Alessandro Brunello, scrittore che si è trasferito a Taranto: “Milano impone ritmi folli, tutti corrono come matti”

Alessandro Brunello, milanese doc, classe 1976, è l’autore del libro Cambio vita, vado al Sud. Si è infatti trasferito a Taranto. Nel suo dna ci sono i geni del milanese perfetto. Un giorno ha sentito un click nella sua testa e ha deciso di mollare tutto. Si è trasferito in Puglia, ha stravolto la sua vita e ha trovato qualcosa a cui non era più abituato: la felicità.
Alessandro, andiamo per gradi: ma il tuo rapporto con Milano, per tantissimi anni, di che tipo è stato?
Io ho avuto e ho ancora un rapporto meraviglioso con Milano. Nasco e cresco nella periferia milanese, vivo prima al Gallaratese e successivamente a Baranzate. Per me Milano è sempre stato il posto dove realizzarsi, trovare le novità, esprimersi
velocemente, spendersi insomma. Milano è una città che cambia molto: quattro anni fa non era quella di oggi. Certamente è stata una città che mi ha portato, a volte con il mio consenso, a volte forzandomi un po', a un ritmo accelerato, con la fatica di tenere il passo.
Il nord e Milano aprono le porte a tutti i sogni di un uomo, tu stesso lo hai ammesso. Allora perché hai deciso di mollare tutto e di trasferirti al sud?
Ho deciso di mollare tutto, di mollare Milano e di venire a vivere in Puglia, dove ci sono altri ritmi, perché ero arrivato a un punto della mia vita in cui trovavo una città (Milano) profondamente cambiata, non solo nello skyline ma anche in quelli
che erano i rapporti. Io mi ero formato nella Milano del laboratorio Scaldasole, del Caravanserraglio, con amici fraterni, se non parenti: da Folco Orselli a Gianluca De Angelis, nel '90.
Avevamo creato qualcosa dal ritmo molto umano, che derivava anche da quello che i grandi del cabaret e della musica avevano fatto prima di noi. Tutto ciò, oggi, è rimasto a macchia di leopardo. È cambiato il modo della città di divertirsi, di raccontarsi. È diventata Milano, un posto dove lavorare e basta. Al sud, invece, trovi degli spazi più ampi, all’interno e all’esterno di te.
Il lavoro non viene visto come valore assoluto, come a Milano. I rapporti con le persone risentono dei rapporti che uno ha con se stesso. Se trovi tempo per te stesso, trovi tempo e pazienza per i rapporti con le persone. La pazienza è un qualcosa che ti regali oltre a regalarla agli altri. Tocchi con mano la saggezza.
Qui, al sud, c’è più tempo per i rapporti interpersonali, c’è più gusto in questo. In un centro più piccolo, diventa poi più facile scambiarsi impressioni diverse.
Il problema pare essere quello dell’aria che respiri e del posto in cui vivi, non solo di quello che fai. È così?
Sicuramente sì. Diciamo che, come non si può non essere d'accordo con ciò che diceva Tagore: "Cerchi gioia negli altri e non sai che nasce nel tuo cuore?". Abbiamo visto però che il fattore ambientale ha tantissimo a che fare con tutto e quindi anche con la felicità. Qui, di pomeriggio, le attività commerciali si fermano, dall’una alle cinque. A Milano è impensabile.
Il tuo passato è fatto di comico, autore televisivo e radiofonico, di regista e produttore esecutivo. Due volte direttore marketing di multinazionali. Poi, per farla breve, diventi il pioniere del "crowdfunding". In tutto ciò, Milano che ruolo ha giocato?
Milano, in tutto questo, ha giocato un ruolo fondamentale. Ma non sono l’unico che si è realizzato e ha scoperto chi era a Milano. Questa è la bellezza di Milano e rimarrà sempre. Le devo tantissimo e vi torno spesso. Devo dire però, che altrettanto
volentieri ritorno a Taranto. D’altronde, a ogni età, corrisponde un'epoca. A vent'anni non avrei potuto fare quello che ho fatto. Se fossi nato qua, a vent’anni sarei venuto a Milano. Invece, vicino ai cinquanta, faccio il contrario.
Che cosa hai amato e odiato di più, di Milano? Che cosa ami di più e che cosa non ti va giù (se c’è) del sud e di Taranto?
