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F35, intervista al generale Camporini: “Con i vecchi aerei rischiamo la pelle dei piloti”

Abbiamo commentato i dati dell’Osservatorio Milex con il generale Vincenzo Camporini, vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali. In Italia il 60% delle spese militari viene destinata ai costi per il personale, il 28% agli armamenti, mentre il 12% all’esercizio.
A cura di Annalisa Cangemi
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In Italia nel 2017 saranno impiegati complessivamente 23,3 miliardi per la spesa militare (l'1,5% del Pil, un aumento significativo se si pensa che rispetto al 2006 si calcola che la spesa militare è aumentata del 21%). L'Osservatorio Milex, ha messo in evidenza alcune anomalie riscontrabili nelle Forze Armate. Per esempio solo per il personale vengono destinati 12 miliardi di euro, il 60% del totale. Questa cifra è dovuta a un sovrannumero e a uno squilibrio tra le risorse: nel nostro Paese ci sono più comandanti che comandati, con un evidente sproporzione tra gradi. Per gli armamenti viene speso il 28% della spesa militare complessiva, circa 5,3 miliardi all'anno. L'acquisto dei cacciabombardieri F35 per esempio ci costerà 14 miliardi. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente dello IAI (Istituto Affari Internazionali) ex Capo di Stato Maggiore, il generale dell'Aeronautica Vincenzo Camporini.

Perché in Italia ci sono più comandanti (91mila tra ufficiali e sottufficiali) che comandati (80mila tra graduati e truppa)? 

È uno squilibrio che deriva dalla precedente procedura dei reclutamenti, a cui si vuole porre rimedio con le modifiche del "Libro Bianco, per la sicurezza internazionale e la Difesa", che prevede la “Riorganizzazione dei vertici del Ministro difesa e delle relative strutture”. Un disegno di legge che giace in Commissione Difesa Senato, e che contiene i correttivi per rimediare a questo retaggio del passato. Prima si privilegiava il contratto a tempo indeterminato per i giovani, che acquisivano presto il grado di sottufficiali nelle Forze Armate. Oggi tutto questo si vuole evitare introducendo forme nuove di reclutamento per riequilibrare questa situazione. Ma servono anni. Nel disegno di legge sono previsti contratti a tempo determinato, che devono però essere accompagnati da misure che favoriscano il reinserimento per chi per esempio dopo quattro anni nelle Forze Armate torna a svolgere una professione da civile.

Sulla relazione della Corte dei Conti sulla "Partecipazione italiana al Programma Joint Strike Fighter F35 Lightning II" ha detto che i titoli pubblicati dai giornali sono stati fuorvianti, a proposito delle spese raddoppiate del programma (ogni aereo costerà 130,6 milioni di dollari contro i 69 di cui si parlava nel 2001) e sul ritardo di "almeno cinque anni". C'è secondo lei un pregiudizio ideologico?

Le conclusioni che ne hanno tratto i giornali erano opposte a quanto sostenuto dalla Corte dei Conti, che ha esaminato la sostenibilità del programma. Le capacità aeree italiane in questo momento sono assicurate da tre tipi di velivoli, dai Tornado, dagli AMX e dagli AV-8B della Marina Militare. Tornado e AMX sono molto prossimi al limite della loro vita operativa. Gli AV-8B hanno ancora qualche anno in più di attività. Ma se non rimpiazziamo questi velivoli, dopo che vanno in rottamazione, visto che non possono superare un certo numero di ore di volo senza mettere a rischio la sicurezza, ci troveremo entro quattro o cinque anni senza capacità aeree di attacco, essenziali per la Difesa del Paese. Oggi abbiamo un certo numero di velivoli pienamente operativi. Poi ci sono quelli in manutenzione, altri sono in pessime condizioni quindi la rimessa in efficienza sarebbe particolarmente onerosa, per cui non possiamo schierare tutti i velivoli di cui disponiamo. E tutto questo bisogna tenerlo in considerazione quando si parla di nuove acquisizioni. Perché gli stessi problemi si ripresenteranno, in misura minore perché la tecnologia è cambiata, anche con i 90 arerei che arriveranno, nell'arco di parecchi anni, perché non potremmo permetterci di pagarli tutti subito. Cioè non tutti i nuovi cacciabombardieri saranno schierati in prima linea.

In che modo il loro impiego risponde a esigenze operative?

Se l'Italia non si dotasse di F35 perderemmo la nostra capacità offensiva. Supponiamo di avere un distaccamento in un luogo sperduto in Afghanistan. E immaginiamo improvvisamente che l'accampamento venga attaccato da razzi afghani. Se abbiamo modo di distruggere subito i luoghi da cui partono questi razzi abbiamo la possibilità di proteggere le nostre truppe a terra. In caso contrario queste ultime verrebbero massacrate. Servono sistemi d'arma che siano in grado di attaccare le sorgenti del fuoco nemico. Questo oggi lo fanno i Tornado, gli AMX e gli AV-8B, domani lo faranno gli F35. Questa capacità, che oggi è assicurata dalle macchine che sono in servizio, tra pochi anni andrà ad esaurirsi. Perché gli aeroplani non vivono in eterno. Così noi rischiamo la pelle dei piloti, e la pelle di coloro che vengono sorvolati. I nostri Tornado per esempio hanno cominciato ad andare in servizio alla fine degli anni Settanta. Quindi stiamo parlando di macchine che hanno più di 35 anni di vita.

In questo momento non si avverte una conseguenza positiva del programma sull'occupazione. Nella relazione della Corte dei Conti si parla di 1600 unità effettivamente impegnate.

Siamo un po' al di sotto delle aspettative, il numero di addetti è limitato rispetto a quanto preventivato. Uno dei motivi è il fatto che il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, avendo ricevuto pressioni politiche, ha deciso di ridurre il numero delle acquisizioni da 131 a 90. Il lavoro assegnato è proporzionale all'acquisizione che viene fatta. Avendo ridotto il numero degli aerei si è ridotto il numero delle ore di lavoro. Ma le prospettive sono rosee perché stiamo parlando di un programma che durerà almeno quarant'anni, quindi ci saranno attività di produzione e di manutenzione che impegneranno le strutture logistiche nazionali dell'industria e delle Forze Armate.

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