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Il questore di Reggio Emilia: “Se nel 2005 ci fosse stato il taser Federico Aldrovandi sarebbe vivo”

Antonio Sbordone, questore di Reggio Emilia: “Aldrovandi, se ci fosse stato il taser, sarebbe ancora vivo. Per fermare un giovane alto un metro e 90 agitatissimo hanno dovuto usare anche i manganelli”. In realtà i quattro agenti che uccisero il 18enne si accanirono su di lui con una violenza impressionante e del tutto sproporzionata.
A cura di Davide Falcioni
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"Se nel 2005 ci fosse stato il taser Federico Aldrovandi sarebbe ancora vivo". E' l'opinione, destinata a far discutere, di Antonio Sbordone, questore di Reggio Emilia, già numero uno della polizia ferrarese, a proposito del giovane di Ferrara che tredici anni fa venne ucciso da un gruppo di agenti durante un controllo di polizia a poche decine di metri dalla sua abitazione, dove si stava recando dopo una serata trascorsa con gli amici. In un'intervista rilasciata al Resto del Carlino Sbordone ha dichiarato: "Io ho visto cosa è accaduto a Ferrara dopo il caso Aldrovandi, anche se non ero io il questore presente quell'anno. Questo ragazzo, se ci fosse stato il taser, sarebbe ancora vivo. Per fermare un giovane alto un metro e 90 agitatissimo hanno dovuto usare anche i manganelli". In realtà per l'omicidio di Aldrovandi sono stati condannati quattro agenti di polizia per eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi. E' a loro che si rivolge il padre di Federico, Lino, commentando le dichiarazioni del questore: "Mi viene da pensare che quella maledetta mattina il taser non sarebbe stato da usare su Federico, ma su chi lo stava uccidendo ‘senza una ragione".

La storia dell'omicidio di Federico Aldrovandi

Il 25 settembre del 2005 Federico Aldrovandi, all'epoca 18 anni, stava rientrando a casa a Ferrara dopo una serata trascorsa insieme agli amici al Link, un locale di Bologna. La comitiva lo scaricò vicino casa, ma mentre Federico si avvicinava alla sua abitazione venne notato da Enzo Pontani e Luca Pollastri, due poliziotti a bordo di una volante che fermarono il 18enne. Ne nacque una colluttazione alla quale presero parte anche altri due agenti, Paolo Forlani e Monica Segatto, intervenuti per dare man forte ai colleghi. Quella che doveva essere una semplice identificazione si trasformò in un brutale pestaggio: alle 6 e 20 del 25 settembre un'ambulanza, chiamata sul posto, caricò il corpo senza vita di Federico Aldrovandi: il giovane era ammanettato, ma il suo volto era stato stravolto dalle manganellate così come il suo corpo.

Lino e Patrizia, genitori di Federico, apprendono solo alle 11 che il figlio è morto. Dalla polizia sostengono che sia stata colpa dell'assunzine di sostanze stupefacenti, ma la vista del suo corpo rivela ben altre cause. I segni parlano di botte violentissime, con i manganelli spezzati sul corpo del diciottenne con una violenza impressionante. Solo nel 2012 si metterà la parola fine sul caso Aldrovandi, con la condanna definitiva a 3 anni e sei mesi di reclusione per "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi" ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri che uccisero il ragazzo.

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