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Eutanasia, compagna di Dj Fabo: “Vinta battaglia di libertà, sofferenza di Fabiano ora pesa meno”

La compagna di Dj Fabo, Valentina Imbrogno, commenta la decisione della Corte costituzionale di giudicare non punibile il reato di istigazione al suicidio in determinate condizioni, come quella di Fabiano Antoniani. Per Imbrogno la Consulta “dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme. Fa sentire un po’ meno il peso di tutta quella sofferenza che ha passato”.
A cura di Stefano Rizzuti
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La Corte costituzionale ha deciso: i giudici ritengono che non sia punibile, in determinate condizioni, l’istigazione o l’aiuto al suicidio. E le determinate condizioni si sono senza dubbio verificate, secondo la Consulta, nel caso di Dj Fabo, quello discusso proprio oggi dalla Corte. Ad esultare per questa decisione c’è anche Valentina Imbrogno, compagna di Fabiano Antoniani, Dj Fabo, morto in Svizzera con il suicidio assistito il 27 febbraio del 2017. Parlando con l’Adnkronos Imbrogno commenta: “Accolgo questo atteso pronunciamento con soddisfazione. Dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme. Fa sentire un po' meno il peso di tutta quella sofferenza che ha passato. È senz'altro una risposta positiva. Oggi è un bel giorno”. All'Agi Imbrogno aggiunge: "Per me è una soddisfazione che dà significato a tutta la sofferenza di Fabiano. In questo momento vedo la conquista di essere stati in grado di cambiare la legge e di trasformare una battaglia personale in una battaglia di tutti".

Alla sua gioia si unisce quella di Marco Cappato: “Da oggi in Italia siamo tutti più liberi, anche quelli che non sono d'accordo. Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci. È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall'altra parte. Ora è necessaria una legge”. Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, commenta: “La Corte costituzionale apre la strada finalmente a una buona normativa per garantire a tutti il diritto di essere liberi fino alla fine, anche per chi non è attaccato a una macchina ma è affetto da patologie irreversibili e sofferenze insopportabili, come previsto dalla nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l'eutanasia legale depositata alla Camera dei deputati nel 2013. Mi auguro che finalmente il Parlamento si faccia vivo. Noi andremo avanti, e invitiamo a unire le forze laiche e liberali in occasione del Congresso dell'Associazione Luca Coscioni dal 3 al 6 ottobre a Bari”.

La Consulta apre al suicidio assistito

La Corte costituzionale ha deciso sulla legittimità dell’articolo 580 del Codice penale, riguardante la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita. L’ufficio stampa, in attesa del deposito della sentenza, fa sapere che la Corte ha “ritenuto non punibile, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

La Consulta chiede un indispensabile intervento del legislatore, cioè del Parlamento. Ma intanto ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

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