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Caso Ilva Taranto

Il Ministro Clini sull’Ilva di Taranto: “Impatto sulla salute. Ma anche sulle famiglie dei lavoratori”

Nella sua informativa alla Camera dei deputati, il ministro dell’Ambiente ha ammesso che c’è un problema ambientale, ma nel rispetto delle leggi di vent’anni fa. Allo stesso tempo, “la situazione è molto delicata per tutte quelle famiglie preoccupate per la chiusura degli impianti”.
A cura di Biagio Chiariello
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Caso Ilva Taranto

A Taranto «la situazione è molto delicata: circa 20mila famiglie sono molto preoccupate per la chiusura degli impianti». A riferirlo è il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, a Montecitorio. Il caso dell'Ilva finito nel mirino della magistratura per disastro ambientale, è infatti approdato nelle Aula della Camera e del Senato, mentre la città si mobilita per due giorni per salvare i posti di lavoro dell'acciaieria più grande d'Europa, ma anche per sottolineare la necessità di provvedere al risanamento ambientale, provando a far convivere le ragioni della produzione con la tutela della salute dei cittadini. Lo stesso Ministro ha ammesso che «la situazione ha evidenti impatti ambientali e probabili impatti sulla salute che vanno messi in relazione alle normative del tempo e alle autorizzazioni nel tempo ricevute dagli impianti, come è accaduto per tutti gli impianti del genere in Europa». In ogni caso,  è difficile identificare una correlazione causa-effetto» sull'eccesso di mortalità per tumori nell'area «con la situazione attuale che, per effetto di leggi regionali e nazionali e misure ad hoc hanno avuto una evoluzione delle tecnologie con significative riduzioni delle emissioni, particolarmente della diossina e delle polveri».

Quella sull'Ilva è una «problematica aperta» sottolinea Climi. Il fatto è che la fabbrica è stata «progressivamente autorizzata nelle sue diverse fasi secondo le leggi vigenti, per cui parte delle problematiche rilevate dalle indagine epidemiologiche danno conto di uno stato della salute della popolazione, con evidenti eccessi di mortalità, che fanno riferimento presumibilmente a contaminazioni derivanti da impianti che operavano nel rispetto delle leggi». Per spiegarsi meglio, il Ministro cita i motori diesel di vent'anni fa (protagonisti anche del caso del "falso" allarme lanciato dall'OMS e dal Codacons) che sono stati «causa o concausa di malattie dovute all'inquinamento ambientale» eppure quei motori «rispettavano gli standard dell'epoca».

Il vero problema in Italia è la burocrazia e Climi non si nasconde nell'affermare che le procedure di valutazione ambientale sono «molto lunghe, troppo se paragonate con altri paesi europei e rischia di essere in controtendenza rispetto a investimenti in tecnologie». Anche le bonifiche dei siti industriali sono legate a «normative complesse, non molto lineari», basti pensare che il processo sull'area dell'Ilva «è cominciato nel 2003 e la procedura non è ancora terminata». Queste procedure, ha osservato Clini, «non danno ottimi risultati».

Nel frattempo, dopo il sequestro dei sei impianti dell'area a caldo che mettono a rischio il futuro dell'impianto. Fim, Fiom, Uilm nazionali hanno proclamato per la giornata di domani un pacchetto di quattro ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del Gruppo, «contro il rischio chiusura e per una politica industriale che coniughi lavoro e ambiente» . Nell'informativa alla Camera, Climi ha infatti ricordato che «domani si terrà una manifestazione dei sindacati e nel pomeriggio incontreremo le maggiori organizzazioni sindacali per riferire del lavoro fatto in maniera tale di cercare di gestire la situazione di Taranto, i programmi in corso e quelli individuati da mettere in campo, in modo coordinato fra le diverse componenti». In attesa del pronunciamento sul sequestro da parte del tribunale del riesame, atteso per venerdì ieri si è tenuto l’interrogatorio di garanzia dei sei, tra dirigenti ed ex dirigenti Ilva, arrestati con l’accusa di disastro ambientale. Gli accusati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere di fronte al gip Patrizia Todisco.

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