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Omicidio Lorys, ecco perché Veronica Panarello è stata condannata a 30 anni

La donna condannata per aver ucciso il figlio, secondo il giudice ha avuto “una condotta deplorevole, reiteratamente menzognera, calunniosa e manipolatrice”. La definizione coniata per lei dal Riesame di ‘lucidissima assassina’ “appare benevola” perché “è stata lei da sola” ad avere commesso “senza pietà e pentimento il più ‘innaturale’ dei crimini”. Queste le motivazioni che hanno portato alla condanna di Veronica Panarello.
A cura di Biagio Chiariello
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"E’ stata lei da sola" ad avere commesso "senza pietà e pentimento il più ‘innaturale’ dei crimini". Ha inoltre avuto "una condotta deplorevole, reiteratamente menzognera, calunniosa e manipolatrice". E’ solo una piccola parte delle 194 pagine relative alle motivazioni che hanno portato alla condanna a 30 anni di reclusione di Veronica Panarello per l'uccisione del figlio Lorys Stival, di 8 anni, a Santa Croce Camerina. "Il falso alibi fornito, le diverse versioni sui fatti, le plurime contraddizioni, i tentativi di accusare altre persone, la condotta processuale spregiudicata e calunniosa, ribadita in forma glaciale e senza tentennamenti anche davanti al giudice costituiscono comprova dell'inverosimiglianza di amnesie dissociative retrograde" scrive il gup Andrea Reale. Per quest’ultimo appare addirittura “benevola" la definizione coniata per lei dal Riesame di ‘lucidissima assassina‘.

Duro il commento del Gup anche riguardo il tentativo di coinvolgimento effettuato da Veronica ai danni di Andrea Stival, accusato di aver avuto una relazione extraconiugale con lei: nessun elemento, afferma il giudice, fa dubitare che la donna si trovasse sola in casa quando ha ucciso il bambino. E la chiamata in causa del nonno del piccolo viene definita "un espediente perfido e malvagio, capace di distruggere tutti gli ultimi baluardi affettivi della famiglia Stival, inoculando una dose ulteriormente letale di veleno dentro quel nucleo già profondamente colpito dall'assassinio efferato dei Loris".
Secondo il giudice Panarello soffrirebbe della cosiddetta ‘Sindrome di Medea' con la quale "colpisce anche il suocero, oltre che il marito ed il figlio, in una spirale di cieca distruzione della idea di famiglia e dei valori che la stessa incarna". Questa donna avrebbe trasferito nel bambino "le frustrazioni e l'odio patito nella sua famiglia di origine e ha riversato le incomprensioni avute con le proprie inconsistenti figure genitoriali". Insomma, il Gup parla di una spirale e di un "crescendo di inesorabile forza distruttiva, simbolo di oppressione e di morte, di distruzione di parte di sè, del proprio sangue, e, in conclusione, si se stessa e del suo ruolo di madre e di moglie".

Solo ieri lo stesso gup Reale ha confermato che Veronica Panarello dovrà restare in carcere, rigettando quindi l’istanza di ammissione ai domiciliari presentata dal difensore Francesco Villardita. Una richiesta dichiarata inammissibile per mancata notifica agli avvocati delle parti offese: dunque a Daniele Scrofani, legale di Davide Stival, padre del piccolo Lorys, e a Francesco Biazzo, legale del suocero Andrea Stival. La donna è accusata di aver strangolato il figlio con delle fascette il 29 novembre 2014 e di averne occultato il corpo. L’avvocato Francesco Villardita, “pur non condividendo la valutazione del Gip”, ha comunque deciso di “ripresentare l’istanza con notifica alle parti offese”.

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