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Cambiare il Pnrr e nuovi fondi per le imprese: inizia la vera sfida di Meloni in Europa

Giorgia Meloni si prepara a giocare una doppia partita in Europa, che nelle prossime settimane potrebbe decidere le sorti della politica economica del governo. Da una parte, l’Italia chiede di rivedere il Pnrr, per affrontare alla crisi energetica. Dall’altra, di lanciare un nuovo fondo sovrano Ue, in risposta al mega piano di stimoli alle imprese degli Usa. La partita per la premier si annuncia molto difficile.
A cura di Marco Billeci
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Nelle prossime settimane il governo di Giorgia Meloni si prepara a giocare una doppia partita, fondamentale, in Europa. Non è quella sulle etichette del vino o la farina di grilli, che pure riempiono in questi giorni le dichiarazioni e le polemiche, di esponenti della maggioranza, dal ministro Lollobrigida alla stessa premier. È quella ben più sostanziale, che riguarda i finanziamenti europei per il nostro Paese.

Da una parte, entro il 30 aprile l'esecutivo è chiamato a presentare le richieste di modifica al Pnrr, da mesi caldeggiate da Meloni e i suoi. Dall'altra, già dal Consiglio europeo del 9-10 febbraio, la premier dovrà convincere i riluttanti partner Ue, a stanziare nuovi fondi, per rispondere al programma di incentivi, da circa 370 miliardi di dollari, lanciato dagli Stati Uniti, che rischia di penalizzare fortemente le aziende europee.

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Un nuovo piano per l'energia

Sul fronte del Pnrr un passo importante è stato compiuto nel pomeriggio di lunedì 6 febbraio, quando Meloni ha convocato a palazzo Chigi – al cospetto dei più importanti ministri del governo – gli amministratori delegati delle grandi partecipate pubbliche dell'energia, da Eni a Enel, da Snam a Terna. Obiettivo della riunione, impostare la strategia sul Repower Eu, il programma dell'Unione per rispondere alla crisi energetica, esplosa con lo scoppio della guerra in Ucraina. Entro il 30 aprile prossimo, infatti, l'Italia dovrà portare alla commissione Ue i progetti da finanziare, sul fronte dell'energia.

"Inizia un percorso che in tempi brevi ci consentirà di […] realizzare un piano che renderà l’Italia più sostenibile da un punto di vista energetico attraverso l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la riduzione dei consumi", ha detto Meloni nel corso dell'incontro. E ha proseguito: "In questo quadro il governo si è impegnato ad attivare strumenti finanziari e di politica industriale per sostenere concretamente la realizzazione dell’intero piano”.

All'interno di questa strategia, rientra anche quello cheMeloni ha soprannominato il "piano Mattei". Presentato inizialmente come un modello di cooperazione allo sviluppo del continente africano – così da offrire un'alternativa, a chi vuole migrare verso l'Europa – in realtà, il piano Mattei si sta rivelando sempre più un'idea, per facilitare l'arrivo di gas e altre fonti di energia, dall'Africa verso il nostro Paese. Come ha rimarcato la premier durante il summit con i capi delle grandi partecipate, l'obiettivo è "consolidare il processo di diversificazione delle forniture verso una totale eliminazione del gas russo, per far diventare l’Italia hub energetico del Mediterraneo per tutta l’Europa".

La revisione del Pnrr

Il problema principale però rimane come finanziare i progetti che l'Italia intende mettere in campo. Il Repower Eu infatti non prevede al momento grandi risorse aggiuntive per il nostro Paese, rispetto ai 191 miliardi già stanziati dal Next Generation Eu, il piano di ripresa messo in campo dall'Europa, dopo la pandemia Covid. La presidente della commissione Ursula Von der Leyen ha parlato di ulteriori 9 miliardi, tra 2,7 miliardi di nuovi stanziamenti e recupero di fondi di coesione, non utilizzati.

