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La vita bugiarda degli adulti, scontro sulla serie Netflix: “A Officina 99 non si spacciava droga”

Mario Calabrese, ex assessore di Napoli e docente universitario della Federico II a Fanpage.it: “Ho vissuto gli anni raccontati nella serie. Io li ricordo diversamente”
Intervista a Mario Calabrese
docente alla Federico II, ex assessore comunale a Napoli
A cura di Pierluigi Frattasi
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«La ‘Vita Bugiarda degli adulti' l'ho trovata eccessiva, carica, a tratti anche fastidiosa e falsa nel linguaggio e nella rappresentazione della città e delle dinamiche sociali e personali di quei tempi. Quando mai Officina 99 è stata una piazza di spaccio? Le Feste dell'Unità erano un luogo di dibattito culturale, non solo le bandiere rosse».

A parlare è Mario Calabrese, ex assessore della giunta guidata da Luigi De Magistris, docente ordinario di Costruzioni Marittime al dipartimento di ingegneria civile edile ed ambientale (DICEA) dell'Università Federico II di Napoli.

Calabrese ha pubblicato un commento sulla serie Netflix ambientata nella Napoli degli anni '90 sul suo profilo Facebook, che ha suscitato un ampio dibattito anche tra diversi intellettuali. L'ex rettore della Federico II ed assessore regionale, Guido Trombetti, ha condiviso il giudizio espresso. «Non sono un critico cinematografico né letterario – dice Calabrese a Fanpage.it – Ma ho vissuto quegli anni a Napoli e le mie riflessioni sono senza pretesa e personali»

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Ha conosciuto la Napoli di quel periodo?

Sì, ero 30enne a quell’epoca e vivevo qui. Non ho vissuto tutte le pieghe della storia raccontata nella serie ispirata a Elena Ferrante. Ma ricordo Officina e i 99 Posse, ricordo le feste dell’Unità. Il mio sguardo era quello di una famiglia borghese posillipina, impegnato civicamente. Ma chiaramente è una delle tante visioni.

Cosa non hai condiviso della serie?

Emerge una Napoli con colori forti, sciatta e animalesca come Valeria Golino, la sboccata zia Vittoria. È vero che questo è il tratto della Ferrante. Tratto che piace molto. Certamente letterariamente e cinematograficamente accattivante ma che a me napoletano, che peraltro ha vissuto quegli anni, appare falso, eccessivo, dà fastidio e mi allontana. C'è un racconto che non riconosco per la mia esperienza.

Quale?

Il centro sociale Officina 99 viene descritta quasi come una piazza di spaccio. Cosa che non era. Era piuttosto una fucina di fermenti culturali, che poi ha incubato diversi centri sociali che hanno avuto e hanno un ruolo importante nella storia della città. Ma non solo.

Che altro?

Le Feste dell’Unità non erano solo le bandiere rosse o gli slogan. Ma un luogo di dibattito e di confronto. E poi c'è un aspetto un po' più personale, che affonda nei miei ricordi di giovane borghese in quegli anni. Mi ha molto colpito in questo caso, come in tante altre serie, che gli uomini ne escano malissimo. Sono orrendi. I dialoghi e il modo di rapportarsi con le coetanee. Ma anche da parte di giovani più benestanti. Io non credo che fossero così brutali. Ho trovato un racconto un po’ squallido dei rapporti interpersonali.

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La serie si apre con l'immagine della montagna di sale di Mimmo Paladino in piazza del Plebiscito. Che ricordi ha della città in quegli anni?

Quella è un'immagine fantastica. Era il periodo di Bassolinismo, c'era un sentimento di rinascita della città. Si immaginava che la città potesse risorgere. C’era un fermento culturale, intellettuale, di impegno. Invece quello che esce fuori dalla serie è una visione di una città molto sciatta, superficiale e volgare che sinceramente mi è apparsa eccessiva.

Oggi non c'è più quel desiderio di rinascita?

Napoli è una grande metropoli, ci sono tante questioni aperte. La città ha sempre difficoltà. Può sembrare antipatico dirlo da ex assessore. Qualcuno potrebbe ribattere cosa hai fatto tu? Ma io credo che con Antonio Bassolino sindaco la città abbia vissuto il sogno di potersi e doversi risollevare. C'è stato poi un periodo di stanchezza. Con De Magistris si è rivissuto forse quel fermento dei primi anni Novanta. Ora speriamo che con la nuova giunta e le risorse del Pnrr si possa riprendere il cammino, per cambiare in meglio il volto della città.

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