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Carceri sovraffollate: ci sono 15 milioni per il penitenziario di Brescia, ma sono fermi dal 2014

L’ex ministro della Giustizia Orlando aveva stanziato i fondi per l’ampliamento della casa di reclusione di Verziano. Ma in 7 anni non si è mosso nulla. Adesso il governo fa sapere che servirebbe più del triplo delle risorse. Il deputato Bazoli denuncia: “A Brescia resta una struttura inadeguata”.
A cura di Stefano Iannaccone
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Quindici milioni fermi da sette anni. Fondi stanziati per ampliare il carcere Verziano di Brescia, rendendolo moderno e funzionale, con lo scopo principale di contrastare la piaga sovraffollamento. E invece quei soldi giacciono nel cassetto immobili. Il motivo? Dopo tanto tempo, tra progettazione e valutazioni, ci vorrebbe più del triplo, esattamente 54 milioni in totale, per realizzare l’opera, inclusi i servizi accessori. Così le risorse già stanziate, nella migliore delle ipotesi, potranno essere impiegate per interventi di manutenzione straordinaria. Ma senza incidere sul problema a monte: il sovraffolamento. È una storia di ordinaria burocrazia e di cattiva progettazione quella che arriva dalla città lombarda che racconta cosa non funziona nel sistema della Giustizia con un impatto sulla condizione dei detenuti. Non a caso, nei mesi scorsi, il Consiglio d’Europa ha sottolineato che l’Italia è in vetta alla graduatoria, tutt’altro che lusinghiera, del sovraffollamento nelle carceri.

Del resto sulla questione non c'è una una politica di investimento. “Nell’ultimo anno il numero delle carceri è rimasto lo stesso, ossia pari a 189”, rileva l’ultimo rapporto di Antigone. E così “la capienza regolamentare è invece scesa da 50.931 posti a 50.551”, mentre “il tasso di sovraffollamento è pari al 106,2%”. E attenzione: il dato, nella realtà, potrebbe essere anche più alto: “I reparti chiusi potrebbero riguardare circa 4 mila posti ulteriori e il tasso effettivo, seppur non ufficiale di affollamento, va a raggiungere il 115%”, si legge ancora nel documento. Le ricadute sono pesanti. Andrea Maestri, ex deputato e avvocato attivo sui diritti umani, spiega a Fanpage.it: “Se la funzione della pena è quella di risocializzare il reo, scontare la pena in condizioni inumane e degradanti sortisce l’effetto opposto, aggravando l’aspetto segregativo, marginalizzante e recidivante”. Maestri indica alcune soluzioni: in primis giuridiche, come “l’allargamento delle misure alternative alla detenzione alla previsione di pene sostitutive delle pene limitative della libertà personale, come i lavori di pubblica utilità”. E allo stesso tempo invita “a ripensare l’edilizia carceraria, prevedendo spazi idonei soprattutto per le attività utili alla rieducazione e riabilitazione del detenuto”. Insomma, un investimento sulle strutture.

Il punto è che, anche quando si prova a intervenire, si va incontro a telenovele all’italiana. Lo sintetizza bene il caso di Brescia, appunto. Nel 2014, l’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, decise di stanziare 15 milioni per costruire un nuovo padiglione nel carcere di Verziano. Una scelta dettata dalla consapevolezza che l’altra casa circondariale, il Canton Mombello, fosse inadeguata, prima di tutto presenta un pesante quadro di sovraffollamento pari al 202%. E, come se non bastasse, ci sono problemi strutturali: il carcere è stato progettato alla fine dell’Ottocento e inaugurato nel 1914, peraltro in un’area centrale di Brescia. L’obiettivo sarebbe quello di dismetterlo in via definitiva, visto che qualsiasi progetto di ristrutturazione diventa impensabile su un edificio datato. Per questo motivo si è pensato al potenziamento di Verziano, che ha una capienza massima di 71 persone, mentre oggi al suo interno ci sono 88 detenuti. Il risultato è un tasso di affollamento del 132%. Ecco, quindi, che Orlando aveva previsto un finanziamento di 15 milioni e 500mila euro. Una somma che dal 2014 è ferma.

Spiega il deputato del Partito democratico, Alfredo Bazoli: “Unitamente all’ampliamento della struttura carceraria fino a 400 posti, gli interventi avrebbero dovuto riguardare anche la realizzazione di una nuova casermetta per gli agenti, e l'ampliamento dei servizi connessi al funzionamento della struttura, come nuove centrali tecnologiche, nuovi spazi per magistrati, pubblico, avvocati, organismi accreditati a svolgere attività interne”. Un obiettivo ampio. Perciò “nel 2016, il Dipartimento amministrazione penitenziaria ha inviato al Provveditorato opere pubbliche Lombardia la documentazione relativa alla nuova aggiornata distribuzione degli spazi”, si legge in un’interrogazione depositata alla Camera dal parlamentare dem. L’idea iniziale era di avviare i primi lavori già alla fine della scorsa legislatura, entro il 2017 e terminare l’intervento in un paio di anni. La storia è andata in maniera diversa e per questo Bazoli ha chiesto un chiarimento al governo in carica che ha ereditato la situazione.

Il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha dovuto ammettere: “Il quadro economico di spesa del progetto di fattibilità tecnico economica comporta una spesa complessiva di euro 54 milioni di euro, di cui euro 42 per lavori e 12 milioni per le somme a disposizione (spese tecniche, allacciamenti, imprevisti, ndr)”. Insomma, serve una cifra tre volte superiore ai 15 milioni previsti. “Il finanziamento non permette quindi la realizzazione dell'intera opera”, ha candidamente riferito Sisto. Perciò le risorse a disposizione saranno dirottate su lavori a strutture di “supporto funzionali e impiantistiche”, nell’attesa di un ipotetico nuovo stanziamento che non si scorge all’orizzonte. Una promessa, al momento indistinta, di poter attingere da qualche capitolo di spesa a disposizione. “Auspico che tutte le forze presenti in Parlamento convergano sull’impegno di reperire nuove risorse”, dice Bazoli a Fanpage.it. “Intanto – aggiunge – ci scontriamo con la burocrazia che non ha consentito in sette anni di spendere i fondi già stanziati. E resta il fatto che il carcere di Brescia continuerà a essere inadeguato”. Una perfetta sintesi della situazione in Italia.

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