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Morte di Natasha Chokobok, i parenti: “Il suo compagno la picchiava”

I familiari della donna, il cui corpo è stato trovato ieri nelle acque del fiume Adige, accusano il compagno di averla perseguitata fino allo sfinimento. La ventinovenne effettivamente l’aveva denunciato due volte, salvo poi ritirare le querele.
A cura di Davide Falcioni
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Natasha Chokobok, 28 anni (Facebook).
Natasha Chokobok, 28 anni (Facebook).

Come è morta Natasha Chokobok, la donna di 29 anni di Porto di Legnago, in provincia di Verona, scomparsa da casa il 9 aprile e trovata senza vita ieri mattina nelle acque del fiume Adige? E' la domanda alla quale stanno cercando di trovare una risposta gli inquirenti: il corpo di Natasha, madre di una bimba di sei anni, è stato trovato semi sommerso dall'acqua, dalla quale affioravano solo le gambe, con addosso gli stessi vestiti che aveva il giorno della sua scomparsa, ovvero jeans, scarpe da tennis e un giubbino nero. Da una prima ispezione sul cadavere non risultano segni di violenza, e ciò lascerebbe propendere per l'ipotesi di un suicidio o di un tragico incidente anche se la mamma della donna ha fin da subito puntato il sito contro il suo compagno Alin, un uomo romeno che – secondo quanto riferito dai parenti di Natasha – l'avrebbe portata all'esasperazione.

L'uomo, saldatore in una fabbrica del posto, aveva conosciuto Natasha sette anni fa: lei l'aveva denunciato due volte, salvo poi ritirare le querele. A quanto affermano i parenti della donna la picchiava spesso e la umiliava in continuazione, l'ultima volta proprio la sera della scomparsa della ventinovenne. Intervistati dal Corriere i familiari della donna spiegano:  "E' uno che stava con il manganello sotto il letto e ogni volta che andavamo a prendere lei all’ospedale le dicevamo di lasciarlo. Ma lei tornava sempre da lui".

Natasha e Alin avevano anche comprato una casa insieme recentemente e progettato una vacanza a Tenerife. Ma si sbaglia a pensare che siano stati una  coppia serena: "Natasha da qualche tempo stava male – dice l'uomo -. A gennaio aveva fatto una Tac al cervello e a giugno aveva prenotato una visita, sempre per qualcosa alla testa. Ma a me non voleva dire di cosa si trattasse". La donna però avrebbe confidato alla mamma le ragioni di quegli esami specialistici: "Qui ci sono le prove che Alin mi picchiava", avrebbe detto.

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