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Cambia il governo non la sostanza: da 2 anni Italia non ha un piano contro la tratta di esseri umani

Il documento serve a individuare la strategia per garantire un miglioramento sui diritti umani, contrastando fenomeni gravi come prostituzione e caporalato. Il Ministero delle Pari opportunità ha garantito un impegno entro l’anno. Ma il Rapporto 2020 sulla tratta di esseri umani ha bocciato l’Italia, soprattutto in materia di Giustizia.
A cura di Stefano Iannaccone
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Un impegno scaduto da un anno e mezzo. Precipitato nel limbo tra il governo Conte e il Conte 2. Con il tema dei diritti umani rimasto appeso a un filo, nonostante le dichiarazioni di intenti. Finiti i brindisi sulla modifica ai decreti Sicurezza, dunque, nell'esecutivo resta ancora molto da fare sul capitolo diritti umani. C’è infatti un altro nodo da sciogliere: la stesura del Piano nazionale contro la tratta di esseri umani, scaduto nel 2018 e in attesa di rinnovo. Il problema riguarda vari settori, anche diversi tra di loro, dove possono verificarsi fenomeni di sfruttamento. Su tutti c’è il pericolo della prostituzione per le donne e del caporalato per gli uomini, con la stima di circa 150mila lavoratori a rischio di essere cooptati senza diritti nei campi. Ma non solo: altre migliaia di persone possono essere sfruttate nell’edilizia, nei lavori domestici, nell’industria alberghiera e nella ristorazione.

Il piano nazionale, negli anni scorsi, ha consentito la protezione a migliaia di persone, accolte in specifici programmi, vittime di sfruttamento di vario tipo. Il percorso è stato possibile grazie allo stanziamento di risorse. Dal 2015 al 2018, i fondi messi a disposizione per l'attuazione dei progetti di protezione delle vittime sono aumentati. Nel 2015 c’erano otto milioni di euro in cassa fino a raggiungere i 24 milioni di euro nel 2018. Stando ai dati riportati dal Rapporto 2020 sulla tratta di esseri umani, pubblicato sul sito dell’Ambasciata americana, sono 1.877 le vittime assistite dal Dipartimento delle Pari opportunità, in collaborazione con le Organizzazioni non governative. Gli studi hanno consentito di risalire alla provenienza delle persone: “Il 72 per cento delle vittime identificate nel 2019 è di nazionalità nigeriana, il 4 per cento di nazionalità rumena e il 3 per cento di nazionalità ivoriana. Tra le vittime assegnate ai programmi di assistenza, l’83 per cento è di sesso femminile, il 16 per cento di sesso maschile, l’1 per cento transgender e il 3 per cento è costituito da minori”, si legge nel Rapporto 2020 sulla tratta di esseri umani. La stragrande maggioranza dei casi riguarda quindi le donne.

Insomma, il piano nazionale è di grande rilievo per le politiche sui diritti umani. Inizialmente le responsabilità della mancanza sono state addossate all’esecutivo, ma dopo oltre un anno di esperienza giallorossa non è cambiato molto. Certo, la ministra delle Pari opportunità, Elena Bonetti, ha garantito alla Camera, in commissione Affari costituzionali, che entro fine anno sarà predisposto il piano. E nel frattempo il Ministero delle Pari opportunità, durante l’emergenza Covid-19, ha prorogato i progetti in corso fino alla fine del 2020 con un investimento di ulteriori 11 milioni di euro. In particolare l’attenzione è stata rivolta alle persone bisognose di protezione sociale.