Di Milano ho amato l’efficienza che ha questa città e che hanno i milanesi. Milano poi è una città poco giudicante dove è facile sentirsi liberi. Quello che odio, anche se odio è una parola davvero grossa, è che t'impone ritmi pazzeschi. Oggi, quando sono a
Milano, mi sembra che tutti corrano come matti, tutto il giorno. Il capoluogo lombardo è la città dei sogni, però nella vita non sempre i sogni si realizzano e a Milano tu ci devi stare e continuare a vivere.
Ti guardi indietro e dici: "Ma io che vita ho fatto?". Questo ritmo pazzesco, al Sud, è un ricordo. Poi c’è la natura. Sai, per il solo fatto che c’è il mare, l’orizzonte sterminato. Di Taranto, odio acciaieria e raffineria, anche se siamo ormai arrivati, credo, vicini alla chiusura. Questi due mostri hanno portato solo disastri. È stato un mangiare pane avvelenato.
Certamente, Taranto, rispetto a Milano, ha meno consapevolezza di quella che è la sua forza o di quello che potrebbe essere. Per questo, le persone sono influenzate negativamente da quello che è stato nel passato. Ma anche questo sta cambiando.
Tu in questo libro, e non solo, insegni non tanto a diventare "terroni", quanto a trovare il "terrone" che si nasconde in ciascuno di noi. È davvero così?
Sì. Questo libro è scritto un po' in maniera comica. Trovare il terrone che c’è in noi, vuol dire vedere che siamo un po' meno importanti di quello che pensiamo di essere. È il caso di prenderci un po' meno sul serio. Milano, al contrario, è una città che ti prende troppo sul serio. Noi pensiamo che tutto quello che facciamo, è importantissimo. In realtà, non lo è per gli altri, quasi mai.
Dovremmo quindi ritenere per noi meno importanti, le cose che facciamo. Non è fatalismo o non aver voglia di spingere, di creare, di produrre. Occorre essere meno autocentrati. A ricordare che abbiamo lavorato nei weekend e sino alle nove di sera, tutti i giorni, non saranno né i clienti né i datori di lavoro, ma solo i nostri figli.
Non esistono regole per la felicità. Quindi…
Quindi, tante volte, ci accorgiamo dopo di quando siamo stati felici. La felicità è più una sensazione, quando immagini che non ci potrà essere più l’infelicità. Allora vedi una bella strada lineare, soleggiata, tra i campi e pensi ai passi che stai facendo. La felicità, per l’uomo, è molto collegata alla scoperta: sia alla scoperta di se stessi, sia di quello che c’è fuori. Se ci sono paesaggi preziosi e naturali, sia dentro che fuori, è più facile essere felici.
Andrea Delogu ha scritto: "Dopo che avrai chiuso questo libro, non vorrai fare altro che crogiolarti al sole, ritrovare il tempo per te stesso e riappropriarti di tutti quei piaceri che ti stavi negando". Possiamo anche definirlo un libro terapeutico?
È un libro che a volte è finito nelle categorie "psicologia", "autoaiuto" e "filosofia". È un libro che ha tanti capitoli scherzosi, ma ne ha tanti altri di aspetto quasi antropologico. Ci sono domande e risposte per tante cose che ho visto vicino a me. Il senso è che spesso le persone si accorgono troppo tardi che possono ritagliarsi spazi di felicità, non se li concedono. Oppure aspettano che arrivi la pensione per pensare a fare certe cose. Ecco, non è detto che si debba aspettare, per poterle realizzare.
Infine, un tuo saluto particolare al Sud che ti ha accolto tra le sue braccia e un altro a Milano, che ti ha avuto per tanti anni come abitante…
Il saluto al Sud è dire che sono stato colpito dall'apertura e dall'accoglienza, come fossi un animale esotico e strano, con tanta curiosità e tanta fortuna. La Puglia mi ha dato immediatamente grande credito, sotto tanti punti di vista. Ho tanta riconoscenza e tanta affinità. Evidentemente sono stato sempre un terrone. Alla mia Milano, che devo dire? Io sono nato e cresciuto a Milano. Le voglio bene. È una fucina, anche se la mia Milano della poesia è un po’ sparita e ha lasciato il posto all’economia e alla finanza.
Però, quello che posso dire io, parafrasando il mio amico Gianluca De Rubertis, cantautore, che in un'intervista, parlando di me e della mia scelta, sapendo che avevo lavorato nella finanza, ha detto: "Tra la borsa e la vita, ha scelto la vita".