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Le Presidenziali Francesi in quattro ritratti: François Hollande e la riscossa dei socialisti

Tutti i sondaggi lo danno per vincente e – cosa forse più rilevante – lo fanno anche i bookmakers. François Hollande sembra in grado di riportare il partito socialista al potere dopo diciassette anni, ma – al ballottaggio – potrebbe risultargli indispensabile il contributo del Fronte della Sinistra. Inoltre, con Hollande al potere, le relazioni tra Francia ed Europa potrebbero mutare non poco.
A cura di Anna Coluccino
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Fran?ois Hollande lors de son premier meeting de campagne pour les primaires socialistes ? la pr?sidentielle de 2012, au th??tre Rutebeuf.  |

Diciamolo subito: François Hollande non è dotato di quel trascinante carisma che ci si aspetta di trovare nei candidati a cariche così importanti come quella di Presidente della Repubblica di Francia. Si tratta di un uomo dall'aspetto mite, dai modi rassicuranti e i toni moderati che – però – ha saputo pronunciare attacchi sferzanti e durissimi, sia nei confronti degli sfidanti "minori" – Melénchon e Le Pen – che riguardo il suo principale contendente Nicolas Sarkozy, cui Hollande si riferisce esclusivamente con l'appellativo "presidente uscente". Tra lui e Sarkozy, infatti, c'è qualcosa in più di un semplice confronto politico. Appena cinque anni fa, Sarkò umiliò la candidata socialista Ségolène Royal – ex compagna di Hollande e madre dei suoi quattro figli – e ora sembra arrivato il tempo della riscossa. D'altronde, considerato il crollo di consensi che ha investito Sarkò, bastava davvero poco per superare in gradimento l'attuale presidente e – attualmente – i sondaggi raccontano di un divario tra Nicolas e François che va dai due ai cinque punti percentuali. Eppure, per quanto possa sembrare curioso, non è Sarkozy la spina nel fianco di Hollande. O, almeno, non è la principale preoccupazione del Partito Socialista in queste ultime, decisive ore.

Così come Nicolas ha dovuto spostare a destra la sua campagna per far fronte all'emorragia di voti verso il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, François ha dovuto scendere a patti con il successo crescente riscosso dall'ex compagno di partito Jean-Luc Melénchon e dal Fronte della Sinistra, virando la campagna elettorale su toni decisamente più radicali. Hollande, infatti, si è esposto non poco per poter competere con Melénchon, con l'uomo che forse più di tutti ha sorpreso per la capacità di influenzare i contenuti e i tratti di questa campagna elettorale. Hollande ha dovuto rincorrere le posizione del Fronde di Sinistra, arrivando a condividere con esso buona parte del programma: ripristino dei 60 anni quale soglia dell'età pensionabile, ritiro dalla guerra in Afghanistan, tassazione dei redditi più alti, imposizione di un limite al guadagno di manager e alti funzionari e – soprattutto – messa in discussione dei dictat europei, blocco del fiscal compact (che obbliga a prevedere il pareggio di bilancio all'interno della costituzione nazionale) e proposta di creazione dell'eurobond, per molti uno strumento necessario se si intende fermare la speculazione sui titoli di stato nel mercato secondario.

Ma il programma di Hollande non si chiude qui, promette infatti di cancellare la contestatissima Legge Hadopi (il cui spirito censorio è stato segnalato anche da diversi osservatori ONU), di promuovere l'uguaglianza tra uomo e donna, la lotta alla disoccupazione, l'aumento del numero di abitazioni, il matrimonio e l'adozione per ogni genere di coppia e – naturalmente – di aumentare la sicurezza. Le posizioni – insomma – sono piuttosto chiare. E anche se permane qualche zona d'ombra rispetto all'atteggiamento che sarà lecito aspettarsi da un'ipotetica Francia hollandiana nei confronti dell'Unione Europea, i francesi – oggi – sembrano essere piuttosto inclini all'idea di assegnare al socialista il comando dell'Eliseo. Dopo diciassette anni dall'ultima elezione di un rappresentante del Partito Socialista, forse toccherà ad Hollande sfatare il mito secondo cui i francesi sarebbero un popolo sostanzialmente destrorso.

C'è da dire che sono in molti a credere che l'ipotetica vittoria di Hollande dipenda principalmente dalla rovinosa politica di Sarkozy e dalla poca chiarezza del presidente uscente riguardo il futuro della Francia in Europa; tanti gli elettori di fede conservatrice che, non volendo affidare il proprio voto alla destra nazionalista di Le Pen, ritengono Hollande la scelta migliore per il paese. Fino a qualche tempo fa, l'idea di candidare Hollande sembrava del tutto improbabile. Nel 2007 gli fu preferita l'ex compagna Royale e anche per queste elezioni avrebbe dovuto esserci Martine Aubry al suo posto. Sono state le primarie del partito a incoronarlo quale sfidante e – da allora – la sua fortuna non ha smesso di crescere. A lungo si è sempre visto nel candidato socialista nulla più che un grigio burocrate, incapace di entusiasmare il popolo, troppo vincolato alle logiche di partito – è stato segretario del PS per oltre dieci anni – e non sembrava possibile che il volto bonario di Hollande potesse far presa su un popolo naturalmente incline al fascino della potenza, del vigore.

In François Hollande il vigore non è una caratteristica innata, ha dovuto imparare a interpretarlo, ma non è facile trasformarsi da diligente funzionario a condottiero nello spazio di poche settimane e, in verità, la mutazione non è avvenuta. Cinquantotto anni, laureato in scienze politiche e in giurisprudenza, Hollande entra nel Partito Socialista a venticinque anni e a quarantatré – nel 1997 – ne diventa il segretario. A parte la carica di sindaco di Tulle, Hollande ha ricoperto – fin dal 1988 – la carica di deputato per il dipartimento di Corrèze e – nel 2010 – ha rifiutato l'incarico di primo presidente della Corte dei Conti offertogli direttamente da Sarkozy. Ciononostante, fino ad oggi, nessuno avrebbe mai pensato a lui quale futuro leader della Francia. Gli oltre quattrocento sondaggi realizzati finora continuano ad assegnargli la vittoria di questo primo turno, ma il margine su Sarkozy non è di quelli che non lasciano scampo, anzi. Hollande lo sa e, per questo, da diversi giorni continua a ribattere l'importanza del "voto utile", espressione in voga da anni che sottolinea la supposta necessità di non disperdere le forze votando candidati senza speranza e di concentrare le preferenze su di un unico nome. L'obiettivo del candidato socialista è quello di offrire a Melénchon il minor margine d'azione possibile. Sa bene che, al ballottaggio, non potrà fare a meno dei voti del Fronte di Sinistra, ma una cosa è avere a che fare con un alleato che porta in dote  l'8% dei consensi, altra cosa è rapportarsi a una forza politica che contribuisce all'elezione del presidente con una percentuale che potrebbe arrivare oltre  il 14%. A quel punto, Hollande non potrebbe fare a meno di spostate ancor più a sinistra la sua politica, cosa che per un riformista moderato rappresenta una forzatura non da poco. Inoltre, dovrebbe garantire ai neo-comunisti qualche ruolo chiave all'interno del governo e lo eviterebbe volentieri.

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