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Cosa potrebbe aver spinto la mamma a ustionare la figlia col deodorante secondo l’esperto

Non è ancora chiaro cosa possa aver spinto la madre di 27 anni a provocare bruciature alla figlia di appena 18 mesi: nelle ultime ore si è parlato molto della possibilità che la donna possa soffrire di disturbi psichici: “Ci sono però molte situazioni subdole che sono poche manifeste e che magari i pazienti nascondono molto bene queste condizioni di disagio perché la paura più grossa è che gli si tolga il bambino”, spiega a Fanpage.it lo psichiatra Massimo Clerici.
Intervista a Prof. Massimo Clerici
Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università degli studi di Milano Bicocca e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze della ASST di Monza.
A cura di Ilaria Quattrone
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Una donna di 27 anni è stata arrestata lo scorso 4 febbraio con l'accusa di maltrattamenti aggravati nei confronti della figlia di appena 18 mesi: secondo quanto ricostruito dalla Procura di Milano, la donna avrebbe causato lesioni e bruciature con uno spray alla piccola. I frequenti ricoveri della bambina e l'assenza di una diagnosi che giustificasse quelle ferite, hanno spinto i medici a fare ulteriori accertamenti.

Attraverso questi non sarebbe emersa alcuna "patologia naturale nota". Ulteriori approfondimenti svolti con un istituto di medicina legale avrebbero rilevato la presenza di alluminio nel sangue della piccola che sarebbero riconducibili proprio a un deodorante che sarebbe stato utilizzato dalla donna. Quest'ultima, proprio durante l'interrogatorio svolto oggi, ha rivelato che non "pensava di farle del male".

Agli atti, almeno per il momento, non ci sarebbero documenti che provino che la donna soffra di qualche patologia psichica. Questo elemento però non è escluso così come non si esclude che la difesa possa presentare richiesta di una perizia psichiatrica. In queste ultime ore è anche emerso che, la scelta della donna di procurare ferite alla piccola al solo fine di farle ricevere cure mediche, sarebbe riconducibile ai sintomi presenti nella sindrome di Munchhausen per procura.

"Premetto che è sempre difficile fare una valutazione di un disturbo mentale in assenza di un controllo e di una conoscenza della persona interessata del problema. È bene quindi specificare che stiamo quindi parlando in termini generali", spiega a Fanpage.it il professor Massimo Clerici, Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università degli studi di Milano Bicocca e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze della ASST di Monza.

Nelle ultime ore è stata avanzata l'ipotesi che quanto fatto dalla ragazza sia riconducibile alla sindrome di Munchhausen. È possibile? 

Sulla base delle informazioni che lei mi sta riportando, si possono elaborare diverse ipotesi. La prima, che è anche la più semplice, visto che lei mi ha parlato di problemi insorti dopo due mesi dalla nascita, è sicuramente una situazione di disagio e sofferenza psichica legata alla fase post partum.

Noi abbiamo molti soggetti che manifestano disturbi psichiatrici legati alla fase del parto e che si chiamano peri parto. Si tratta di situazioni che si manifestano nella parte finale della gravidanza o in corso o subito dopo il parto o nel periodo successivo al parto e possono essere disturbi gravi.

L’ipotesi potrebbe essere che questa non curanza, questa disattenzione o questa presunta crudeltà nei confronti della bimba possa essere l'effetto di una condizione di disagio grave della madre legata alla gravidanza o al parto che in genere chiamiamo depressione post partum o psicosi post partum.

Per quanto riguarda la sindrome a cui ha fatto riferimento posso dirle prima di tutto che è piuttosto rara e che non si chiama più così. Prima si chiamava di Munchhausen perché faceva riferimento alla storia del barone di Munchhausen, che raccontava frottole a tutti.

