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Accordi Italia-Libia, a un incontro del 2017 con gli 007 italiani c’era anche il boss libico Bija

Un’inchiesta esclusiva di ‘Avvenire’ mostra come nella trattativa Italia-Libia aperta nel 2017 per fermate i flussi migratori verso il nostro Paese i funzionari del governo italiano abbiano trattato anche con un pericoloso criminale, che già l’Onu aveva indicato come un boss mafioso libico, e trafficante di esseri umani.
A cura di Annalisa Cangemi
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Uno scoop di ‘Avvenire' mostra come, nel 2017, ci sia stato un incontro tra le autorità italiane e i libici per trovare un accordo sulle partenze dei migranti, al quale ha preso parte anche un noto trafficante di esseri umani, Abd al-Rahman al-Milad, conosciuto come Bija, entrato indisturbato nel Cara di Mineo, in Sicilia. L'incontro è avvenuto l'11 maggio 2017, in un momento in cui l'Italia – Minniti era il ministro degli Interni – stava discutendo con la Libia per arrivare a un accordo con il quale bloccare il flusso dei migranti verso il nostro Paese. ‘Avvenire' ha pubblicato le foto della trattativa segreta, e nelle immagini, ottenute da una fonte ufficiale, si vede chiaramente Bija, seduto al tavolo.

Alla riunione, come spiega il quotidiano, c'erano "Anche delegati nordafricani di alcune agenzie umanitarie internazionali, probabilmente ignare di trovarsi seduti a fianco di un signore della guerra dedito alle violazioni dei diritti umani". Anche all'epoca della trattativa il nome di Bija era famoso, e i dei suoi crimini si era occupata anche la stampa internazionale. Ma in quell'occasione venne presentato come ‘uno dei comandanti della Guardia costiera della Libia: "Sembra impossibile che le autorità italiane non sapessero chi era l’uomo seduto al tavolo dello strano convegno. Diversi mesi prima del suo arrivo in Italia, era finito nel mirino di una raffica di inchieste giornalistiche", scrive Nello Scavo.

Il 14 febbraio 2017 The Times aveva pubblicato un video in cui si vede un uomo in divisa mimetica picchiare selvaggiamente un gruppo di migranti su un gommone. Ripreso di spalle, il miliziano appare con una menomazione alla mano destra, che fa pensare a quella di Bija, che durante i combattimenti contro Gheddafi del 2011 aveva perso alcune dita. Il 20 febbraio la giornalista italiana Nancy Porsia ha pubblicato un reportage in inglese per Trt World, proseguendo un'inchiesta apparsa già il 6 gennaio in italiano su ‘TPI', in cui racconta che "Bija lavora sotto la protezione di Al Qasseb, nom de guerre di Mohamed Khushlaf, che è a capo del dipartimento di sicurezza della raffineria di Zawiyah. Supportato da suo cugino e avvocato Walid Khushlaf, Al Qasseb esercita il controllo totale sulla raffineria e sul porto di Zawiyah. I cugini Khushlaf fanno parte della potente tribù Abu Hamyra, così come Al Bija". E altri articoli che parlavano del pericoloso trafficante furono pubblicati su ‘Il Messaggero', ‘Il Mattino', ‘la Repubblica' e ‘l’Espresso'. E ancora nel 2016, ‘Panorama' e ‘Il Giornale' indicarono Abdou Rahman come uomo chiave del traffico di esseri umani. Di lui scrissero anche Francesca Mannocchi per l’Espresso, Sergio Scandura per Radio Radicale e altre testate estere.

Ma sono le stesse Nazioni Unite a scrivere in un rapporto che Bija è un boss a capo di una vera e propria cupola criminale, attiva nell’area di Zawyah, in Libia. Lo riconosce persino un migrante ospite della struttura, che commenta allarmato: "Mafia Libia, mafia Libia".

Come ha spiegato la fonte, durante l'incontro Bija ascolta e prende appunti, e poi rivolge ai funzionari italiani alcune domande: "Quanto vi paga il governo italiano per ospitare ogni migrante qui? Quanto costa annualmente il Cara di Mineo?". I libici presenti spiegano che ‘modello Mineo', dal cui centro sono passati in questi anni oltre 30mila migranti, può essere trasferito anche in Libia, e che l'Italia potrebbe finanziare la costruzione di strutture simili per migranti in tutto il Paese. Di lì a poco sarebbe iniziata la campagna contro le ong e l'Italia e l'Europa iniziano a collaborare per la realizzazione di campi di raccolta in Libia.

Dopo l'inchiesta del quotidiano Riccardo Magi, deputato di +Europa su Facebook annuncia "un'interpellanza urgente per conoscere la composizione della delegazione italiana, gli obiettivi dell'incontro e quali contatti intrattengano le autorità italiane con con questo noto boss della mafia libica condannato dall'Onu. A fronte di queste clamorose rivelazioni – sottolinea Magi – è ancora più urgente istituire una commissione di inchiesta sugli accordi Italia-Libia, come ho chiesto attraverso una proposta di legge depositata lo scorso febbraio".

Dopo lo scoop di ‘Avvenire' interviene anche Matteo Orfini (Pd): "Ricordate quando tutti accusavano le ong di trattare coi trafficanti libici? Non solo non era vero, ma un'inchiesta di Nello Scavo oggi dimostra che a farlo davvero erano i servizi italiani. Una vergogna che rende ancora più urgente l'istituzione di una commissione d'inchiesta". 

"La straordinaria inchiesta di Nello Scavo pubblicata oggi sul quotidiano Avvenire rivela uno scenario tanto clamoroso quanto grave. La collaborazione che emerge tra il nostro governo e uno dei peggiori esponenti di quella criminalità libica che in questi anni è alla testa di una organizzazione dedita tanto al traffico di esseri umani che alla loro cattura, responsabile di torture e violenze indicibili, è assolutamente scandalosa", dice Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu . "Ciò che abbiamo sempre denunciato rispetto alla cosiddetta ‘guardia costiera libica' si conferma ancora una volta. E si conferma la necessità di chiudere la pagina vergognosa degli accordi con la Libia, in particolare in tema di politiche migratorie e di sostegno alla cosiddetta "guardia costiera libica. Per questo oltre a presentare nelle prossime ore ogni strumento di indagine parlamentare per chiedere al governo di fare luce sui fatti riportati nell'inchiesta di Avvenire, torniamo a porre la necessità, a questo punto non rinviabile, di istituire una Commissione di Inchiesta Parlamentare su tutte le vicende che circondano questa vergognosa pagina della nostra storia recente".

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