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Il compenso dell’amministratore di condominio dopo la riforma

La Cassazione del 30.09.2013 n.22313 interviene sull’onorario dell’amministratore di condominio e ribadisce che al momento della nomina si determina il quantum dovuto ed eventuali altre somme non sono dovute (art. 1129 c.c.)
A cura di Paolo Giuliano
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Uno dei problemi più grossi del condominio è la quantificazione del compenso dell'amministratore.

Certo, non si tratta dell'unico problema, ma altre questioni possono dirsi risolte, basta pensare

– al problema relativo alla durata dell'incarico dell'amministratore, il quale è stato creato dal legislatore con una norma poco chiara,

– alla problematica relativa alla redazione del rendiconto del condominio la quale è stata risolta con norme specifiche dopo la riforma del condominio,

– invece, la questione relativa agli anticipi dell'amministratore è stata risolta dalla giurisprudenza,

– così come è stata risolta dalla giurisprudenza anche la questione relativa alla ripartizione delle spese tra vecchio e nuovo proprietario).

L'incarico dell'amministratore di condominio è assimilabile al mandato,   (l'art. 1703 c.c. definisce il contratto di mandato come "il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra") al momento risulta irrilevante sapere se l'assimilazione dell'incarico di amministratore è diretta o è solo una assimilazione indiretta per analogia ad una figura  simile.

Il contratto di amministratore di condominio, di solito, non è gratuito (anche potendolo essere, soprattutto nelle ipotesi in cui il condominio è amministrato da uno dei proprietari) del resto l'onerosità del contratto di amministratore del condominio è conforme ad un'altra disposizione del codice civile in materia di mandato, ci si riferisce all'art. 1709 c.c. il quale dispone che "Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice".

Una volta ammessa l'onerosità dell'incarico dell'amministratore, resta da quantificare il dovuto. Diciamo subito che non esiste un tariffario prestabilito e che l'onorario dipende da tre elementi a) il grandezza dell'edificio, b) la difficoltà gestionale dell'edificio c) la preparazione dell'amministratore.

Risulta evidente che una richiesta di onorario troppo bassa, non sempre è la migliore, anzi, può nascondere delle grosse insidie, infatti, può nascondere l'impreparazione tecnica dell'amministratore, il quale farà più danni che altro. Così come ad un piccolo condominio potrebbe essere necessaria una consulenza "giuridica" costante che deve essere considerata equivalente rispetto al piccolo numero di unità immobiliari.  (Sicuramente, l'iscrizione presso una o l'altra associazione di amministratori di condominio non è garanzia di preparazione, anzi, coloro che non sono in grado di vantare titoli per amministrare condominii, di solito, enfatizzano la loro iscrizione presso questa o quella associazione di amministratori di condominio, come se fornisse il titolo di bravo amministratore).

Una volta compreso che la quantificazione dell'onorario dell'amministratore è lasciata alla libera contrattazione, è possibile anche comprendere quali sono le ipotesi tipiche di quantificazione del compenso.

Un primo modo per quantificare l'onorario dell'amministratore è quello di  prevede una somma fissa mensile molto bassa e poi una serie di aumenti in base al numero di assemblee che si convocheranno, o in base al numero di incassi effettuati, oppure prevedendo un importo in base al numero di operazioni bancarie che si dovranno compiere (in entrata o in uscita ecc.)  quindi, una parte dell'onorario è determinato un'altra parte dell'onorario è a percentuale o è indeterminato

Un secondo  modo di quantificare l'onorario dell'amministratore è quello di distinguere tra ordinaria e straordinaria amministrazione e prevedere una somma fissa per l'ordinaria amministrazione e un parte in percentuale sul valore della straordinaria amministrazione, anche in questa ipotesi una parte dell'onorario è certa, un'altra parte dell'onorario  è incerta ed è variabile

Una terza possibilità è quella di stabilire una somma totale per tutta l'attività di gestione senza distinguere, in base alla straordinaria amministrazione o ordinaria amministrazione o senza distinguere atto per atto.

Tutte queste opzioni danno vita a problemi, infatti, la prima comporta che non tutte le attività potranno essere determinate,  la seconda comporta una difficoltà di distinguere quando un atto è di ordinaria amministrazione e quando, invece, un atto è di straordinaria amministrazione (anzi, molto spesso, una tale "differenza" non è prevista al momento della nomina, ma l'amministratore inserisce un compenso speciale se e quando viene deliberata un'opera di straordinaria amministrazione.

Il legislatore della riforma del condominio ha cercato di fare chiarezza anche su questa questione. Il legislatore è intervenuto con due norme:

– l'art. 1129 comma 14 c.c. in quale prevede che "L'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta".

– l'art. 1129 comma 8 c.c. secondo il quale "Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi".

Viene codificato il principio che l'onorario dell'amministratore è individuato, in modo definitivo, al momento della nomina, quindi, dopo la nomina non è possibile più procedere ad integrazioni e/o specificazioni. Questo a tutela dei proprietari che vengono protetti da eventuali "richieste" dell'amministratore (es. pagamento dell'impiegato che si reca in banca ed effettua i pagamenti e i versamenti, fermo restando che, in questo modo, si dichiara che un "terzo" soggetto, ignoto al condominio ha accesso al denaro dei proprietari).

E' opportuno notare che l'art. 1129 comma 14 c.c. non dice – direttamente – quale schema di retribuzione scegliere o non scegliere, ma indirizza, in modo indiretto, verso alcuni metodi di quantificazione, escludendone altri. Infatti, dalla prima norma si comprende che l'importo del compenso deve essere specificato analiticamente a pena di nullità, questo, di fatto, esclude compensi determinati attività per attività, per l'impossibilità di specificare analiticamente tutte le attività, voce, per voce, dell'amministratore.

Inoltre, la quantificazione deve essere effettuata al momento dell'accettazione della nomina, questo dimostra che si è in presenza di un contratto, il quale non può essere "integrato" ("modificato") unilateralmente successivamente, quindi si colpisce la prassi di alcuni amministratori di pretendere un compenso extra per la gestione straordinaria, soprattutto quando questo ulteriore compenso non è indicato e concordato (in modo specifico) al momento della nomina.

Il legislatore con la riforma del condominio ha anche stabilito che il compenso comprende anche l'attività necessaria alla consegna della documentazione al nuovo amministratore, questo per colpire la (nefasta) prassi per la quale il vecchio amministratore pretendeva di essere pagato per la consegna dei documenti al nuovo amministratore.

Cassazione civ. sez. II, del 30 settembre 2013 n. 22313 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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