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Le bufale sull’immigrazione che dovresti smettere di condividere

“Ci stanno invadendo”, “sono finti profughi”, fino all’evergreen “ci rubano il lavoro”: sono commenti frequenti, e convinzioni talvolta dure a morire nonostante vengano confutate e smentite da studi e rapporti. Abbiamo raccolto le più diffuse.
A cura di Claudia Torrisi
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Nonostante i report, i dossier e i dati periodicamente prodotti per fare chiarezza sull'immigrazione in Italia, ci sono alcune credenze diffuse dure a morire. Complici le strumentalizzazioni di alcune parti politiche, è più che frequente imbattersi in commenti come "ci stanno invadendo", "sono finti profughi", fino all'evergreen "ci rubano il lavoro". Sono convinzioni che si radicano velocemente – ma non è altrettanto semplice rimuoverle – e non sono innocue, anzi. L'ultimo caso in cui il circolare di pregiudizi e commenti "cattivisti" ha prodotto tangibili risultati è stato durante la vicenda di Gorino, in provincia di Ferrara, dove alcuni residenti hanno alzato vere e proprie barricate per impedire l'arrivo in un ostello del paese di dodici donne e otto bambini richiedenti asilo, nella convinzione di subire un'ingiustizia e, soprattutto, un'invasione.

"Stanno negli alberghi a 5 stelle, mentre i terremotati vivono in tenda"

In seguito al terremoto che ha recentemente devastato il Centro Italia, lasciando migliaia di persone senza casa, la storia degli immigrati negli alberghi di lusso a scapito dei nostri connazionali è tornata a circolare. L'idea che i migranti stiano in hotel con piscine e tutti i comfort – e spesso se ne lamentino pure – è però totalmente sbagliata. Innanzitutto, non si tratta di un "trattamento di favore" che viene fatto a chi sbarca sulle nostre coste: questo tipo di ospitalità rientra nel sistema dei Cas – centri per l'accoglienza straordinaria, che si attiva in situazioni di carenza di posti. Sostanzialmente i prefetti si rivolgono a strutture ricettive disponibili a ospitare richiedenti asilo, firmano una convenzione con i gestori che li impegna a prestare accoglienza dietro un compenso giornaliero di circa 30 euro. Molto spesso gli alberghi accettano, specialmente se si tratta di bassa stagione. Tra l'altro, la maggior parte delle volte non si parla di strutture extra lusso, né di condizioni chissà quanto agevolate – anzi; e spesso neanche di hotel ma di centri riadattati o vecchi casolari. Infine, l'accoglienza non è neanche una pratica scontata: secondo un rapporto di Medici senza frontiere, molte persone dopo aver presentato domanda d'asilo vengono abbandonate a loro stesse, allontanate dal sistema. Altre evitano proprio di entrarci, scoraggiate dalla mancanza di prospettive e finiscono in baraccopoli e insediamenti informali ai margini delle nostre città. Una situazione che riguarda almeno 10 mila rifugiati e richiedenti asilo in Italia.

"Aiutiamoli a casa loro"

La frase è ricorrente: ne fanno un grandissimo uso in primis Salvini, Meloni e buona parte della destra, ma talvolta anche altre fazioni non ne hanno disdegnato l'utilizzo. Partiamo da un presupposto: esistono già dei programmi della comunità internazionale volti ad aiutare le popolazioni dei paesi più poveri del mondo. Anche l'Italia ha un capitolo di spesa dedicato alla cooperazione – seppur decisamente esiguo e diminuito recentemente. Il punto è che questi programmi non sono sufficienti. Anche perché, spesso, parliamo di paesi con una profonda instabilità politica: ciò significa che un intervento in questa direzione comporterebbe misure a lungo termine, che incidano su governi, traffici illeciti di armi, diamanti, materie prime. Secondo la Fondazione Leone Moressa, la proposta "aiutiamoli a casa loro" pur essendo "teoricamente valida almeno nel lungo periodo" si scontra con "la difficoltà di convincere politica ed opinione pubblica alla necessità di stanziare fondi per lo sviluppo di paesi terzi, togliendo inevitabilmente risorse pubbliche alle urgenze locali": una ricerca di Eurobarometro sulla cooperazione allo sviluppo, l’80% degli italiani ritiene importante sostenere le popolazioni di questi paesi, ma solo il 55% si dice favorevole ad aumentare gli aiuti. Tra l'altro, da un confronto fatto dalla Fondazione Moressa tra "la quota di aiuti pubblici allo sviluppo con le rimesse inviate in patria dagli immigrati (dati I semestre 2015), si può notare come lo sforzo di quest’ultimi sia molto più alto rispetto a quello dello Stato". Insomma, il modo in cui viene usato il proposito "aiutiamoli a casa loro" somiglia più a "teniamoli a casa loro" che altro.

