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Opinioni

Manovra, solo un primo passo nella giusta direzione

La manovra del governo Monti pare un primo e timido passo e però finalmente nella giusta direzione. Si poteva fare di più e meglio? Sì, ma erano 17 anni che non si faceva nulla.
A cura di Luca Spoldi
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Camera - informativa del Governo su manovra finanziaria

Qual è il problema di fondo dell’economia italiana, che ha reso palesemente non sostenibile un indebitamento al 120% del Pil e ha innervosito gli investitori al punto da far toccare tassi del 7% e più ai nostri titoli di stato? La mancanza di una crescita sia su base storica (sono 15 anni che di autentica crescita non c’è traccia nel Belpaese) sia su base prospettica (almeno a breve e medio periodo, se non si cambierà rotta). In questo senso la manovra varata dal governo Monti, che peraltro dovrà ricevere il via libera da quello stesso Parlamento che è stato incapace in questi ultimi tre anni (esattamente come le assise che lo hanno preceduto nei precedenti 11 anni) di varare una qualsivoglia riforma della spesa, del fisco e pertanto un qualsivoglia provvedimento realmente in grado di favorire la crescita di lungo periodo, appare agli occhi di molti commentatori ampiamente insufficiente, un passo troppo timido nella giusta direzione.

E però è un passo sia pure troppo timido nella giusta direzione (e i mercati subito lo colgono, con la curva dei tassi italiani che si riporta quasi interamente sotto il 6% di rendimento, guadagnando un punto netto rispetto ai livelli visti ancora venerdì), non solo e non tanto per gli specifici provvedimenti, quanto perché sembra scorgersi la volontà (che mi ero augurato potesse emergere) di non sacrificare ancora una volta le prospettive future per cercare sempre più difficili tutele di rendite e “diritti” passati e perché anziché aumentare ancora una volta il prelievo sui redditi da lavoro o da impresa sposta la tassazione da questi alle rendite mobiliari (Ici) e immobiliari (bollo sui depositi esteso anche a fondi comuni e gestioni patrimoniali), salvando peraltro alcuni strumenti (fondi pensione e fondi sanitari) a cui gli italiani dovranno abituarsi a fare sempre più affidamento per garantirsi individualmente o collettivamente il proprio futuro tenore di vita.

Certo molto resta da fare, sul fronte dei tagli alle spese: sui costi della politica Mario Monti dà un esempio importante rinunciando al compenso da premier ma non tagliano i compensi ai politici a livello centrale e locale; sulle pensioni d’anzianità si comincia un’opera di “manutenzione” che probabilmente andrà avanti nel tempo (classe politica, ossia società “civile” permettendo) e soprattutto si fa capire agli italiani chiaramente che non esistono “numeri magici” o formule “intoccabili”. Promettere pasti gratis equivale a prendere in giro 60 milioni di italiani (ma evidentemente ha finora pagato elettoralmente, a destra come a sinistra), avvisarli per tempo che occorrerà essere sempre più coscienti del problema e semmai chiedere strumenti efficienti (che passano in primis per una maggiore trasparenza e concorrenza nel settore bancario, ulteriore test cui saranno chiamati il governo in carica e quelli che seguiranno negli anni) per tutelare questa esigenza, così come accade da decenni all’estero, può essere meno “pagante” nel breve ma è opera meritoria nel medio-lungo periodo.

Sul fronte delle misure a favore della crescita ci sono per ora piccoli segnali, il principale essendo la deducibilità dell’Irap sul costo del lavoro ai fini Ires, che consentirà alle aziende di dedurre dall’Ires e dall’Irpef la quota di Irap relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato. Una misura che dovrebbe favorire il mercato del lavoro e “regolarizzare” migliaia di precari favorendo in particolare donne e giovani, finora tra i più penalizzati dalle attuali norme sul mercato del lavoro. Ci sono misure per liberalizzare la vendita di farmaci di fascia C (quelli da banco), ma si rinviano (si spera davvero “di poche settimane”) misure per sopprimere gli ordini professionali che dunque ancora una volta riescono nella loro azione di lobbying; si segnala la la disponibilità a sbloccare investimenti per infrastrutture, ma si deve ancora solo sperare che tra queste vi siano quelle realmente significative per il rilancio dell’economia italiana, come la fibra ottica; si annuncia il rifinanziamento dei fondi di garanzia delle Pmi ed è una buona notizia purchè il rifinanziamento sia congruo.

Molti accusano in generale una mancanza di “cambio di passo”, che possa favorire un vero rilancio dell’economia: ma qui occorre notare come i commentatori siano ancora tra loro divisi tra chi crede che sia possibile e doveroso per lo stato promuovere politiche “virtuose” per la crescita e chi invece ritiene che sia in gran parte fatica sprecata e sarebbe meglio concentrarsi unicamente sull’alleggerimento del carico fiscale delle imprese e dei lavoratori, così da arrivare a uno stato “leggero” in grado di garantire una serie minima di prestazioni che è meglio non siano affidate al privato (come la Difesa) o non siano solo affidate al privato (come l’Istruzione e la Sanità), oltre a fare da “agevolatore” di investimenti strategici in infrastrutture da far realizzare a consorzi pubblico-privati attraverso l’utilizzo del project financing.

Insomma, la sensazione che ho ricavato dai provvedimenti emersi (e sempre in attesa della loro ratifica parlamentare oltre che degli ulteriori provvedimenti preannunciati “a seguire”) è che non si potesse fare molto di più al momento e che come si dice a Napoli debba “passare la nottata” prima di vedere misure più incisive su questo fronte che resta peraltro quello su cui si dovrà misurare la capacità del governo di Mario Monti di offrire finalmente quelle misure rigorose ed eque in grado di rilanciare la crescita.

Guardando poi appena oltre i confini patri resta da verificare la capacità delle autorità europee, ossia della Germania principalmente, di passare dalle parole ai fatti e trovare una soluzione credibile (e sostenibile ed equa) alla crisi del debito sovrano europeo, ciascun paese volendo certamente sostenere i propri interessi al di là della retorica europeista, ma forse finalmente avendo tutti capito che “mal comune” non è fonte di alcun gaudio a questo punto e che solo unendo le forze Eurolandia potrà conquistare quel primato economico (e si spera culturale e politico) a cui sulla carta può aspirare ma che certamente non è visto di buon occhio né da Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti, né dai paesi emergenti (Russia, India, Brasile e Cina in prima fila), i quali pure sanno che farà comodo a tutti che l’Europa riesca a superare questa fase di difficoltà, ciascuno però sperando in cuor suo che gli Europei non si rafforzino troppo. Il mondo per molti resta ancora un grande gioco a somma zero, in cui i guadagni di alcuni sono temporanei e solo a danno di qualcuno altro, per dimostrare che non è così e che è possibile che sia un gioco a somma maggiore di zero in cui la cooperazione internazionale può garantire a tutti un maggior benessere occorreranno anni. Ma forse anche in questo senso la crisi odierna offre delle opportunità che se saranno colte potrebbero avvicinarci maggiormente a questo traguardo. Non è molto forse, ma per ora è difficile chiedere (e soprattutto ottenere) di più.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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