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Opinioni

Siriani bastonati sul gommone, la Turchia si difende: “È andata così”. Ma il video è pieno di tagli

La Turchia difende l’operato della sua guardia costiera: i marinai sono stati costretti ad agire con la forza perché chi pilotava il gommone con a bordo i profughi si è rifiutato di invertire la rotta. Nel 2019, la Turchia ha bloccato più di 1.600 imbarcazioni dirette verso le isole greche e oltre 51mila profughi, per lo più siriani e afghani, sono stati fermati nel tentativo di arrivare in Europa.
A cura di Mirko Bellis
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I terribili momenti dell’attacco della motovedetta turca al gommone di profughi siriani
I terribili momenti dell’attacco della motovedetta turca al gommone di profughi siriani

Dopo la pubblicazione di un video in cui la guardia costiera turca impedisce con la forza ad un gruppo di profughi siriani di attraversare il Mar Egeo, la Turchia ha pubblicato la sua versione dei fatti difendendo l’operato dei marinai e giudicando infondate le accuse di aver agito in modo inappropriato. In un comunicato, le autorità ricostruiscono l’accaduto e spiegano perché sono state costrette a bloccare in quella maniera l’imbarcazione con a bordo diversi bambini che piangevano disperati di fronte alla violenza dell’equipaggio delle motovedette turche.

Secondo Ankara, il gommone è stato avvistato da un aereo della guardia costiera alle 6.30 della mattina del 5 settembre al largo delle coste di Madra Çayı, tra le province di Balıkesir e Smirne. L’isola greca di Lesbo, punto di approdo per migliaia di profughi diretti in Europa, è di fronte, separata solo da un lembo del Mar Egeo. Dopo un quarto d’ora – continua la nota – una motovedetta ha intercettato i profughi e ha cominciato le manovre per impedire che continuassero la loro rotta. Senza risultato, però, visto che è stato necessario l’intervento di un’altra barca, un fuoribordo della guardia costiera.

Per avvalorare la propria descrizione dei fatti, la Turchia ha pubblicato anche un video di quei concitati momenti. Il filmato, tuttavia, presenta alcuni tagli, segno di un montaggio fatto a posteriori. Una differenza sostanziale rispetto a quello registrato dagli stessi profughi che, al contrario, è senza interruzioni, e in cui è palpabile tutta l’angoscia e la paura vissuta da chi in quel momento era sul gommone. Un’altra difformità tra i due video, inoltre, è l’uso dei mezzimarinai (le aste utilizzate durante la manovra di ormeggio oppure per recuperare le cime). Nelle immagini diffuse dalle autorità turche sono in legno, mentre quelle del filmato girato da uno dei profughi sono in alluminio. In buona sostanza: documentano momenti diversi. Nella versione turca, i mezzimarinai sono impiegati per mettere fuori uso il motore del gommone. Nel video girato da uno dei profughi, invece, le aste sono agitate minacciosamente sopra la testa dei malcapitati che cercavano di raggiungere Lesbo.

Un fotogramma del video diffuso dalle autorità turche in cui si vedono i guardacoste utilizzare mezzimarinai in legno per cercare di fermare il motore del gommone su cui viaggiano i profughi
Un fotogramma del video diffuso dalle autorità turche in cui si vedono i guardacoste utilizzare mezzimarinai in legno per cercare di fermare il motore del gommone su cui viaggiano i profughi

Continuando con la ricostruzione delle autorità turche, uno dei profughi ad un certo punto ha cercato di bucare con un coltello il fuoribordo della guardia costiera. Non riuscendoci, ha gettato la lama in acqua. Un’altra delle persone a bordo, poi, avrebbe cominciato a ferirsi con un rasoio e minacciato di buttare i bambini in mare. A quel punto, sul gommone si sarebbe scatenata una rissa tra chi voleva collaborare con i guardacoste e chi invece si ostinava a proseguire la rotta. Durante le manovre di abbordaggio, infine, uno dei profughi avrebbe strappato con le mani i cavi del motore del natante della guardia costiera ferendo lievemente uno dei marinai. Insomma, secondo la versione turca, ci sarebbe stata quasi una battaglia navale tra motovedette della guardia costiera e un gommone carico di uomini, donne e bambini.

L’elica alla fine è stata messa fuori uso – conclude il comunicato – e, quando il carburante è terminato, il gruppo di siriani è stato trasferito in sicurezza sulla stessa costa da cui erano partiti. La procura di Dikili, nella provincia di Smirne, ha denunciato tre uomini per resistenza a pubblico ufficiale e per aver messo a rischio la vita del resto dei profughi.

Più di 51mila profughi bloccati dalla Turchia nel 2019

Sulle isole greche di Lesbo, Samos e Chios sono arrivati ad agosto circa 10mila profughi (Aegean Boat Report)
Sulle isole greche di Lesbo, Samos e Chios sono arrivati ad agosto circa 10mila profughi (Aegean Boat Report)

L’azione della guardia costiera turca rientra negli accordi stabiliti tra Ankara e l’Unione Europea. Nel 2016, in piena emergenza profughi, Bruxelles ha concesso al presidente Erdogan 6 miliardi di euro perché fermasse le centinaia di migliaia di disperati in fuga dalla guerra in Siria, Afghanistan e Iraq. Un compito che la Turchia svolge con rigore, anche a costo di usare le maniere forti come è dimostrato in vari episodi successi in questi anni.

Secondo i dati diffusi dalla Ong Aegean Boat Report, nel corso del 2019, la guardia costiera turca ha bloccato oltre 1.600 imbarcazioni dirette verso le coste di Lesbo, Samos e Chios. Più di 51mila le persone, per lo più siriane e afghane, fermate nel tentativo di raggiungere l’Europa. Solo tra il 2 e il 9 settembre, sono stati 129 i gommoni intercettati e 4.766 i profughi trattenuti e fatti ritornare in Turchia. Ciò nonostante, gli sbarchi sulle isole greche non si sono interrotti e, anzi, hanno fatto registrare un picco mai visto dal 2016. Secondo l'Unhcr, sono circa 10mila le persone sbarcate solo lo scorso agosto. Un numero destinato ad essere superato questo mese: in settembre, infatti, sono già quasi 3.000 i profughi che sono riusciti ad attraversare il Mar Egeo per arrivare in Grecia.

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