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Operation Payback: gli hacker attaccano i traditori di Wikileaks

E’ PayPal una delle vittime designate del massiccio attacco hacker che si sta sviluppando in queste ore. Un’operazione di rappresaglia, tesa a punire tutti i colpevoli…
A cura di Anna Coluccino
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E' PayPal una delle vittime designate del massiccio attacco hacker che si sta sviluppando in queste ore. Un'operazione di rappresaglia, tesa a punire tutti i colpevoli di tradimento ai danni di Wikileaks, vale a dire tutte quelle realtà (come Amazon) che in seguito alle pressioni del governo USA hanno preso posizione contro il sito di Assange ritirando il supporto logistico alla causa. Una scelta del tutto anti-commerciale che dimostra il potere di ingerenza che gli USA hanno sulle aziende private che operano sul loro territorio, e non solo.

Ad aver ritirato il suo supporto, infatti, c'è anche la banca che aveva deciso di ospitare il conto di Wikileaks in Svizzera, e in queste ultime ore si è unita al coro dei "traditori" anche Mastercard. Ed è anche contro di loro che gli hacker della Operation Payback hanno deciso di rivolgere gli attacchi. Il sito della banca Svizzera, colpevole di aver congelato i fondi di Wikileaks con la scusa che Assange avrebbe mentito sul suo luogo di residenza, è stato messo in ginocchio.

I guerriglieri a capo di questa operazione sono collegati al collettivo Anonymous, un gruppo di hacker che persegue obiettivi politici, ed hanno dichiarato di voler organizzare una contro-propaganda che ha come obiettivo quello di pianificare attacchi DDoS contro tutti i colpevoli della censura praticata ai danni dei documenti diffusi da Wikileaks.  Come nel più classico degli scenari, gli attacchi vengono portati avanti tramite una botnet di computer zombie, ma dal loro blog gli hacker fanno sapere che non ci saranno danni per i computer coinvolti in questa "operazione di difesa".

Tra le altre cose, il gruppo ha pubblicato una dichiarazione del titolo "Operation Avenge Assange" (operazione vendicare Assange) chiedendo a chiunque sia disposto a difendere la libertà e la democrazia di unirsi al gruppo per perpetuare gli attacchi o, più semplicemente, per aiutare il sito di Wikileaks a rimanere online attraverso l'implementazione di mirror sites. Al momento, si contano più di 350 "siti specchio" che consentono l'accesso ai documenti Wikileaks nonostante il sito ufficiale sia down da quasi 48 ore.

Per gli hacker di Operation Payback, ad aver tradito non sono solo le aziende che hanno negato il supporto logistico ad Assange, ma anche quei loro "colleghi" che si sono venduti al governo USA e alle grandi compagnie informatiche e che ora dirigono attacchi contro Wikileaks.

Sebbene con termini diversi dall'attacco informatico, anche molti intellettuali statunitensi, oggi, hanno espresso la loro vicinanza politica e umana a Julian Assange, chiedendo al governo australiano di difenderlo e di vigilare su di lui affinché sia al sicuro, e invitando il premier Julia Gillard a dichiarare pubblicamente che intende tutelare la libertà di comunicazione e tutti gli altri diritti inviolabili di Assange. I firmatari della missiva sono tra le menti più stimate e illuminate dei USA, Noam Chomsky in testa.

Per conoscere, nello specifico, il contenuto della lettera e l'elenco di tutti i suoi sottoscrittori, vi rimandiamo al sito della abc australiana.

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