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Perché la scelta della Raggi di non candidarsi è coerente (e funzionerà)

Virginia Raggi annuncia di non ricandidarsi a Roma per rispettare la regola dei due mandati del M5S. E anche se la regola è forse addirittura dannosa per la qualità della classe dirigente alla fine è uno spot che porterà i suoi frutti.
A cura di Giulio Cavalli
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Trovo personalmente una regola senza senso il limite di due mandati del Movimento 5 Stelle (e in generale per tutti i partiti politici): se qualcuno è capace e bravo nel proprio ruolo politico (e quanto ne abbiamo bisogno, di gente preparata e illuminata) limitarne l’apporto a due soli mandati è uno spreco. Però il Movimento 5 Stelle ha questa regola, scelta loro, e la sta facendo rispettare.

Per questo le parole di Virginia Raggi, che ha annunciato oggi che non si ricandiderà avendo esaurito i due mandati a disposizione (la Raggi è stata consigliere comunale quando sindaco di Roma fu Ignazio Marino), sono chiare, nette e funzioneranno in termini di consensi, indipendentemente dal giudizio politico che ognuno ha sulla gestione della capitale da parte della sindaca grillina: in tempo di eccezioni, arrampicamenti sugli specchi e di un generale spirito di autopreservazione da parte della classe di politica l’uscita di Virginia Raggi risuona come qualcosa di alieno.

Capiamoci: non è eroica la Raggi nel rispettare le regole così come non è eroico da parte di Di Battista non ricandidarsi nonostante il suo largo consenso ma l’idea che dei rappresentati politici non guardino con terrore il loro futuro nel caso in cui perdano il proprio posto è un esplosione di empatia. È vero, il Movimento 5 tele è  molto giovane e ha tutto il tempo di imparare come “sistemare” i propri rappresentanti esauriti i propri mandati (e il sindaco di Pomezia Fabio Fucci ha raccontato nei giorni scorsi di avere ricevuto offerti di “incarichi di nomina ben pagati) ma per ora, in nome della sua giovinezza, i 5 Stelle possono contare (ancora per poco, visto che siamo sulla soglia della prova dei fatti) su un’apparente “diversità” che funziona perfettamente nella velocità della propaganda social fatta tutta a botte di social e di tweet.

La riproposizione continua dei soliti noti è senza dubbio uno dei motori del cosiddetto sdegno “populista” di questi ultimi anni: lo sa bene Renzi che sulla “rottamazione” ha costruito tutto il suo slancio iniziale, lo sa bene Grillo (ovvio) ma lo sa bene anche Salvini (che sulla proiezione dell’essere il “nuovo” a destra, definendo quindi un “vecchio”, ha costruito la propria elezione a segretario della Lega) e lo sa bene la Meloni che infatti da mesi parla di “vecchie ricette” da sostituire.

La regola dei due mandati, insomma, è una pessima norma per la “qualità” dei propri dirigenti ma è un intelligentissimo spot che non ha bisogno nemmeno di essere spiegato. “Semplici cittadini prestati alla politica”, diceva Grillo agli inizi del suo movimento politico e da fuori, per ora, funziona.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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