"Mica scappano tutti dalla guerra"

È vero, non tutti scappano da bombe e distruzione. Ci sono quelli che fuggono da regimi dittatoriali, da violenze quotidiane, da povertà estrema e condizioni di vita insopportabili. Chi ha diritto ad essere tutelato e accolto? In realtà non esiste un solo tipo di protezione internazionale: oltre allo status di rifugiato – dato a chi ha "giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche" – esiste anche una protezione sussidiaria, accordata a chi in caso di rimpatrio sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenza o per situazioni di violazioni massicce dei diritti umani, e quella umanitaria. Quest'ultima viene concessa a chi non rientra nelle altre categorie ma viene comunque considerato soggetto a rischio per gravi motivi di carattere umanitario. Secondo Medici Senza Frontiere, comunque, "la distinzione tra rifugiati e migranti economici è una semplificazione. I motivi che spingono le persone a fuggire dai propri Paesi sono diversi e spesso correlati tra loro: guerre (Siria, Iraq, Nigeria, Afghanistan, Sud Sudan, Yemen, Somalia), instabilità politica e militare (Mali), regimi oppressivi (Eritrea, Gambia), violenze (lago Chad), povertà estrema (Senegal, Costa d'Avorio, Tunisia)".

"Arrivano donne e bambini, ma dietro di loro ci sono orde di uomini"

Uno degli argomenti utilizzati dagli abitanti di Gorino per giustificare il fatto che non volessero ospitare i migranti è stato proprio questo: le donne non sono altro che l'inizio, un lascia passare sicuro per orde di maschi violenti e pericolosi. "Dietro a quelle donne ci sono i loro uomini. Noi qui passiamo intere giornate senza i nostri mariti in casa e con quello che si sente dire in giro abbiamo paura", si lamentavano le residenti di Gorino. In realtà, se da un lato è vero che la maggioranza dei migranti che arrivano in Europa sono giovani e uomini – per una questione prettamente fisica: riescono ad affrontare meglio i durissimi viaggi in mare – dall'altro il numero di famiglie sbarcate negli ultimi tempi è in costante aumento. Secondo i dati di Unhcr nel 2015 su circa un milione di persone sbarcate in Grecia, Italia o Spagna il 17% sono donne – talvolta vittime di tratta – il 25% bambini, spesso giunti da soli. Nei primi otto mesi di quest'anno sono giunti in Italia attraverso il Mediterraneo oltre 16.800 minori non accompagnati, che rappresentano oggi il 15% di tutti gli arrivi via mare – mentre costituivano l’8% nel 2015. Chi arriva, tra l'altro, ha superato viaggi bestiali, spesso torture, sevizie e incarcerazioni.

"Portano malattie contagiose, come la tbc e la scabbia"

Se il 2014 era stato l'anno dell'allarme tbc che arrivava sui barconi – lanciato dal blog di Beppe Grillo – il 2015 è stato quello dell'emergenza scabbia, mentre il 2016 quello delle ordinanze dei sindaci contro gli stranieri di alcune aree geografiche "a tutela della salute dei residenti". Praticamente ogni estate viene fuori la storia dei migranti che riporterebbero malattie oramai debellate in occidente. È una storia falsa, ma che fa sempre parecchia presa. Peccato che sia l'Organizzazione mondiale della sanità a smentirla, sostenendo che i problemi di salute di rifugiati e migranti "sono simili a quelli del resto della popolazione". Il rischio che vengano importate malattie esotiche, invece, "è estremamente basso" e, in quei pochi casi, "riguarda viaggiatori regolari, turisti oppure operatori sanitari, più che rifugiati o migranti". Di cosa si ammalano, allora, i migranti? Di "patologie dell’apparato cardiocircolatorio, mentale o legate allo stato di gravidanza, ma per lo più sono ferite dovute a incidenti". Anche se il numero di loro che è affetto da patologie gravi al momento dello sbarco è estremamente basso, e questo per un semplice motivo: un soggetto malato non riuscirebbe a reggere quel tipo di viaggi. Come ha spiegato Medici Senza Frontiere, tra l'altro, "è del tutto falso che, una volta sbarcate sulle coste italiane, le persone accedano al territorio nazionale senza alcun controllo sanitario. Il Ministero dell’Interno e il Ministero della Salute sono i garanti dell’attuazione di procedure di screening sanitario in tutte le fasi del transito in Italia (dallo sbarco all’ingresso nei centri di accoglienza)". Semmai sono "le difficoltà in cui si trovano i migranti nei mesi successivi all’arrivo in Italia" a minare "il loro stato di salute esponendoli a malattie legate al degrado, alla povertà e all’esclusione".

