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“Il decreto Salvini sull’immigrazione è un pericolo per la democrazia”

Durante la conferenza stampa promossa da Ero straniero e Welcoming Europe alla Camera dei deputati si è discusso del Decreto Salvini sull’immigrazione: i promotori hanno espresso preoccupazione per una politica repressiva che farà aumentare il numero degli stranieri irregolari, incentivata da un attacco ideologico che va contro il concetto di inclusione e accoglienza.
A cura di Chiara Caraboni
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Lo chiamano decreto insicurezza i promotori della campagna Ero Straniero-L’umanità che fa bene e Welcoming Europe-Per un’Europa che accoglie, durante la conferenza stampa di ieri alla Camera dei deputati organizzata per dare voce a chi non ha intenzione di accettare la politica dei muri, ma vuole favorire politiche di accoglienza, lavoro e inclusione sia a livello nazionale che europeo. Il tema è il Decreto Salvini e ciò che può portare la sua attuazione. Le preoccupazioni presentate riguardano principalmente due questioni: la cancellazione del modello SPRAR e l'abolizione delle concessioni di permessi di soggiorno per motivi umanitari.

"È un decreto di insipienza e di cattivismo che ha uno scopo per preciso: la campagna elettorale", sono le parole di Emma Bonino, che commenta severamente un decreto che definisce "controproducente rispetto agli obiettivi che si pone. È solo una strada che procura insicurezza". E le motiva le sue parole, spiegando come sia l'integrazione la via giusta per avere risultati positivi, e come invece tecnicamente non sia possibile espellere circa 500mila persone. Non è possibile per i costi, perché il rimpatrio nei paesi di origine non è scontato: "Io ricordo un'intera campagna elettorale sullo slogan "li cacceremo tutti". Ovviamente Salvini lo sapeva già da solo che questo non è possibile. Ma dove li devi mandare? Avrà anche scoperto che negoziare un accordo di ritorno non è affatto facile perché, è vero che i nostri interessi sono sacrosanti, ma anche i paesi di origine magari hanno degli interessi e un'opinione pubblica". Si espone in modo chiaro quindi, mentre dichiara che questo decreto non può risolvere né la sicurezza, né la legalizzazione dell'immigrazione.

Secondo i promotori dell'iniziativa, questo sistema esaspera un clima conflittuale e di disagio sociale, distrugge un modello funzionale come lo SPRAR e propone una riforma che non è più di accoglienza, ma "di espulsione", come l'ha definita Paolo Pezzati di Oxfam, con un arretramento anche in termini di diritti. La volontà del governo appare quella di sferrare un attacco ideologico contro il concetto stesso di inclusione, attraverso misure che però aggravano le situazioni di disagio sociale nel Paese, invece che risolverle.

Come ci ha spiegato anche Riccardo Magi, in Italia, tra i richiedenti circa il 42% riceve una forma di protezione. La protezione umanitaria non è tipica italiana, come invece è stato detto dagli esponenti del governo durante la presentazione del provvedimento, "in realtà c'è in più di venti paesi dell'Unione europea, magari si chiama in modo diverso, ma lo strumento giuridico è lo stesso" ha sottolineato Magi. "A nostro avviso vanno creati dei percorsi di regolarizzazione delle persone che sono qui, e in questo senso il decreto non aiuta: pensiamo si debba consentire la regolarizzare di quelle persone che sono in Italia da molti anni, ovvero tra le 450 e le 600mila, che magari lavorano ma che non hanno modo, per la legge italiana, di regolarizzarsi. La nostra proposta vuole quindi creare inclusione e maggiore sicurezza per tutti, riconoscendo le situazioni in cui è presente un comprovato legame familiare o un inserimento nel mondo lavorativo dimostrabile". 

L'appuntamento ha dato voce anche ad altri promotori del progetto: Salvatore Fachile, avvocato di Asgi (associazione per gli studi giuridici dell'immigrazione), che ha contestato gli elementi alla base del decreto, focalizzandosi soprattutto sul modo in cui si va ad aggravare un clima di conflittualità già esistente e su come si va ad aumentare il potere dei prefetti in situazioni socialmente difficili. E questo, forse, come ha detto Filippo Maragia, vice presidente di Arci Nazionale "è un modo per aumentare i consensi incrementando il disagio e attribuendo la colpa agli stranieri". Anche il presidente del CNCA don Armando Zappolini, ha detto di vedere un "pericolo democratico molto vicino".