La vera svolta però potrebbe arrivare da una revisione dei progetti del Pnrr, il piano di ripresa e resilienza italiano. L'obiettivo ormai dichiarato del governo è tagliare una parte dei progetti previsti dal piano originario, per dirottare i risparmi su nuovi capitoli, dedicati appunto all'energia. All'indomani della riunione a palazzo Chigi, parlando a un convegno a Roma, il ministro con la delega al Pnrr Raffaele Fitto è stato chiaro sul punto: "Se è vero, come è vero, che il Pnrr è stato immaginato prima dello scoppio della guerra, è inevitabile che oggi va implementato, modificato, integrato, perché il tema energetico è diventato fondamentale".

A una domanda di Fanpage.it sul numero dei progetti che si intende rivedere e sulle risorse da recuperare, Fitto si è mantenuto vago, rimandando al 30 aprile, data entro la quale il governo dovrà portare in Europa le proposte di modifica. Dal canto proprio, la commissione Ue sembra aver aperto a possibili cambiamenti nella composizione del piano, mentre rimane rigida sulle scadenze e le riforme previste.  Riguardo all'esito del negoziato, peraltro, Meloni sembra fin troppo ottimista, tanto che nelle slide postate sui social per celebrare i 100 giorni del governo, la premier ha "venduto" come realizzata con successo, una trattativa ancora tutta da scrivere.

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La risposta all'Ira di Biden

Sembra improbabile, invece, che all'Italia arrivino dall'Europa soldi freschi. Eppure questa è la richiesta che Meloni dovrebbe rilanciare al Consiglio Europeo del 9-10 febbraio. Il summit dei capi di governo europei è chiamato a valutare la risposta da dare all'Inflaction Reduction Act (Ira) americano, il mega piano di stimoli alle imprese Usa, lanciato da Biden. Secondo molti osservatori, le regole dell'Ira favorirebbero le spinte protezioniste, penalizzando l'accesso delle industrie europee al mercato americano e anzi incoraggiando le delocalizzazioni verso gli Stati Uniti.

La tesi prevalente tra i vertici dell'Unione – per controbattere alla mossa di Biden – è allentare ulteriormente le regole Ue sugli aiuti di Stato. Questo però favorirebbe soprattutto i Paesi, come la Germania, che hanno spazio fiscale per dare grandi incentivi alle imprese locali, mentre penalizzerebbe i Paesi ad alto debito, come l'Italia. Per questo motivo, il nostro governo chiede di bilanciare la misura, con il varo di un nuovo fondo sovrano, in grado di fare debito comune ed erogare prestiti agli Stati membri, per finanziare l'industria.

L'ipotesi al momento sembra lontana. "Questa settimana si comincerà a battagliare, sarà molto complicata", ha ammesso il ministro dell'Economia Giorgetti, durante un convegno a Brescia, lunedì 6 febbraio. A complicare il quadro, il fatto che i ministri delle Finanze di Francia e Germania – nella giornata di martedì 7 febbraio – siano volati negli Usa, per trattare direttamente con il loro omologo statunitense. Una mossa mal vista dal nostro governo, che l'ha reputata una fuga in avanti, rispetto alla definizione di una strategia comune europea.

"È  iniziato una specie di circo. – ha detto ancora Giorgetti -. Il ministro francese e quello tedesco vanno a trattare con gli americani, perché chiedono la possibilità di poter derogare alle regole dell'Europa e quindi di dare degli aiuti di Stato alle imprese, come e quando vogliono loro". E ha continuato: ""Noi teoricamente siamo favorevoli che lo Stato aiuti le imprese, ma c'è dietro il trabocchetto. Loro chiedono di fare questo ma vogliono tenere ferme tutte le regole di bilancio. Per poi concludere: "Quindi il risultato qual è ? Che, siccome loro hanno spazio di bilancio possono usarli, noi ma non lo possiamo fare perché abbiamo quelle regole che ci chiudono".

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