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La legalizzazione della cannabis spaventa chi non conosce i dati e i risultati

Guardando ai dati e ai numeri di ciò che sta accadendo con le legalizzazioni americane si può vedere come stiano aumentando a dismisura i posti di lavoro, le entrate economiche e le tasse, mentre non aumentano né il consumo tra gli adolescenti, né gli incidenti stradali.
A cura di Mario Catania
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In questo mondo in cui si dice spesso che contano i fatti (non i fattoni!), quelli relativi alla tanto vituperata cannabis dovrebbero convincere anche gli scettici dei vantaggi a tutti i livelli di quell’operazione chiamata legalizzazione.

La verità nuda e cruda riguardo alla legalizzazione della cannabis è che innanzitutto crea lavoro, tanto che questo nuovo settore si sta affermando come il volano per la crescita occupazionale che non è paragonabile a nessun altro: in America è il settore che sta creando il maggior numero di posti di lavoro a tempo pieno. E non aumentano nemmeno i consumi da parte degli adolescenti o gli incidenti, come le campagne proibizionistiche hanno provato a far credere per anni.

Visto che è l’unico fenomeno in cui non vogliamo copiare gli americani, e non vogliamo guardare al Canada o all’Uruguay, che hanno legalizzato liberando risorse, creando lavoro e contrastando il narcotraffico, e nemmeno a Spagna, Portogallo e Paesi Bassi che, anche se non hanno legalizzato, mantengono un approccio più liberale al fenomeno oltre che economicamente più vantaggioso rispetto al nostro, guardiamo i numeri, i dati e i fatti, e vedremo che avremmo solo da guadagnarci e non solo economicamente.

Legalizzare significa creare lavoro

Secondo gli ultimi dati pubblicati dagli analisti di Whitney Economics e dalla rivista di settore Leafly, negli Stati Uniti ad oggi la legalizzazione della cannabis ha creato oltre 200mila posti di lavoro a tempo pieno – il doppio di quelli attualmente impiegati dal settore tessile e 4 volte tanto degli impiegati nell’industria del carbone – e 300mila considerando tutto l’indotto, dei quali 64mila solo nel 2018. Secondo i dati pubblicati sul Marijuana Business Factbook 2018, i posti di lavoro a tempo pieno dovrebbero crescere fino a 340mila nel 2022 con un aumento del 21% ogni anno. In confronto, l’intero settore sanitario americano dovrebbe crescere del 2% all’anno.
Varrebbe la pensa di pensarci, soprattutto in un paese come il nostro, in cui i livelli di disoccupazione giovanile restano al 30% e dove avremmo le condizioni climatiche perfette per poterla coltivare.

Introiti e tasse

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Nel 2016 secondo Tom Adams, il direttore di BDS Analytics, la marijuana legale ha generato circa 6,56 miliardi di dollari USA nelle vendite negli Stati Uniti. L’anno successivo la cifra è arrivata a quasi 9 miliardi di dollari, dei quali 1,7 miliardi di entrate fiscali e quindi tasse. Tutto questo prima che fosse effettiva la legalizzazione in California dal primo gennaio 2018, paese che punta da sola ad un fatturato annuo di 6/7 miliardi di dollari, più di tutto il Canada messo insieme, le cui stime raccontano di un mercato che varrà 5 miliardi di dollari nei prossimi 2 o 3 anni.
Soldi che rimpinguano le casse statali e che vengono utilizzati per scopi sociali come borse di studio e programmi abitativi per senzatetto, per il sistema sanitario e per programmi di sicurezza, prevenzione e informazione sulla cannabis stessa.

Consumo da parte degli adolescenti

I dati pubblicati dal Dipartimento di Stato per la Salute e i Servizi Sociali di Washington nel 2016, dopo 3 anni di legalizzazione, dicono che il consumo da parte degli adolescenti non solo non era aumentato, ma era calato, passando dal 20,81% al 18,35.
Stesso risultato a cui sono arrivati un gruppo di ricercatori che hanno pubblicatoi risultati su Jama Pediatrics a fine 2018: tra gli studenti di terza media il consumo di cannabis è diminuito dal 9,8% al 7,3% e tra quelli al primo anno delle superiori dal 19,8% al 17,8%.
Gli ultimi dati appena pubblicati dopo un sondaggio su 76mila ragazzi confermano il trend: tra i giovani dell’ottavo grado (corrispondente alla terza media) e il decimo (la seconda superiore) i consumi calano sensibilmente, mentre sono aumentati nei giovani lavoratori 18enni.

Incidenti automobilistici

Uno studio scientifico realizzato in America nel 2015 dalla National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) spiegava che:  “Una volta che i dati sono stati aggiustati per le variabili confondenti, il consumo di cannabis non era associato ad una maggiore probabilità di causare un incidente”.
I dati arrivati nel 2018 dal Nevada, che aveva legalizzato l’anno prima, dicono che gli incidenti automobilistici, dopo la legalizzazione, erano diminuiti del 10%.
Poi c’è stato uno studio tedesco curato da ricercatori di diversi istituti è che è stato pubblicato sull’International Journal of Legal Medicine. 15 persone che assumono abitualmente cannabis sono state scelte per effettuare dei test su un simulatore di guida, dopo aver fumato un massimo di 3 joint contenenti 300 μg di THC per ogni chilogrammo di peso corporeo. Nei risultati i ricercatori scrivono che gli errori alla guida sono aumentati dopo il consumo, anche se non è stata rilevata alcuna correlazione diretta con le concentrazioni di THC, e che già a 3 ore dall’assunzione, “non è stato rilevato alcun aumento significativo di errori alla guida”.
In Michigan invece una commissione nominata dall’ex governatore Rick Snyder ha studiato per 2 anni gli effetti della cannabis alla guida. Alla conclusione dello studio ha raccomandato che lo stato non imponga limiti al THC che può essere presente nei corpi dei conducenti, perché la correlazione con gli errori alla guida è molto scarsa. Secondo la commissione infatti, anche se la cannabis può avere degli effetti sugli automobilisti, il livello di THC non è un elemento affidabile, e ha proposto come soluzione quello di effettuare test sui conducenti mirati a verificare l’idoneità alla guida, prima di concludere che chi fuma cannabis, “probabilmente non è così pericoloso come chi assume alcol”.

Intanto il trend internazionale continua: in Svizzera, dopo uno studio curato dall’Università di Berna che ha rivelato che nel paese ci siano 2/300mila consumatori su una popolazione di 8,5 milioni di persone, il Consiglio federale ha rilasciato una nota annunciando una sperimentazione di modelli alternativi in diversi cantoni. In Israele invece, dove è legale la cannabis medica e dove vengono investiti milioni di dollari per studi scientifici e ricerca, la cannabis era diventata un argomento elettorale in vista delle elezioni che sono state vinte di nuovo da Netanyahu. Era stato proprio il capo del Likud a dire che, se fosse stato rieletto, avrebbe preso in considerazione la legalizzazione della cannabis.

Come abbiamo visto la cannabis legale, oltre a garantire un prodotto controllato con un accesso più difficile per i minorenni, crea posti di lavoro, soldi e tasse, senza far aumentare i consumi negli adolescenti, che anzi vengono informati di più, e nemmeno gli incidenti stradali. Chi ci perde davvero sono le multinazionali del farmaco, dell’alcol e del tabacco che in America si sono rivelate tra i più grandi oppositori della legalizzazione, prima di cercare di entrare nel mercato una volta che è diventato legale.

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