllo epidemico attraverso restrizioni delle libertà personali".

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