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Perché Matteo Salvini ha cambiato idea su Ramy: il merito non è di Di Maio ma dei dati sul web

Ramy è stato il granello che ha inceppato la macchina quasi perfetta della propaganda salviniana. L’elemento imprevedibile che la “Bestia” non è in grado di leggere. Ramy è l’imponderabile che ha mostrato i limiti politici di Matteo Salvini.
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Matteo Salvini ha cambiato per l'ennesima volta la sua posizione sulla cittadinanza a Ramy. Luigi Di Maio si è prontamente intestato il merito di quest'ennesima giravolta del suo collega vicepresidente: "Merito mio". In realtà, come già successo per il caso Mahmood, il ministro degli interni ha basato le sue giravolte sui dati della rete: l'analisi strutturata del cosiddetto sentiment (ovvero l'orientamento degli italiani in rete sull'argomento) che gli ha restituito un paese completamente dalla parte di Ramy. Non è un caso che durante l'incontro al Viminale abbia sottolineato che si è convinto da solo di dare la cittadinanza al ragazzo.

I partiti vecchi e i politici del XX secolo, non capendoci molto, lo chiamerebbero "sondaggio". Il sentiment è, in realtà, l'analisi delle conversazioni presenti in rete al fine di restituire un quadro "semantico" del sentore degli italiani su un determinato tema. Per quanto possa sembrare risibile la differenza rispetto ai sondaggi, "l'ascolto" (che in gergo tecnico viene definito ‘social listening' – ascolto dei social) consente di poter raffinare molto meglio dati ma soprattutto di conoscere le parole più usate nelle conversazioni. È il ribaltamento della prospettiva: mentre i sondaggi proponevano delle risposte all'utente, qui è il "social-sondaggista" a raccogliere le risposte che gli elettori hanno già espresso sul web senza che nessuno abbia chiesto loro nulla. In altri termini l'Italia che il sondaggista-classico aveva in mente e per la quale proponeva un set di domande/risposte potrebbe (per eccesso) non esistere o essere molto diversa.

L'innovazione della cosiddetta "Bestia" di Matteo Salvini è tutta qui. Il Ministro degli Interni non vive dei novecenteschi sondaggi berlusconiani ma su una macchina ben piantata nel XXI secolo che inizia però a mostrare qualche crepa. Se da una parte il "Capitano" si muove all'interno di una cornice narrativa sempre identica ("Prima gli italiani"/"Stranieri solo se regolari") dall'altro nulla può contro la realtà e l'emotività delle persone (la stessa emotività che ha più volte cavalcato) che, dinanzi a un ragazzo come Ramy (nato e cresciuto in Italia che vuole diventare carabiniere), non si spiegano perché non sia e non possa diventare cittadino italiano. La "Bestia" si infrange contro il suo stesso limite: la complessità di tenere insieme l'ideologia (che è per sua natura analogica) e la realtà, che è digitale.

Il software si è bloccato dinanzi l'assenza di un'intelligenza predittiva che aiuti Salvini a leggere le conseguenze della sua azione politica. A oggi lo strumento che permette a Matteo Salvini di avere un vantaggio concorrenziale rispetto ai suoi avversari è anche il suo più grande limite. Non sa, non intuisce, al di fuori del perimetro esistente, dove andare. La "Bestia" è il punto di forza del Ministro degli Interni ma anche le colonne d'Ercole oltre le quali esiste l'oceano dove solo i veri uomini di stato sanno navigare. Quelli che hanno una direzione, un'idea di nazione che va oltre l'immanente e l'esistente, che immaginano le trasformazioni del paese attraverso l'azione politica: che indicano una rotta che nessuno conosce ma che esiste.

La "Bestia" sta riducendo il politico Salvini all'esecutore Salvini, un contenitore vuoto che si riempie degli istinti delle persone. È successo anche con Ramy: Salvini ha provato a fare il politico e tracciare una sua rotta ma poi ha deciso di fare un passo indietro quando ha visto che gli elettori andavano in un'altra direzione. Ramy è il granello che rompe l'ingranaggio, l'imponderabile che la "Bestia" non riesce a prevedere ma solo a leggere.

Ramy ha dimostrato che Matteo Salvini non è un "capitano" ma solo il mozzo di una nave che si muove seguendo venti mutevoli come gli istinti delle persone.

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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