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Il delitto di Garlasco

Il 13 agosto 2007, in una villetta nel cuore della provincia pavese, una ragazza di 26 anni veniva uccisa a martellate. Per il tribunale a uccidere Chiara Poggi fu Alberto Stasi, il fidanzato studente dagli occhi di ghiaccio. Dieci anni dopo, tra segreti, pornografia e scandali, il caso di Garlasco resta uno dei più intricati casi della storia criminale e giudiziaria italiana.
A cura di Angela Marino
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La storia del delitto di Garlasco parte da lontano, inizia con un sogno. Nicola Stasi, originario di Ruvo di Puglia, a quaranta minuti da Bari, cresciuto con un padre camionista in Africa, fra sacrifici e rinunce, sognava di sposarsi e andare a vivere in una bella casa in campagna. Voleva una villa con un portico, un giardino, tante comodità. Quando, giovanissimo, incontra Elisabetta Ligabò, una bella ragazza milanese, sente di aver nelle mani il primo pezzo di quel sogno. I due si sposano negli anni Ottanta e vanno a vivere in un piccolo appartamento a Sesto San Giovanni, dove nasce il loro Alberto. Nicola è commesso in un negozio di Treviglio, i soldi non bastano mai, ma lui sa che presto le cose cambieranno.

Una villa in campagna

Un giorno va dal suo capo e gli propone di entrare in società. È una mossa azzardata, ma ottiene come risposta un entusiastico ‘sì'. Stasi diventa così titolare di un negozio di autoricambi a Segrate che renderà molto bene, tanto da permettere alla coppia, ora trasferitisi a Liscate, di vagheggiare il prossimo salto. L'occasione arriva quando l'ex datore di lavoro decide di cedere l'attività a Nicola, che la trasferirà in uno dei piccoli paesi del pavese, dove la concorrenza è praticamente inesistente.

Garlasco

Approda così a Garlasco, paesello di novemila anime tra le campagne padane, dove, lontano dai grandi centri commerciali apre la ‘Nuova Invernizzi srl'. Il sogno è realizzato, l'ascesa sociale del giovane Stasi, da camionista precario a imprenditore di successo, è compiuta. La famiglia va a vivere in un villino in via Carducci quando Alberto è ormai ventenne. Studente modello alla Bocconi, è un ragazzo con la testa sulle spalle, esce poco, studia molto e ha una fidanzata carina e gentile. Anche il rapporto con Chiara, di qualche anno più grande, è un legame solido e tranquillo, senza maree agitate.

Il primo incontro di Alberto e Chiara

I ragazzi avevano iniziato a frequentarsi nel 2003, sebbene si conoscessero da quando facevano animazione insieme all'oratorio estivo di Garlasco. Si erano persi di vista e incrociati per caso in strada tempo dopo, dove Chiara aveva chiesto ad Alberto di prendere per lei dei libri all'Università. Complice quel piccolo favore i due avevano iniziato a vedersi. Essere fidanzati, per gli ex volontari dell'oratorio, significava uscire insieme il sabato sera e telefonarsi tre volte alla settimana in giorni prestabiliti: il martedì, il giovedì e il venerdì.

Un amore semplice

Niente sorprese, niente acuti nello spartito di quell'amore tiepido, da ragazzi inesperti, figli della provincia. Le cose cambiano quando Chiara si laurea e trova un lavoro. Alberto è a un passo dal terminare la tesi, è molto stressato, vorrebbe avere anche lui, come Chiara, una propria autonomia economica. È l'estate del 2007, in cantiere ha il progetto di andare a fare un viaggio con Marco, l'amico del cuore, figlio dell'ex sindaco e anche lui brillante studente di giurisprudenza. I due ragazzi partono per Londra, dove vogliono fare una vacanza goliardica, da studenti. Chiara non può unirsi a loro, il lavoro la blocca a Garlasco, ma vola nella capitale britannica per un weekend per andare a trovare Alberto.

La telefonata al 118

Qualche giorno dopo con i genitori e il fratello Marco in villeggiatura in Trentino, Chiara ha la casa a sua esclusiva disposizione. È l'occasione per stare un po' da sola con Alberto, anche lui tornato da Londra. È alle prese con la tesi, certo, ma può lavorare da casa Poggi utilizzando il portatile e passare del tempo con Chiara. È quello che fa una domenica sera. I due ragazzi hanno in programma di mangiare una pizza e poi dormire insieme, ma le cose non vanno così. La mattina del 13 agosto, il centralino del 118, riceve questa segnalazione:

Chiamo da Garlasco, via Pascoli: credo che abbiano ucciso una persona

La ‘persona' è Chiara Poggi; e la voce composta e calma che dà l'allarme è quella del suo fidanzato. La chiamata è partita dal cellulare di Stasi davanti alla caserma dei carabinieri in via Duomo, alle 13 e 50.

