Casa “a sua insaputa”: chiesti tre anni di reclusione per Scajola

Tre anni di reclusione: è questa la condanna richiesta dai pm di Roma nei confronti di Claudio Scajola, ex ministro del governo Berlusconi finito al centro di uno scandalo per un appartamento acquistato "a sua insaputa" a due passi dal Colosseo. L'accusa per Scajola di finanziamento illecito. A seguito della vicenda, l'allora ministro diede le sue dimissioni motivandole con la necessità di potersi difendere nei tribunali. I pm hanno richiesto 3 anni di reclusione anche Diego Anemone, imprenditore chiave dell’inchiesta nata a Perugia sul G8 e di cui quella sulla casa di Scajola rappresenta un filone giunto per competenza a Roma.
Per l'accusa Anemone sborsò – attraverso l’architetto Angelo Zampolini – una somma pari a circa 1,1 milioni di euro (su un totale di 1,7) per l'acquisto della casa via del Fagutale 2, di fronte al Colosseo, accollandosi successivamente i lavori di ristrutturazione, almeno fino al 2006, per altri 100mila euro. Per la difesa dell'ex ministro, rappresentata dall'avvocato Elisabetta Busuito, il processo non si sarebbe mai dovuto celebrare per assenza di prove a suffragare la "correlazione tra movimenti bancari di società del gruppo Anemone e la dazione della differenza per il pagamento dell’appartamento", e dunque si tratta di un’illazione, e che "non vi è alcun riscontro provato che supporti il reato di finanziamento illecito. La perizia relativa ai flussi bancari ha rivelato come non vi sia traccia rispetto ad orari e modalità di versamento degli assegni".