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Davos, l’Europa di fronte alla mancanza di alternative

L’annuale forum economico mondiale di Davos, con gli oltre 2000 rappresentanti “top” della classe politica, economica ed intellettuale, ha chiuso i suoi lavori pochi giorni fa, senza soluzioni per la crisi e senza immaginare nuovi modelli, diversamente da quanto auspicava con il suo promettente titolo.
A cura di Nadia Vitali
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L annuale forum economico mondiale di Davos, con gli oltre 2000 rappresentanti  top  della classe politica, economica ed intellettuale, ha chiuso i suoi lavori pochi giorni fa, senza soluzioni per la crisi e senza immaginare nuovi modelli, diversamente da quanto auspicava con il suo promettente titolo.

A dispetto, o forse proprio a causa, di quel titolo ambizioso, La grande trasformazione: immaginare nuovi modelli, era prevedibile che dall'annuale meeting di Davos tra capi di Stato e di Governo, grandi imprenditori e leader del mondo intellettuale, non sarebbero uscite proposte risolutive per venire fuori dalla crisi; forse, tuttavia, ci si aspettava che almeno venisse ventilata l'ipotesi di una piccola iniezione di ottimismo per le economie e per i mercati. Ma non è stato così.

SERVONO 500 MILIARDI DI DOLLARI CONTRO I 385 ATTUALI – Come riportato da polisblog, i cinque giorni di forum che si sono conclusi di recente hanno portato ad una sola inoppugnabile constatazione ovvero che la situazione è grave, anzi gravissima, perché nessuno può dirsi «immune dal contagio» per dirla con le parole di Christine Lagarde: la direttrice del Fondo Monetario Internazionale ha eloquentemente sventolato la borsetta sotto gli occhi dei partecipanti per sollecitare, senza giri di parole che ormai sarebbero solo un ulteriore peso, un impiego massiccio di capitali, superiore all'attuale, indispensabile per incrementare il Fondo Salva Stati, unica speranza per la crisi dell'area euro.

ITALIA CREDIBILE AGLI OCCHI DEL MONDO ECONOMICO – Proprio l'Europa è stata la protagonista del summit, stretta tra problemi economici e sociali che sembrano non voler concedere requie: e se per l'Italia, nonostante le premesse e nonostante il declassamento da parte di Fitch proprio pochi giorni fa, la situazione sembrerebbe relativamente tranquilla grazie soprattutto alla credibilità che il Governo è riuscito a costruire in queste settimane di lavori (Mario Monti può effettivamente vantare consensi da parte di politici come Barack Obama ma anche sul versante dei grandi leader dell'economia mondiale), stessa cosa non può dirsi per tutti gli stati europei.

LO SGRETOLAMENTO DELL'UE? – Atene sempre sotto attacco, con profezie di rapida uscita dall'area Euro entro la fine dell'anno e l'ipotesi che la Germania voglia intraprendere una sorta di commissariamento dei conti pubblici della Grecia. E poi, in questo fin troppo rapido ed inesorabile declino, dovrebbe seguire il Portogallo che versa in condizioni che, sempre più, vengono accostate a quelle greche; dopodiché l'Irlanda, la Spagna e Cipro. I grandi modelli immaginati sembrano, piuttosto, lo sgretolamento graduale dell'Europa ed il totale dissolvimento delle idee che avevano portato alla nascita di quel progetto ambizioso di unità, sancito dalla moneta unica, dieci anni or sono.

LA MANCANZA DI UN VERO PIANO – In questo quadro, dunque, giunge il severo monito dell'economista George Soros che accusa la Cancelliera Angela Merkel di stare imponendo una rigida disciplina fiscale che potrebbe facilmente causare delle tensioni fortissime tra gli Stati, portando alla dissoluzione dell'Unione; lo stesso ha inoltre affermato che i governatori dei paesi europei sono colpevoli di aver praticamente sbagliato totalmente nell'approccio alla crisi. Insomma, se sulla pars destruens nulla è stato risparmiato all'Europa, senza ombra di dubbio sulla pars costruens ci sarebbe ancora molto da lavorare: ma agli occhi del mondo, anche a quello non presente a Davos, appare ormai lampante come sviluppi in questo senso siano sempre più remoti e irraggiungibili e come La Grande trasformazione, di per sé, sia solo un concetto svuotato di ogni significato.

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