Adesso in Psichiatria è conosciuta con il nome di disturbo fittizio che si caratterizza per due tipi di andamento: uno è il disturbo fittizio provocato a se stessi e l’altro provocato ad altri o altrimenti detto per procura. È una falsificazione sostanzialmente di sintomi fisici o psicologici fino ad arrivare addirittura all’induzione di infortuni o malattie in un altro individuo che viene fatto per inganno. È un disturbo mentale fa parte dei disturbi da sintomi somatici.

È un disturbo per il quale abbiamo pochi dati, sono soprattutto quelli americani, perché è molto raro. I pazienti che arrivano in ospedali per problematiche di questo tipo è intorno all'1 per cento della popolazione: è un numero decisamente basso di questo disturbo.

La terza ipotesi di lavoro potrebbe essere un disturbo della personalità che sono molto comuni. Buona parte non arriva all'osservazione degli psichiatri se non per ragioni medico-legali. Le persone affette da un disturbo della personalità (bordelaine, anti-sociali, istrionici) hanno un disturbo che comportano problematiche a livello relazione e quindi nell'ambiente o nel contesto in cui la persona è collocata.

Queste persone o fanno male a se stessi (pensiamo a chi mette in atto comportamenti autolesivi) o mettono in atto comportamenti che danneggiano gli altri e magari le persone che sono a loro vicine. Quello che voglio far capire è che i problemi sono molto complessi e le diagnosi che si possono fare, in un caso come questo, sono più di una.

È ovvio che bisognerà ricostruire, e lo farà il magistrato con l'aiuto del perito, se questa persona soffra di patologie psichiatriche e se queste possono aver comportato un danno per altri. Le cause potenziali però possono essere queste tre elencate.

C'è modo di poter prevenire una depressione post partum o patologie simili? 

Se è vero che in passato era stata seguita da uno psicologo, bisognerà capire per quale motivo la seguiva. All'ospedale San Gerardo, dove lavoro io come direttore di dipartimento di salute mentale, mettiamo a disposizione le nostre competenze per la ginecologia ostetricia in modo tale da offrire la consulenza ai colleghi che ne hanno bisogno e aiutarli a capire se ci sono situazioni che possono evolvere durante la gravidanza o dopo il parto in situazioni di disagio importante.

Ogni ospedale dovrebbe avere un servizi di consulenza psicologica o comunque avere un servizio di psichiatria che mette a disposizione i propri psichiatri per ogni necessità di valutazione. Poi come sempre ci sono molto casi che sfuggono perché non si segnalano sintomi né segni di alcun tipo. È chiaro che la mamma che sta male, che ha una psicosi post partum, che ha allucinazioni e deliri e sta male, è evidente a tutti.

Ci sono però molte situazioni subdole che sono poche manifeste e che magari i pazienti nascondono molto bene queste condizioni di disagio perché la paura più grossa è che gli si tolga il bambino.

Con queste situazioni di disagio si più convivere e soprattutto si può convivere con i propri figli?

È una domanda molto complessa che non può essere generalizzata. È evidente che ci sono delle condizioni per cui la capacità genitoriale non può essere, per un periodo anche abbastanza lungo, portata avanti perché la persona, in quel momento, potrebbe avere sintomi troppo gravi per potersi prendere cura del figlio. Sono casi gravi di depressione post partum o di psicosi post partum.

Se curati bene possono riacquisire la loro capacità, in quanto i sintomi vengono spenti. Abbiamo ottimi farmaci, abbiamo possibilità di dare supporto psicologico. Una persona che viene presa in carico da un servizio pubblico seriamente può essere messa in condizione di recuperare molto bene.

Poi ci sono condizioni più subdole e sotterranee che sono difficili da diagnosticare e in questi casi si possono somministrare test grazie ai quali si possono capire sia la gravità dei sintomi che le capacità di recupero delle persone attraverso una terapia. Non possiamo comunque dare una risposta univoca per tutti. Ci sono casi gravissimi che si possono spegnere in pochissime settimane con una buona terapia farmacologica così come ci sono situazioni più mascherate che rendono difficile intervenire con immediatezza.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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