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Fine vita, tra poche ore la Consulta decide sul reato di aiuto al suicidio. Cappato: “Rifarei tutto”

Slitta a domani, 25 settembre, la decisione dei giudici della Consulta sulla punibilità dell’aiuto al suicidio. I giudici sono chiamati a pronunciarsi sulla questione di legittimità dell’articolo 580 del Codice penale, che punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio, sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo a Marco Cappato per la morte di Dj Fabo.
A cura di Annalisa Cangemi
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Tra poche ore è attesa decisione dei giudici della Consulta sulla punibilità dell'aiuto al suicidio. I giudici sono chiamati a pronunciarsi sulla questione di legittimità dell'articolo 580 del Codice penale – che punisce l'istigazione o l'aiuto al suicidio con pene tra i 5 e i 12 anni di carcere – sollevata dalla Corte d'Assise di Milano nell'ambito del processo all'esponente radicale Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, imputato nel processo per la morte di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo: il processo era stato sospeso nel febbraio 2018, in attesa che si esprimesse la Corte Costituzionale.

I giudici torneranno a riunirsi in camera di consiglio per la pronuncia al termine dell'udienza pubblica convocata per domani mattina alle 9:30. A Palazzo della Consulta si è svolta oggi la nuova udienza pubblica, dopo quella che, nell'ottobre 2018, si era conclusa con un'ordinanza dei giudici costituzionali, che dava al Parlamento quasi un anno di tempo per colmare un vuoto normativo, e produrre una legge sul fine vita. Ma negli ultimi 11 mesi nulla è stato fatto, e di quella legge non c'è nemmeno un testo base condiviso.

Adesso secondo l'Associazione Luca Coscioni, che ha condotto in prima linea la battaglia per il fine vita, è il momento di lasciar spazio al verdetto della Consulta, che nelle scorse settimane ha ricevuto anche pressioni dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati. La presidente di Palazzo Madama ha telefonato alla Consulta, per chiedere che concedesse altro tempo al Parlamento, per poter legiferare. Un fatto considerato molto grave da Cappato, che in un'intervista a Fanpage.it ha dichiarato: "Non esiste alcun modo e alcuna forma per il presidente di un'assemblea parlamentare di fare pressione sul massimo organo giurisdizionale italiano, è gravissimo perché sono due competenze diverse e la Corte Costituzionale non ha un modo pubblico per difendersi da una pressione di questo tipo. Quindi spero che sia il presidente della Repubblica a chiarire che questo tipo di pressioni in una democrazia liberale non devono essere accettate. Visto che il Parlamento è stato incapace in tutti questi anni di esprimersi, impedire adesso alla Corte Costituzionale di esprimersi sui diritti costituzionali delle persone sarebbe molto grave". Anche la Cei, preoccupata dalla sentenza, ha lanciato un appello ai parlamentari perché impediscano la legalizzazione del suicidio assistito, chiedendo anche il rinvio della decisione della Consulta.

Cappato oggi si è detto sereno: "Rifarei tutto – ha detti subito dopo l'udienza – Ho aiutato Fabiano perché l'ho ritenuto mio dovere morale, e presto sapremo se può essere riconosciuto anche come diritto. È una decisione difficile e importante, perché la posta in gioco è la libertà di tante persone in condizione di sofferenza". In aula con lui ci sono anche Valeria Imbrogno, compagna di Fabo, e Mina Welby, moglie di Piergiorgio: "Confido in una risposta positiva – ha detto Imbrogno prima di lasciare la Consulta – credo che Fabiano oggi sarebbe felice come tutti noi".

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