"Ci rubano il lavoro, già ce n'è poco per noi italiani"

Nonostante sia stata smentita da numerosi studi e ricerche, questa è una delle convinzioni più dure a morire. I dati del ministero del Lavoro mostrano come gli immigrati presenti in Italia svolgano per lo più mansioni poco qualificate: la quasi totalità svolge un lavoro dipendente e più del 70% ha la qualifica di operaio. Solo lo 0,9% è dirigente o quadro, a differenza dell'8% degli italiani. La domanda del sistema economico per quanto riguarda gli stranieri "è pressoché schiacciata su professionalità low skills", con salari molto bassi che costringono molti a portare avanti due lavori – con una percentuale maggiore (2,2%) rispetto agli italiani (1,2%). Nel 2014 l'Istat ha rilevato che l'80% percento dei lavoratori extracomunitari guadagna meno di 1200 euro al mese, il 40% guadagna meno di 800 euro; con un confronto per le diverse classi di retribuzione fra lavoratori extracomunitari, comunitari e italiani che è impietoso. Oltre al fatto che spesso gli immigrati sono impiegati in settori e mansioni non più svolti dagli italiani – molte volte, peraltro, sfruttati, costretti a condizioni di lavoro inumane e vittime di caporalato -, il dato messo in mostra da diversi dossier è che la presenza straniera fa bene all'economia italiana. Un report della Fondazione Moressa ha mostrato che i lavoratori immigrati portano quasi 11 miliardi di contribuiti previdenziali pagati ogni anno, 6,8 miliardi di Irpef versata ( l’8,7% del totale contribuenti) e 550 mila imprese che producono annualmente 96 miliardi di valore aggiunto. L'analisi rileva come gli stranieri producano 127 miliardi di ricchezza – una cifra pari all’8,8% del valore aggiunto nazionale, paragonabile al fatturato di una grande azienda.

"Facciamo sbarcare i terroristi dell'Isis"

Tra i migranti che arrivano sui barconi ci sono anche terroristi pronti a colpire? L'Italia sta diventando una porta d'ingresso facile per l'Isis? Da dove arrivi questa certezza più volte paventata da diverse forze politiche non è dato saperlo. Secondo un rapporto di Europol, infatti, gli attori terroristici che hanno usato rotte migratorie sono "casi isolati" su oltre un milione di persone arrivate in Europa, anche se solitamente "gli appartenenti a gruppi terroristici o i foreign fighters di ritorno generalmente non si affidano ai servizi offerti dalle reti dei trafficanti di migranti". La relazione consegnata dall'antiterrorismo italiano al Parlamento sulla Politica dell'Informazione per la Sicurezza per il 2014 diceva che il rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare "è un'ipotesi plausibile in punto di analisi. Ma è un'ipotesi che, sulla base delle evidenze informative disponibili, non ha trovato sinora riscontro". Del resto, la maggior parte di coloro che hanno colpito negli attentati che si sono verificati in Europa era già presente sul territorio, nato e cresciuto in Beglio, in Francia, in Germania. Quel che è certo è che lasciar circolare l'idea che a sbarcare siano terroristi più che persone in fuga dal terrore è più dannoso che altro, perché alimenta paure e insicurezze suscettibili di strumentalizzazioni.

"Ci stanno invadendo, tra un po' ci saranno più immigrati che italiani"

Dell'invasione di migranti che non c'è mai stata in Italia si è parlato più e più volte. Ciononostante questa parola continua a essere usata. Un paio di dati potrebbero dissipare ulteriori dubbi – se mai ce ne fossero. Nell'Unione europea su oltre 500 milioni di residenti nel 2015, gli immigrati costituivano solo il 7%, 35 milioni di persone. I migranti si trovano per il il 10% in Spagna, il 9% in Germania, l’8% nel Regno Unito e in Italia, il 7% in Francia. Tra l'altro, l'Unhcr ha più volte sottolineato che la maggior parte delle persone in fuga si dirige verso i paesi limitrofi al proprio (l’86%) e che i paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia (2,5 milioni), il Pakistan (1,6 milioni) e il Libano (1,1, milioni), con un'incidenza di 183 rifugiati ogni 1.000 abitanti. In Italia si trovano 118.000 rifugiati e 60.000 richiedenti asilo: con queste cifre il nostro paese è agli ultimi posti in Europa per incidenza dei rifugiati sulla popolazione totale.

"L'Italia sta diventando una repubblica islamica"

Siamo invasi dai musulmani? Non proprio, se si considera che in vent'anni la proporzione dei musulmani in Italia rispetto al totale degli stranieri è cambiata pochissimo. Un rapporto della Caritas nel 1993 ne contava circa 318 mila, un terzo su un totale di circa un milione di stranieri. Un'indagine di Idos del 2015, invece, mostra come la percentuale dei musulmani tra i credenti stranieri sia rimasta sostanzialmente sempre intorno al 30%. L'ultima rilevazione della fondazione Ismu, invece, lo dice chiaramente: non c'è nessuna invasione musulmana in Italia. La maggioranza degli immigrati residenti nel nostro Paese, infatti, è di religione cristiano ortodossa (poco più di 1,6 milioni) e i cristiani, compresi i cattolici, sono percentualmente quasi il doppio degli islamici – che sono un milione e 400mila. Come avevamo già spiegato, "è evidente come ci sia una disparità enorme fra ‘dati reali' e condizioni di vita percepite, che influenza opinioni e analisi. Del resto, andrebbe banalmente ricordato come, ad esempio, il nostro Paese sia interessato ‘in misura minore' dal presunto processo di ‘islamizzazione dell’Europa', nonostante il suo ruolo di porta di ingresso per un numero consistente di migranti provenienti da Paesi a forte presenza islamica".

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