La scoperta

Alberto si presenta in caserma, a 600 metri da casa Poggi dove è intervenuta l'ambulanza. Mentre il ragazzo con gli occhiali riferisce di aver scoperto il corpo della sua fidanzata in una pozza di sangue, Chiara, massacrata nella sua casa, viene caricata su una barella coperta con un telo. Che è successo? Se lo chiedono i vicini, i curiosi, i giornalisti attirati da quell'omicidio cruento in un'estate qualsiasi. Da qualche parte in Trentino, una voce al telefono dice alla mamma di Chiara che sua figlia ‘ha avuto un incidente'. Il maresciallo Francesco Marchetto, amico di Nicola Stasi, avvia le indagini e va a sentire proprio Marco, l'amico del cuore di Alberto, tornato a Garlasco senza preavviso e senza un motivo, dalle vacanze, prima che fosse diffusa la notizia della tragedia. Marco non sa niente, i messaggi scambiati con Alberto sono stati cancellati. Intanto il ragazzo, non ancora formalmente sospettato è sotto un cono l'ombra e di sospetto. Racconta che quella mattina Chiara era a casa da sola, che lui le ha telefonato, lei non ha risposto, e poi è andato a casa Poggi e ha scoperto il corpo.

Il circo mediatico

Davanti a casa Poggi si assiepano fotografi e giornalisti a tutte le ore. Due ragazze bionde e esili, di cui una con una stampella, mostrano agli obiettivi una foto che le ritrae in compagnia di Chiara: tutte e tre vestite di rosso, sorridono all'obiettivo. Si scoprirà presto che si tratta di uno squallido fotomontaggio creato da Stefania e Paola Cappa, le cugine di Chiara. Aspirano a entrare nel mondo dello spettacolo, ma l'unico spettacolo a cui prenderanno parte sarà quello macabro di quella messa in scena di pessimo gusto.

Un dramma con un solo protagonista

Alberto, invece, diventa protagonista assoluto del dramma. Il suo alibi a suo dire, sarebbe confermato dal computer al quale la mattina dice di aver lavorato alla tesi. Lo consegna alla polizia per la perizia, ma un esame dei documenti precedentemente cancellati porta alla luce qualcosa di pericoloso. In una cartella criptata Alberto conservava video pornografici e pedopornografici. Un'altra cartella con il nome ‘Londra' contiene foto di Alberto e di Chiara a Londra e altre foto di piedi e scarpe di estranee incontrate per strada, particolari di corpi di donne catturati mentre la fidanzata era lì con lui. Accanto all'indagine per omicidio si apre un'inchiesta per pedopornografia. Tra gli Stasi e i Poggi cala il gelo.

Il sangue racconta

La villa viene sequestrata dai Ris, ma non ci sono molti elementi da esaminare: l'arma del delitto è sparita. Secondo l'autopsia del dottor Ballardini, Chiara, il cui copro è stato trovato riverso sui gradini delle scale della cantina, è stata colpita con un oggetto pesante al volto e alla testa: l'arma è compatibile con un martello da muratore. L'orario della morte, invece, è da collocarsi tra le 10 e 30 e le 12. Solo, l'analisi della morfologia delle chiazze di sangue, la Bloodstain Pattern Analysis, può aiutare a ricostruire la dinamica del delitto. Le chiazze di sangue raccontano una storia precisa. L'aggressione è avvenuta in due fasi, una prima, si è svolta accanto alla scala che conduce al primo piano: Chiara è stata violentemente colpita, è caduta a terra e ha perso la prima quantità di sangue. Poi è stata gettata in cantina dove ha battuto la testa contro un gradino o è stata ripetutamente colpita, riportando traumi mortali. Poi l'assassino si è lavato ed è andato via. Secondo la Procura è Alberto Stasi.

Il processo

Lo studente – che subito dopo l'assassinio, alla cugina di Chiara parla solo della propria tesi rimasta incompiuta – stupisce e inquieta tutti per il suo atteggiamento freddo, distaccato, a tratti sprezzante. Intercettato dalle forze dell'ordine, si fa gioco delle indagini facendo del sarcasmo a telefono: "Salutiamo gli amici in ascolto" dice riferendosi all'intercettazione. Per l'opinione pubblica è lui il colpevole, il fidanzato freddo e anaffettivo che raccoglie orribili foto con i bambini nel suo computer e di cui forse Chiara aveva scoperto i segreti. Anche per gli inquirenti i materiali ritrovati sul pc dello studente potrebbero essere il movente del delitto. Intanto si celebra il processo: Alberto Stasi viene assolto in primo grado e in appello, ma non nell'appello bis, che ribalta tutto. L’ex maresciallo Francesco Marchetto, comandante della stazione dei carabinieri di Garlasco all'epoca dei fatti, viene condannato a due anni e sei mesi per falsa testimonianza nel primo processo sull’omicidio di Chiara Poggi. Il comandante e amico di Nicola Stasi non sequestrò la bici di Alberto, vista da un testimone davanti alla villetta dei Poggi quella mattina e poi rivelatasi una delle prove decisive per stabilire la colpevolezza di Stasi.

L'epilogo

La Corte di Cassazione confermerà la sentenza del processo di appello bis secondo la quale Alberto Stasi ha "brutalmente ucciso la fidanzata, che era diventata, per un motivo rimasto sconosciuto, una presenza pericolosa e scomoda, da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo ‘per bene' e studente ‘modello', da tutti concordemente apprezzato". Al momento della conferma della sentenza, in aula, dove viene stigmatizzata anche una ‘perniciosa forma di spettacolarizzazione' del caso attraverso ‘i processi televisivi', c'è incredulità per l'entità della pena comminata: 16 anni di carcere. Troppo pochi, secondo alcuni, per chi ha massacrato la fidanzata, ma certamente troppi per chi è innocente. Dopo dieci anni esatti dal delitto, per la coscienza pubblica che è oltre la verità giudiziaria, condannare o assolvere Stasi sembra impossibile.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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