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Economia sommersa e illegale ci costano 211 miliardi: quasi 15 solo dal traffico di stupefacenti

Secondo l’Istat è in calo il valore aggiunto generato dall’economia non osservata è in calo. Questa comprende sia il sommerso (ciò che è frutto di evasione o di lavoro nero) che le attività economiche illegali (traffico di droga, prostituzione, contrabbando). Nel 2018 il valore aggiunto per l’economia non osservata si attestava intorno ai 211 miliardi di euro, contro i 213,9 dell’anno precedente.
A cura di Annalisa Girardi
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È in calo il valore aggiunto generato dall'economia non osservata, che comprende sia il sommerso che le attività economiche illegali. Nel 2018 questo si attestava intorno ai 211 miliardi di euro, contro i 213,9 dell'anno precedente. Una flessione, quindi, dell'1,3% rispetto al 2017, che ha fatto scendere di 0,4 punti percentuali l'incidenza dell'economia non osservata sul Pil. Questo valore arriva così all'11,9% e conferma la tendenza in discesa in atto dal 2014, anno in cui si era registrato un picco del 13%. Sono i dati riportati dall'Istat nel suo report sull'economia non osservata nei conti nazionali, in cui viene appunto preso in considerazione il periodo tra il 2015 e il 2018. Ma vediamo nello specifico che cosa afferma il documento dell'Istituto nazionale di statistica.

Per prima cosa si deve appunto distinguere tra economia sommersa e illegale. Per sommerso si intende generalmente tutto ciò che non viene dichiarato al fisco (tutto ciò che è frutto di evasione fiscale, in altre parole) e i profitti generati dal lavoro nero. Con economia illegale, invece, si fa riferimento a quelle attività di produzione e distribuzione o a quei servizi che sono proibiti per legge, come ad esempio il traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando. Ci si riferisce all'insieme di economia sommersa e illegale con l'espressione economia non osservata. Come detto, nel 2018, rispetto all'anno precedente, l'incidenza di questa sul Pil si è ridotta di circa 3 miliardi. L'Istat precisa che nell'ultimo anno preso in esame si è osservata una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti dell'economia non osservata: "A una riduzione delle quote ascrivibili alla sotto-dichiarazione (dal 46,0% al 45,3%) – come possono essere ad esempio le mance, ndr – e all’utilizzo di input di lavoro irregolare (dal 37,5% al 37,2%), fa fronte un incremento di quelle riconducibili alle altre componenti del sommerso (dal 7,6% all’8,3%) e all’economia illegale (dall’8,8%al 9,1%)".

L'economia sommersa

Nel 2018 il complesso dell'economia sommersa ha riportato un valore di 191,8 miliardi, con una riduzione di 3,2 miliardi rispetto all'anno precedente. Si tratta comunque del 12% del valore aggiunto prodotto dal sistema economico. La quota che deriva da quanto evaso al Fisco è pari a 95,6 miliardi (contro i 98,5 del 2017) mentre quella connessa al lavoro irregolare si attesta intorno ai 78,5 miliardi (contro gli 80,2 dell'anno precedente). I settori dove risulta più alto il peso del sommerso economico sono quelli riguardanti i servizi alla persona, commercio, trasporti, alloggio e ristorazione, costruzioni. Le sotto-dichiarazioni alla Agenzia delle entrate riguardano in particolare i servizi professionali e i servizi alla persona. In questo settore però è ancor più diffuso il ricorso al lavoro irregolare, che inoltre rappresenta l'unica fonte di valore aggiunto sommerso per quanto riguarda l'agricoltura.

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"Il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie è una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano", precisa l'Istat. Che riporta come nel 2018 siano state registrate 3 milioni e 652 mila unità di lavoro a tempo pieno in condizione di non regolarità. Una riduzione dell'1,3% rispetto al 2017, quando queste erano invece aumentate in confronto al 2016. "Nell’insieme del periodo 2015-2018 il lavoro non regolare presenta una dinamica opposta a quella che caratterizza il lavoro regolare: gli irregolari diminuiscono di circa 47 mila unità (-1,3%), mentre i regolari crescono di 723 mila unità (+3,7%), determinando un calo del tasso di irregolarità dal 15,8% del 2015 al 15,1% del 2018", aggiunge ancora l'Istituto. Questo calo diffuso riguarda tutti i settori economici ad eccezione dell'agricoltura, dove si rileva invece un incremento dello 0,4% rispetto all'anno prima.

L'economia illegale

Per quanto riguarda invece l'economia illegale, il report sottolinea come queste attività nel 2018 abbiano generato un valore aggiunto pari ai 19,2 miliardi di euro. Cioè l'1,1% del Pil. A differenza del sommerso, l'economia illegale risulta in crescita dell'1,8% (342 milioni) rispetto al 2017. La stessa tendenza era stata rilevata anche negli anni precedenti, quando l'economia illegale era aumentata di 800 milioni l'anno. Tra il 2015 e il 2018 le attività illegali hanno fatto registrare un incremento del valore aggiunto per 2 miliardi di euro. Questa crescita di attività illegali è determinata quasi per la totalità dal traffico di stupefacenti. "Per questa attività il valore aggiunto sale a 14,7 miliardi di euro nel 2018 (+0,3 miliardi rispetto al 2017), e la spesa per consumi si attesta a 16,2 miliardi di euro (+0,4 miliardi rispetto all’anno precedente", afferma l'Istat. Che sottolinea invece come nello stesso periodo la crescita dei servizi di prostituzione sia stata invece modesta

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