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Regeni fotografato di nascosto a un’assemblea: un suo articolo infastidì il regime

Tre amici hanno detto che il ricercatore friulano era spaventato perché uno sconosciuto lo aveva fotografato durante un incontro sindacale. Il successivo resoconto, in un lungo articolo potrebbe aver dato fastidio a qualcuno.
A cura di Giorgio Scura
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Mentre la salma di Giulio Regeni è rientrata a casa a Fiumicello (Udine) dove ieri sera sono stati subito celebrati i funerali in forma privata mentre oggi alle 14 saranno celebrati i funerali pubblici, ma non di Stato, emergono importanti novità nelle indagini. Quasi una svolta: Giulio era un obiettivo, nessuno scambio di persona, nessuna rapina, figuriamoci un incidente stradale. Chi ha torturato e ucciso Regeni sapeva chi era. E da lui forse voleva delle informazioni che Giulio non sapeva o non poteva dare e per questo è morto. Secondo quanto riferito da tre amici del ricercatore friulano al pm Sergio Colaiocco, Regeni disse loro che fu fotografato da uno sconosciuto durante un'assemblea di un sindacato indipendente egiziano. Un episodio che lo aveva molto impaurito.

A quell'incontro Regeni era l'unico occidentale, quindi la sua presenza saltava all'occhio. Giulio di quell'incontro face un lungo resoconto con lo pseudonimo di Antonio Drius sul sito specializzato Nena News, la cui redazione ha detto che Regeni non era un collaboratore abituale. Il movente su cui stanno lavorando gli inquirenti italiani è che quell'articolo, lungo e dettagliato che annunciava una nuova ondata di scioperi in Egitto, non sia stato gradito al regime egiziano. Giulio – si viene a sapere da ambienti investigativi – conduceva una vita tranquilla, nessuna attività illecita o strana. Era molto preso dalla suo lavoro di ricercatore su temi socio economici in Egitto. Ed ecco perché quell'articolo in cui si criticava il governo per una stretta sui diritti sindacali, avrebbe dato fastidio a qualcuno che, inevitabilmente, deve essere legato in qualche modo al governo egiziano.

I tre giovani, che domani parteciperanno ai funerali, ricercatori come lui all'American University al Cairo, centro nevralgico dei movimenti di protesta e della rivoluzione di piazza Tahrir, sono a loro volta impauriti e non torneranno in Egitto, almeno per ora. Il team di investigatori italiani in Egitto si sta concentrando sulla rete di contatti e fonti che Giulio si era costruito lì. Non è escluso che Regeni sia stato vittima di una "soffiata" da parte di qualcuno che lo avrebbe tradito e "venduto" alle autorità locali.

Nel frattempo trova conferme la notizia secondo cui il capo delle indagini sul caso Regeni al Cairo, il generale Khaled Shalaby, sia stato condannato in concorso a un anno per il rapimento, la tortura e l'omicidio di un cittadino egiziano. Proprio lui aveva parlato di incidente stradale nelle ore successive al ritrovamento del corpo di Regeni.

Cresce, infine, la pressione internazionale sull'Italia e sull'Egitto perché la verità venga a galla. "È ora che tutti gli alleati dell'Egitto, inclusi gli Stati Uniti, chiariscano al presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi che gli abusi che ha incoraggiato non possono essere più tollerati". Scrive oggi il New York Times in un editoriale dedicato al caso di Giulio Regeni, dal titolo Indignazione per la morte di uno studente italiano in Egitto. "L'Italia ha inviato una squadra di investigatori in Egitto per assistere nelle indagini sulla morte di Regeni. Il governo egiziano deve assicurare una piena e trasparente cooperazione" mette in evidenza il Nyt precisando che "sotto il governo Sisi migliaia di egiziani sono stati catturati. Torture e sparizioni ai danni di accademici, attivisti per i diritti umani e giornalisti sono la normalità".

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