2.337 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Minacce a Rosaria Capacchione e Roberto Saviano, condannati boss e avvocato

Lo scrittore Roberto Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione furono minacciati dal boss del clan dei Casalesi Bidognetti e dall’avvocato Santonastaso durante il processo Spartacus. Lo dice, dopo tredici anni, una sentenza della quarta sezione penale del tribunale di Roma che ha condannato capoclan e legale.
2.337 CONDIVISIONI
Immagine

Minacciarono la giornalista Rosaria Capacchione e lo scrittore Roberto Saviano durante il processo d'Appello ‘Spartacus' a Napoli, nel 2008: oggi è arrivata un'altra condanna, a Roma, quarta sezione penale, per il capoclan dei Casalesi Francesco Bidognetti (1 anno e mezzo di carcere) e per l'avvocato Michele Santonastaso (1 anno e due mesi). Assolto per non avere commesso il fatto il terzo imputato, l'avvocato Carmine D'Aniello. L'accusa è minacce aggravate dal metodo mafioso.

Quattro anni fa era stata dichiarata nulla la sentenza di primo grado dalla Corte di Appello di Napoli per incompetenza territoriale e il procedimento era stato trasferito a Roma. Nel procedimento si sono costituite parte civile la Federazione Nazionale della Stampa, rappresentata dall'avvocato Giulio Vasaturo, e l'Ordine dei giornalisti della Campania. Santonastaso e Bidognetti (collegato in videoconferenza dal carcere di Milano) sono stati condannati in solido a risarcire i danni, in separata sede, alle parti civili Saviano (presente in aula), Capacchione, la Fnsi e OdG Campania.

Le minacce contro Saviano e Capacchione

Un vero e proprio ‘editto', quello contro Capacchione, prima giornalista a scoperchiare lo strapotere dei Casalesi giorno dopo giorno, dalle pagine del giornale e per Saviano, autore del libro best seller ‘Gomorra' che ha avuto il merito di far conoscere al mondo questa realtà. Sia Capacchione che Saviano sono entrambi sottoposti a scorta dopo le minacce, considerate una condanna a morte del potentissimo clan, capace di rigenerarsi nonostante arresti e inchieste.

Un proclama che – ha spiegato a suo tempo l'accusa, tesi accolta nella sentenza – conteneva un'istanza di legittimo sospetto ma in realtà era un attacco del clan dei casalesi contro i due professionisti, "colpevoli" di aver raccontato le vicende che riguardavano il clan dei Casalesi.

Il pm Galanti nel febbraio scorso si era così espresso nella sua requisitoria:

Rosaria Capacchione è stata una spina nel fianco dei clan dei Casalesi e Roberto Saviano con il suo libro ‘Gomorra' ha acceso i fari sulla provincia di Caserta: questo per una consorteria mafiosa  è un colpo al cuore. Entrambi erano da considerare nemici giurati del clan dei Casalesi.

Roberto Saviano oggi era presente alla lettura della sentenza e ha commentato a caldo:

Questa sentenza non risarcisce, ma è stata una lunga battaglia che ha dimostrato come il clan dei Casalesi non è invincibile. Una decisione quella di oggi che mi dà speranza, ma che non mi restituirà 13 anni di dibattimento ed i 15 anni di vita sotto scorta.

Vivere sotto protezione è significato perdere la propria vita. Sono contento anche per Rosaria, vittima di anni di ferocissimi e sottoposta ad attacchi da tutte le parti. Sono contento che questa sentenza sia stata pronunciata a Roma perché dimostra come il problema della criminalità non riguarda solo il Sud.

Questo il commento della giornalista ed ex senatrice Rosaria Capacchione che all'epoca dei fatti raccontava le vicende dei clan dalle colonne del Mattino:

Sono contenta che dopo più di tredici anni un altro tribunale abbia attestato che quelle che io e Roberto Saviano abbiamo subìto non erano "suggestioni" come pure si è tentato di dire, ma effettive minacce e intimidazioni , così come le avevamo percepite.

Chi c'era quel giorno e chi ha letto quell'istanza, in quel clima, in quei giorni, non ha mai avuto dubbi. Adesso lo ha accertato anche un tribunale per la seconda volta, anche se tredici anni sono un tempo infinito.

Il presidente Fnsi Giuseppe Giulietti dopo la sentenza:

Speriamo che da questa sentenza arrivi il messaggio che non si può impunemente aggredire chi fa informazione né che si possa fare in un'aula di giustizia. Noi saremo sempre al fianco dei cronisti anche di quelli meno noti, precari o che non hanno la forza di denunciare. Una sentenza che ci impegna a essere sempre più presenti.

2.337 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views