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De Luca ed Emiliano dicono che il governo Meloni vuole ‘scippare’ i fondi europei al Sud

Il governo Meloni è alle prese con la revisione del Pnrr. Il ministro Fitto vuole spostare una parte dei progetti, considerati irrealizzabili entro il 2026, sui fondi di Coesione, che hanno una scadenza più lunga. Nel frattempo, però il denaro destinato a ridurre il divario tra Nord e Sud d’Italia rimane congelato. E i governatori del Mezzogiorno accusano: “L’obiettivo è scipparci i soldi per darli ad altre Regioni”
A cura di Marco Billeci
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Ormai da tempo, il governo è impegnato nel tentativo di rivedere il Pnrr, per recuperare i ritardi accumulati. La soluzione tuttavia sembra ancora lontana e, anzi, con il trascorrere delle settimane emergono nuovi ostacoli. L'ultimo in ordine di tempo riguarda altri fondi erogati dall'Europa, quelli per lo Sviluppo e la Coesione.  Si tratta di un canale distinto rispetto al Piano di Ripresa e Resilienza, ma la cui programmazione – nelle intenzioni dell'esecutivo – dovrebbe ora essere collegata a quella del Pnrr, per garantire la migliore distribuzione delle risorse. In attesa della riorganizzazione complessiva, però, i soldi rimangono congelati. E le Regioni del Sud a guida del centrosinistra parlano di uno "scippo", ai danni del Meridione.

A differenza del Pnrr – un piano straordinario, pensato per risollevare l'economia europea, dopo la pandemia – il Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) è uno strumento ordinario, della politica Ue. In sintesi, ogni sei anni gli Stati ricevono una certa quantità di risorse, per realizzare progetti, cofinanziati a livello nazionale, destinati a diminuire le differenze economiche, infrastrutturali, sociali, interne al Paese. In Italia, la maggior parte dei soldi è destinata al Mezzogiorno. La programmazione attuale dovrebbe coprire il periodo che va dal 2021 al 2027.

I fondi bloccati

Di fronte alla difficoltà di realizzare molti degli investimenti del piano di ripresa e resilienza, entro la data stabilita del 2026, il governo sta pensando di spostare una parte dei progetti del Pnrr, sul Fondo di Coesione. Quest'ultimo infatti concede tempi di attuazione più lunghi, che permetterebbero di arrivare fino al 2029. Il problema è che – aspettando la revisione del Pnrr, per cui l'esecutivo Meloni intende prendere tempo fino al 31 agosto – da mesi, la distribuzione alle Regioni delle risorse relative al FCS rimane bloccata. Uno stallo che  rende impossibile la realizzazione di progetti vitali per i territori, secondo l'opinione dei presidenti di Campania e Puglia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano.

Il 18 maggio, la Conferenza delle Regioni (l'organo che riunisce i presidenti regionali) ha incontrato Raffaele Fitto, il ministro che ha in carico sia le deleghe del Pnrr, che per i fondi di Coesione. Nel corso della riunione, Fitto ha detto che nelle prossime settimane saranno fatti incontri con tutte le singole Regioni, per individuare gli obiettivi da raggiungere. Una scelta che ha avuto l'ok della maggioranza dei governatori, di marchio centrodestra. De Luca ed Emiliano invece  sono saliti sulle barricate. "È una procedura che porterà via mesi e questo farà danni incalcolabili", ha detto il presidente della Puglia. "Se ci fosse un alluvione nel Meridione, non avremmo un euro per fare una gara per intervenire su una strada", ha spiegato De Luca, con riferimento alla calamità che ha colpito l'Emilia Romagna.

D'altra parte, Fitto ha rivendicato la necessità di rivedere i criteri di spesa dei fondi di coesione, sventolando i numeri relativi al periodo dal 2014 al 2020, quando "su circa 126 miliardi è stato usato solo il 34 percento". Per questo, ha detto il ministro, "è evidente che c'è la necessità di mettere in campo delle correzioni". Ha ribattuto De Luca: "Il passato dimostra che chi non spende sono i ministeri". E per Emiliano: "Le Regioni hanno una capacità di spesa doppia", rispetto a quella delle amministrazioni centrali.

Uno scippo di soldi al Sud?

Il timore dei due pasdaran della protesta è che l'obiettivo del governo sia quello di spostare una parte delle risorse dal Sud al Nord. "Questo è uno scippo, è una cosa sconcertante", ha detto De Luca, al termine della riunione. Ed Emiliano ha rincarato: "Il sospetto è che il governo voglia tenere in mano i 48 miliardi del FSC, per usarli in maniera diversa da quanto previsto dalla legge, che li assegna all'80 percento al Mezzogiorno". Accuse rispedite al mittente da Fitto: "Basterebbe leggere le regole europee ed italiane per sapere che ci sono vincoli di percentuale territoriali, che non possono essere messi in discussione. Quindi questa è un'invenzione totale".

Intanto, però,  c'è chi chiede più soldi, anche del Pnrr, per i territori che considerati più ‘virtuosi'. È il governatore ligure Giovanni Toti, secondo cui "l'uso dei fondi europei deve piegarsi a criteri di meritocrazia e capacità di spesa". Per Toti: "Se ci sono Regioni che hanno maggiori progetti e garantiscono la fattibilità entro il 2026, vanno spostate lì maggiori risorse, a prescindere da ogni ragionamento territoriale". Una lettura contestata da Emiliano: "C'è una gigantesca manipolazione della verità, non ci sono differenze sostanziali di spesa tra Nord e Sud".

Il nodo degli asili

Nel frattempo, il governo è ancora alla prese con i dubbi,  da parte dell'Europa, sullo sblocco della terza rata del Recovery, legata agli obiettivi di fine 2022. E intanto si avvicinano le nuove scadenze di giugno, per cui sono previste  nuove difficoltà. Le maggiori riguardano l'aggiudicazione dei bandi, per la creazione di circa 264mila nuovi posti negli asili nido. Lo stesso ministro Fitto ha ammesso che difficilmente tutti Comuni riusciranno a rispettare la deadline. Secondo alcune ipotesi, il governo potrebbe chiedere all'Europa di tagliare i numeri dei posti da assegnare. Rispondendo a una domanda di Fanpage.it a margine dell'incontro con le Regioni, Fitto però ha negato questa eventualità: "Non si evince da nessuna parte, è una polemica che non esiste"

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