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Game of Spid, cosa sta succedendo alle nostre identità digitali e cosa potrebbe cambiare

Il Sottosegretario Alessio Butti ha incontrato AssoCertificatori, l’associazione che raccoglie tutti i fornitori di Spid che lavorano per supportare l’identità digitale. Da settimana prossima partiranno una serie di riunioni con una commissioni di esperti per capire il futuro dell’identità digitale in Italia.
A cura di Valerio Berra
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Nel gennaio del 2020 il numero di identità digitali erogate in Italia era 5.685.148. Poi è arrivata la pandemia, i bonus, i superbonus, la digitalizzazione della pubblica amministrazione e il numero di identità digitali è esploso. Ora quelle erogate in tutto il Paese sono arrivate a 33.875.652, ci sono 11 fornitori diversi con cui si può aprire e gestire un’identità digitale.

La maggior parte di questi fornitori è riunita in un’associazione di categoria che si chiama AssoCertificatori. Fino a ieri era conosciuta  soprattutto dai tecnici, ma poi il suo nome ha cominciato a rimbalzare sulle pagine dei giornali dopo un incontro organizzato a Roma con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti. Il tema? Il futuro dello Spid, un futuro che in questi giorni è sembrato discretamente rarefatto.

Come si è trasformato il progetto iniziale

“Non abbiamo mai ricevuto così tante telefonate da giornalisti come in queste ore”, commentano da AssoCertificatori. Anche se il loro lavoro non è mai stato sotto l’attenzione del pubblico, le tensioni nate in questi giorni arrivano da lontano. Lo spiega a Fanpage.it Carmine Auletta, presidente di AssoCertificatori: “L’obiettivo iniziale di Spid era molto chiaro: creare un sistema di identità digitale che fosse gratuito per i cittadini privati e a pagamento per professionisti, banche, assicurazioni e attività commerciali”.

Il problema è che le cose, almeno dal lato degli utenti privati, hanno funzionato anche troppo bene: “La campagna per l’apertura di identità digitali è stata un successo. Non c’è nessun paragone in Europa”. L’accelerazione è stata imposta anche grazie alla ministra Paola Pisano che nel secondo governo guidato da Giuseppe Conte (2019-2021) ha reso obbligatorio lo Spid per le amministrazioni pubbliche. Con la pandemia gli accessi sono aumentati, anche se l’ingresso in questo sistema di professionisti, banche, assicurazioni pronti a pagare gli abbonamenti necessari per gestire tutto il flusso non è mai arrivato.

“Per noi la gestione di Spid è diventata un investimento in perdita”, racconta Carmine Auletta. “Avevano un sistema che davamo senza avere nessun utile in cambio. Anzi, per sostenerlo dovevamo pure pagare. Dopo anni così, in questi giorni siamo arrivati a un punto di rottura”. Un processo di perdita costante che si rafforza per ogni nuovo account. “Per come siamo messi adesso, per ogni attivazione noi perdiamo soldi”.

Le prossime mosse del governo di Giorgia Meloni

La crisi che ha portato negli ultimi giorni a dubitare del futuro dello Spid non parte dall’inizio del governo guidato da Giorgia Meloni. Certo, il silenzio sul programma di politica digitale che ormai dura da sei mesi non ha aiutato. “Siamo arrivati al punto di rottura quest’anno, ma il problema dura da più tempo. Dopo l’incontro con Butti però siamo più fiduciosi. A noi l’esito è sembrato positivo, anche se adesso verrà convocata una commissione di esperti per capire come muoversi”.

E intanto lo Spid? Ora bisogna aspettare settimana prossima, quando verrà convocato un nuovo incontro con una commissione di esperti “nominata presso il Dipartimento per la trasformazione digitale”. Butti ha commentato: “Dopo otto anni di richieste inascoltate da parte di AssoCertificatori e dei privati impegnati in Spid, questo è il primo governo con le idee molto chiare in materia di identità digitale, che apre al dialogo con i privati”. Quali siano esattamente queste idee, a partire dall’integrazione con la carta di identità elettronica, non è pero così chiaro.

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