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Come Matteo Salvini vuole incassare con un condono sulle cassette di sicurezza degli italiani

Tassa, patrimoniale o maxi-condono: cosa il governo voglia fare con le cassette di sicurezza è ancora poco chiaro. Il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, ha prima parlato di imposta e poi di pace fiscale. Il M5s si dice contrario a qualunque ipotesi. Il Pd parla del rischio di “riciclaggio di Stato”. Come stanno realmente le cose?
A cura di Stefano Rizzuti
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Non sarà una tassa, assicura Salvini. Ma una sorta di pace fiscale. L’annuncio del vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, sulle cassette di sicurezza, arrivato durante la puntata di Porta a Porta, lascia molte perplessità. Una proposta avanzata prima come una “imposta” da far pagare a chi abbia una cassetta di sicurezza per ridare loro “il diritto di utilizzare” i beni – contanti compresi – custoditi al suo interno. Poi in parte rettificata, facendo riferimento a una nuova “pace fiscale”. L’obiettivo, quale che sia l’idea da mettere in campo, è lo stesso: far incassare allo Stato “miliardi” facendo dichiarare al Fisco queste somme contenute nelle cassette dai cittadini italiani. E per farlo l’ipotesi rilanciata da Salvini è quella di una aliquota standard da pagare per avere il diritto di utilizzare quei soldi, probabilmente in cambio di una sorta di scudo fiscale, per cui quei soldi non verranno più controllati dall’Agenzia delle Entrate. Stamattina il ministro dell’Interno è tornato sul tema, specificando che sarebbero “prive di qualsiasi fondamento le ipotesi di una patrimoniale, di tasse sui risparmi, sui conti correnti degli italiani o su cassette di sicurezza. L’unico ragionamento in corso riguarda una pace fiscale per chi volesse sanare situazione di irregolarità relative, oltre che ad Equitalia, al denaro contante”.

Cosa sono le cassette di sicurezza

Per capire esattamente di cosa stiamo parlando, andiamo con ordine. E partiamo dalle cassette di sicurezza: sono delle vere e proprie cassette che si trovano nei caveau, i locali blindati, delle banche. Per avere una cassetta di sicurezza si stipula un contratto con le banche (non tutte le hanno) e si paga, per cassette di piccole dimensioni, dai 50 ai 200 euro l’anno. La banca offre al cliente la possibilità di custodire all’interno di queste cassette qualunque bene voglia: oggetti preziosi, contanti, documenti, gioielli. E gli dà la garanzia di poter accedere alla cassetta quando ne ha bisogno.

Il funzionamento delle cassette di sicurezza è regolamentato dall’articolo 1839 del Codice civile: “Nel servizio delle cassette di sicurezza la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito”. Dove per caso fortuito non si intendono i furti (da cui la banca deve mettere al riparo), ma eventi straordinari come i terremoti o le alluvioni (e non sempre vengono riconosciuti come tali). Sulla base di questo articolo si prevede che la banca non possa controllare, “salvo alcuni limiti di contenuto che dipendono dalla contrattazione privata e dalle norme delle banche”, ciò che si trova all’interno delle cassette. La banca può effettuare controlli solo per alcune rare eccezioni (disciplinate dal contratto stipulato con il cliente) o su ordine di un giudice. Inoltre, i locali predisposti dalla banca devono essere sorvegliati. Ci si possono custodire tutti i beni, compresi i contanti.

Cosa vogliono fare con le cassette di sicurezza

Cosa il governo voglia fare sulle cassette di sicurezza è in realtà ignoto ai più. E qualche dubbio sembra averlo anche lo stesso Salvini, che dopo aver parlato di una tassa ha ripiegato su una sorta di “pace fiscale” per sanare irregolarità relative ai contanti. Va registrata la netta contrarietà dei 5 Stelle a qualunque opzione: “Non c’è un’ipotesi di condono, tanto meno sui contanti”, fanno sapere fonti pentastellate all’agenzia Dire. A interrogarsi su cosa voglia realmente fare il governo è soprattutto il Partito Democratico. Ci pensa il suo presidente, Paolo Gentiloni, a parlare di “errore o follia”, spiegando che “o stiamo parlando di un’autorizzazione di riciclaggio di Stato oppure di tassare i risparmi degli italiani”. Frase che deriva dal fatto che gran parte del contenuto delle cassette di sicurezza è ritenuto provenga da evasione o furti. Come precisa anche il segretario dem, Nicola Zingaretti: “Se uno ha i miliardi nella cassette di sicurezza e sono leciti ha già pagato le tasse. Se uno ha i miliardi e nelle cassette e sono illeciti provengono dall’illegalità”.

Quindi, se non è una patrimoniale – spiega il deputato dem Luigi Marattin – potrebbe essere “un maxi condono sul contante illecito”. Un condono che, in realtà, era stato già pensato nel 2016 dal governo Renzi. Ai tempi si ipotizzò che all’interno delle cassette di sicurezza ci fossero tra i 150 e i 200 miliardi. L’idea era quella di aprire le cassette solo in presenza del notaio e producendo una dichiarazione che attestasse che quelle somme non derivassero da reati. Alla fine non se ne fece nulla. Anche perché, come sottolineò il procuratore di Milano, Francesco Greco, quel denaro deriva soprattutto da fonti illecite, frutto di reati o dell’evasione fiscale.

L’aliquota per sbloccare le cassette di sicurezza

Stando alle ultime parole di Salvini, l’idea che ha in testa il leader leghista è quella di una sorta di sanzione da pagare per mettersi in regola. In cambio il cittadino che ha stipulato il contratto con la banca per la cassetta di sicurezza avrebbe accesso a uno scudo che lo renderebbe sostanzialmente immune da eventuali pretese del fisco e da contestazioni penali. L’aliquota pensata (cioè la sanzione prevista) nel 2016 era il 35% del totale del contenuto della cassetta. Secondo le ipotesi circolate nelle ultime ore, invece, la Lega preferirebbe optare per un’aliquota decisamente più bassa: tra il 15% e il 20% del prelievo. Inoltre, c’è anche un’altra ipotesi: lo Stato potrebbe chiedere a chi sblocca la sua cassetta di destinare almeno una parte delle risorse prelevate in strumenti di investimento come i Pir (i Piani individuali di risparmio) o in titoli di Stato. Con la conseguenza che il cliente della banca che dovesse sbloccare le cassette non avrebbe neanche tutte le somme nella sua disponibilità.

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