Ma la mancanza è stata rilevata dal Rapporto 2020, rilanciato dagli Usa. “Il governo italiano non soddisfa i criteri minimi in diversi aspetti fondamentali. Le autorità hanno riportato un calo del numero di indagini, procedimenti giudiziari e condanne per il reato di tratta di esseri umani rispetto al periodo oggetto del precedente rapporto e non hanno fornito dati sulle pene comminate”, riferisce nel dossier. Nello specifico: “Il governo ha continuato a non avere un piano d’azione nazionale e non ha applicato in modo coerente il meccanismo nazionale per l’identificazione e l’assegnazione delle vittime ai servizi di assistenza”. Per questo la deputata del Partito democratico, Susanna Cenni, ha sollevato il caso a Montecitorio, depositando un’interrogazione. L’esponente dem ha sottolineato come “il mancato contrasto del piano di azione della tratta rappresenti un vulnus che lascia le vittime del tutto da sole, in balia dei trafficanti di esseri umani anche una volta sbarcati nel nostro Paese”. Il problema, secondo quanto scritto nell’atto depositato da Cenni, è che così “vengono meno le quattro direttrici del piano (prevention, prosecution, protection, partnership) e viene meno anche la cooperazione investigativa e giudiziaria internazionale con gli altri Paesi europei e Paesi di origine”.

Ma qual è l’obiettivo del piano? Il Dipartimento delle Pari opportunità spiega che è progettato sulle cinque priorità individuate dalla strategia dell’Unione europea: dall’individuazione, protezione e assistenza delle vittime di tratta fino all’intensificazione della prevenzione della tratta di esseri umani. E ancora il piano prevede il potenziamento l’azione penale nei confronti dei trafficanti e il coordinamento tra i principali soggetti interessati e la coerenza delle politiche. Infine c’è l’intento di accrescere la conoscenza delle problematiche emergenti, relative a tutte le forme di tratta di esseri umani e dare una risposta efficace.

Il Rapporto 2020 punta il dito proprio sul meccanismo della Giustizia italiana: “Non esiste una banca dati pubblica unica che raccolga le statistiche sulle indagini, i procedimenti giudiziari, le sentenze di condanna e le pene comminate ai trafficanti di persone o alle loro vittime, una carenza sottolineata dal Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani (Greta)”. L’iter diventa così farraginoso, secondo il dossier: “I procedimenti giudiziari relativi alla tratta di esseri umani sono gestiti da reparti specializzati dell’antimafia, composti da magistrati inquirenti e polizia giudiziaria. Ogni volta che gli investigatori trovano chiare evidenze di tratta di esseri umani, trasferiscono il caso a un reparto antimafia, che riavvia l’indagine, allungando in questo modo i tempi per l’istruttoria e il processo”.

Non ci sono gli strumenti necessari. La dem Cenni sostiene che con la mancata realizzazione del piano sia “stato di fatto bloccato lo sviluppo di un sistema di strumenti efficaci in grado di rispondere alle esigenze del lavoro di rete e di contatto con i sistemi che si occupano delle altre vulnerabilità, nel panorama delle politiche in materia di immigrazione”. Tuttavia, la deputata del Pd ha manifestato ottimismo sulle prospettive indicate da Bonetti: “Il precedente governo nel 2018 non aveva rinnovato il piano di azione nazionale. Mi auguro che l’attuale esecutivo stanzi risorse adeguate e strumenti efficaci per realizzate progetti ed iniziative utili a prevenire e contrastare la tratta di esseri umani”.

Il Dipartimento delle Pari opportunità ha fornito in tal senso rassicurazioni: ha assunto l’impegno per l’adozione del piano entro la fine dell’anno. Nel dettaglio Bonetti ha spiegato i passaggi formali, evidenziando che “il 2 marzo 2020 la Cabina di regia sulla tratta degli esseri umani si è riunita con una nuova composizione e ha formalmente dato avvio al processo di predisposizione del nuovo Piano”. Inoltre “a supporto della Cabina di regia, ha operato il Comitato tecnico, composto da esponenti dalle Amministrazioni centrali e locali, delle Forze dell’Ordine, degli enti del terzo settore impegnati nel contrasto alla tratta di esseri umani e delle organizzazioni sindacali”. Qualcosa si muove, dunque. Ma non ancora da ottenere la promozione internazionale. Per cui serve un piano strutturato.

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