Che fine faranno gli SPRAR

All’art.12 del Decreto Salvini, “Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti asilo”, si legge: “Le definizioni di “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) ovveroSistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnatisi intendono sostituite dalla seguente “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati”. I richiedenti asilo presenti nel Sistema di protezione rimangono in accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso, già finanziato”. E poi ancora “I titolari di protezione umanitaria presenti nel Sistema di protezione, alla data di entrata in vigore del presente decreto, rimangono in accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale previsto dalle disposizioni di attuazione sul funzionamento del medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la scadenza del progetto di accoglienza”. Questo cosa significa? Vuol dire limitare ai minimi termini il modello SPRAR. Un sistema di accoglienza che si basa sulla creazione di enti locali che, grazie al Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo, creano progetti di accoglienza. Un modello che ha ispirato l’Europa e che è riconosciuto come funzionale a livello internazionale, che permette di controllare in modo preciso le spese pubbliche grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento.

Con questa modifica, solamente chi ha già ottenuto la protezione internazionale e i minori non accompagnati di fatto potranno essere ospitati nei progetti SPRAR. Il decreto quindi allontana ed esclude il territorio, e fa accrescere la marginalità dei prefetti, che di fatto gestiranno l’accoglienza e attribuiranno i compiti di coordinamento dei centri CAS (centri di accoglienza straordinaria) a terzi, con il rischio di favorire l’illegalità. Infatti, queste strutture sono gestite secondo protocolli di emergenza, hanno standard di accoglienza più bassi e nessun obbligo di rendicontazione, ma soprattutto sono gestite direttamente dalle prefetture.

Lo scorso 14 agosto, il ministero dell'Interno ha presentato la relazione al Parlamento su i risultati delle politiche migratorie, e in questo testo si parla SPRAR e del numero in aumento dei comuni aderenti: un incremento della rete pari al 34%. Si sottolinea poi, nel testo, che questo ha consentito un alleggerimento progressivo dei grandi centri di accoglienza, "luoghi difficili da gestire e da vivere, nel convincimento che i grandi numeri producano effetti negativi, oltre che nell'impatto con le collettività locali, anche sull'efficienza dei servizi forniti ai migranti e nello stesso tempo per il connesso rilevante onere finanziario, siano fonte di attrazione per gli interessi criminali", recita la relazione. "È quindi maturata l'esigenza di perseguire maggiormente il principio di equità e di sostenibilità della ripartizione dei migranti sul territorio che ha condotto alla predisposizione del piano accoglienza concordato con Asgi", perchè "si tratta di un modello che risponde all'esigenza di superare i centri di grande dimensione, nella consapevolezza che queste concentrazioni rendono difficili la gestione con effetti negativi, sia sui servizi, sia sulle collettività". Sul punto, il parlamentare Riccardo Magi è caustico: "Forse Salvini questa relazione l'ha solo firmata, e non scritta".

Come cambia la concessione della protezione umanitaria

Un altro capitolo molto discusso è quello dell'attribuzione di permessi di soggiorno per motivi umanitari. Questa volta ad occuparsene è l'articolo 1 del decreto: "Abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e disciplina di casi speciali di permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario". Con questo articolo, si prevedono delle specifiche e molto riduttive forme di protezione, cancellando quella per motivi umanitari, e un'attribuzione di un permesso di soggiorno di massimo un anno per "casi speciali" che può essere convertito per motivi di lavoro. Questi casi sono gravi condizioni di salute, vittime di sfruttamento, di tratta o di violenza domestica, vittime di calamità naturali o “per atti di particolare valore civile". Anche per chi ha già la protezione umanitaria viene data la possibilità di conversione, però solo nel corso della durata del proprio permesso di soggiorno. Quindi al suo scadere, una persona in Italia magari da anni, che non riesca a convertirlo in un permesso per motivi di lavoro, non potrà più farlo.

Quindi, di fatto, riducendo il numero dei permessi, queste persone rimarranno in circolazione e semplicemente verranno identificati come "irregolari". E a questo punto? I cosiddetti clandestini, che magari fino al giorno prima erano possessori di permessi per motivi umanitari, quale destino avranno? Questo non è ancora molto chiaro. Teoricamente verranno, piano piano, rimpatriati. Anche se l'opzione, è stato dimostrato nelle ultime settimane, non è semplice come Salvini si aspettava. Si andrà ad appesantire ancora di più un sistema problematico come quello dei rimpatri. Ma Salvini questo sembra averlo tenuto in considerazione: la sua soluzione sarebbe aumentare la durata di fermo nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), dove gli irregolari potranno rimanere fino a sei mesi per poi essere direttamente riportati al paese di origine. Affinché questo avvenga però, servono accordi bilaterali con i paesi di provenienza. Il vicepresidente del Consiglio Salvini ha detto di essere già al lavoro per definirli.

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