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Dj Fabo, Consulta decide su reato di aiuto al suicidio: Cappato rischia 12 anni di carcere

La Consulta stabilirà se il reato di aiuto al suicidio è ancora ritenuto conforme alla Costituzione italiana. Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni Marco Cappato rischia dai 5 ai 12 anni di carcere, per aver aiutato a morire Dj Fabo, accompagnandolo alla clinica svizzera Dignitas, dove poi è avvenuto il decesso.
A cura di Annalisa Cangemi
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UPDATE: Sul fine vita potrebbe arrivare una sentenza storica: la Consulta stabilirà se il reato di aiuto al suicidio è ancora ritenuto conforme alla Costituzione italiana. L'udienza è andata avanti per tutta la giornata di oggi, ma i giudici hanno deciso di far slittare a domani la decisione. La Corte è chiamata ad esprimersi sull’art. 580 del Codice penale, che risale al periodo fascista, sciogliendo così il dubbio di costituzionalità sollevato dalla Corte di Assise di Milano, con l'ordinanza del 14 febbraio 2018.  Secondo l'Associazione Luca Coscioni "si tratta di un procedimento basato sulle indicazioni comprese da un codice risalente agli anni trenta prima ancora della nascita della Costituzione, quando le libertà individuali non avevano vissuto la ‘primavera' dei diritti civili. Infatti, moltissimi articoli di quel codice sono stati poi aboliti per adeguare la nostra normativa penale allo spirito del tempo". Marco Cappato, per aver aiutato a morire Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo attraverso un'azione di "disobbedienza civile", accompagnandolo alla clinica svizzera Dignitas, rischia ora fino a 12 anni di carcere.

La Consulta dovrà stabilire innanzi tutto se sia punibile chi non istiga, ma aiuta al suicidio una persona che, trovandosi in una situazione estrema, abbia maturato ed esplicitato la convinzione di volersi togliere la vita; e se sia proporzionata la pena da 5 a 12 anni che l'articolo 580 del codice penale prevede indistintamente per entrambe le condotte. Il Centro Studi Livatino ha partecipato con un proprio atto di intervento nel giudizio, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o  manifestamente infondata.

Si è intanto aperto, e subito rinviato al 12 novembre, il processo in Corte d'Assise a Massa (Massa Carrara) a Marco Cappato e Mina Welby per la morte di Davide Trentini, barista toscano di 53 anni malato di Sla, avvenuta il 13 aprile 2017 in Svizzera col suicidio assistito. "La nostra è una azione di disobbedienza civile – ha commentato Cappato, presente al processo insieme a Mina Welby – crediamo di aver fatto il nostro dovere, su richiesta di Davide e Fabiano. La speranza è che le persone in condizioni di sofferenza insopportabile possano essere aiutate a interrompere la loro vita senza che chi li aiuta venga sottoposta a condanna fino a 12 anni di carcere".

"Sono serena – ha detto ieri Welby all'uscita dal palazzo di giustizia – quello che ho fatto l'ho fatto per coscienza e lo rifarei ancora". Entrambi sono imputati di istigazione e aiuto al suicidio. L'inchiesta ha portato al giudizio immediato su richiesta degli stessi imputati. Trentini è riuscito a ricorrere al suicidio grazie all’aiuto di Mina Welby, che lo accompagnò in Svizzera, e grazie al sostegno economico fornito dal tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni.

In Italia non esiste una legge che preveda l'eutanasia legale, un tema fuori dalle agende del dibattito politico. Alla Camera dei Deputati nel 2013 venerò consegnate circa 70mila firme e una proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, mai discussa in Parlamento. Oggi quelle firme, appena riconsegnate al presidente della Camera Roberto Fico sono arrivate a 130mila. Secondo i dati raccolti dall'Associazione Luca Coscioni, l'indice dello stato delle libertà il nostro Paese è in ritardo rispetto lo scenario internazionale, in particolare rispetto a Paesi come Belgio, Olanda e Austria, che su questi temi sono considerati all'avanguardia. In termini di libertà di autodeterminazione l'Italia è 31esima su 47 paesi analizzati, dietro a Messico, Taiwan, Albania.

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