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Cosa sta succedendo tra Cina e Australia e perché ci deve preoccupare

10 anni fa, le relazioni Cina-Australia crescevano tanto da poter mettere in secondo piano l’alleanza occidentale. Tuttavia, negli ultimi 5 anni, i rapporti sono peggiorati terribilmente, arrivando ieri all’intimidazione militare. Cosa sta succedendo tra Cina e Australia?
A cura di Gian Luca Atzori
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Ieri il Ministro della difesa cinese ha minacciato l’Australia di “serie conseguenze” qualora non cessassero le sue “provocazioni”. L’accusa è relativa ad un fatto avvenuto il 26 maggio, quando un jet australiano di ricognizione in cieli internazionali è stato intercettato da un caccia di Pechino sul Mar cinese meridionale. Lunedì, Canberra ha espresso le proprie preoccupazioni alla Cina accusandola di aver agito in maniera “pericolosa” e intimidatoria. La risposta non si è fatta attendere ed è arrivata tramite Tan Kenfei, portavoce del Ministro della difesa, il quale ha sottolineato come la reazione sia stata “ragionevole” e “legale”.

Una storia breve ma intensa: Chafta e Aiib

Eppure, 10 anni fa le relazioni tra Cina e Australia sembravano destinate ad un grande futuro. Nel 2012, John Lee scrisse un saggio su World Affairs intitolato, “A tilt toward China? Australia reconsiders its American ties” in cui si evidenziava come la crescente sinergia nel pacifico stesse allontanando Canberra da Washington. Nel 2015, prese il largo il China-Australia Free Trade Agreement (ChAFTA), rimuovendo dazi e barriere e liberalizzando bilateralmente gli investimenti esteri. In questo stesso anno, la Cina assorbì un quarto dell’export australiano e Canberra divenne membro fondante di quella che per molti è conosciuta come la controparte cinese della World Bank, ovvero la Asia Infrastructure and Investment Bank (AIIB).

La fine di un amore: Quad e Aukus

Tuttavia, da cinque anni, il governo australiano ha deciso, in maniera bipartisan, di implementare un riallineamento strategico a lungo-termine, attraverso un progressivo distaccamento dal proprio principale partner commerciale. Nel giugno 2017, il premier Turnbull disse che “preservare le regole che hanno assicurato la stabilità regionale australiana significa competere attraverso il quadro della legge internazionale e non vincere tramite la corruzione, l’interferenza e la coercizione". Da qui l’escalation fu molto rapida. Sei mesi dopo fu varata la prima legge occidentale per il contrasto dell'interferenza straniera. Nel 2018, il governo escluse Huawei dal network 5g australiano, mentre dal 2019 al 2021 partecipò al Quadrilateral Security Dialogue (Quad), formazione volta al contenimento cinese nell’Indo-Pacifico che coinvolge anche Usa, India e Giappone. Allo stesso modo, sempre l’anno scorso, avviò la collaborazione di sicurezza Aukus insieme a Regno Unito e Stati Uniti.

Il divorzio: Olimpiadi e Covid

Non finisce qui. In occasione delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, il governo australiano si è accodato agli americani nel boicottare i giochi e nell’esprimere preoccupazione per la salute della tennista Peng Shuai. Peng è stata numero uno al mondo in doppio, vincitrice di due titoli del Grande Slam. Il 2 novembre 2021 pubblicò sulla piattaforma social Weibo un post in cui accusava Zhang Gaoli, ex vice-premier cinese, di violenza sessuale e di aver intrattenuto una relazione extra-coniugale con lei. Da quel momento fu censurata e scomparve, per poi riapparire con una dichiarazione durante i giochi in cui affermava di non aver subito violenza e di esser stata fraintesa.

È stato con il Covid però che si è superato il punto di non ritorno nella relazione tra i paesi, quando la premier australiana Marise Payne ha richiesto un’indagine sulla diffusione intenzionale del virus da parte di Pechino senza previe consultazioni diplomatiche. In tutta risposta la Cina ha imposto sanzioni su vino, liquori, cotone, rame, carbone, zucchero e aragoste, replicando la guerra commerciale con Washington anche con Canberra.

Reazioni avverse: Ucraina e Seato (Nato asiatica)

Il conflitto in Ucraina ha peggiorato le cose. Come scritto su Fanpage negli articoli delle ultime settimane, nonostante le dovute differenze, il timore che Taipei possa rappresentare la Kiev asiatica ha visto crescere il dilemma della sicurezza e la corsa agli armamenti in tutta la regione. Il progetto di Nato dell’indo-pacifico concepito a Manila nel 1954 con la Seato (Southest Asia Treaty Organization) è tornato oggi alla ribalta attraverso il Quad e altri meccanismi a cui sono stati invitati i paesi Asean e la Nuova Zelanda.

Corea del Sud e Giappone sono stati invece coinvolti in incontri con gli alti vertici Nato e temono le tre potenze nucleari con i quali confinano (Cina, Russia e Nord Corea), a tal punto da vedere il paese di Hiroshima prospettare l’ipotesi di ospitare armamenti atomici. Inoltre, come spiegato qui, tra Tokyo e Mosca la seconda guerra mondiale non è mai ufficialmente finita. Le tensioni dal Mar del Giappone al Mar cinese continuano a crescere, sono numerose le aree contese tra diversi paesi e la Cina prosegue nella sua opera di occupazione e militarizzazione di alcune isole.

Responsabilità reciproche: Tpp e Isole Salomone

Oltre all’occupazione, Pechino attrae altri paesi nella sua orbita. L’accordo di sicurezza con le Isole Salomone è manifestazione del successo cinese nell’accrescere la propria egemonia regionale, controllare maggiori rotte e filiere, e tentare di riconquistare Taiwan col minimo sforzo. È anche sintomo però di un fallimento occidentale nel non aver saputo offrire una migliore alternativa. I ripensamenti del vecchio e del nuovo continente denotano infatti una mancanza di chiarezza strategica nella regione. Un altro esempio fu quando, nel 2017, Trump decise di abbandonare la Trans-Pacific Partnership (TPP), storico accordo entrato in vigore da appena un anno, il quale comprendeva il 40% del commercio globale coinvolgendo 12 paesi in totale (Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Vietnam, Singapore, Brunei, Canada, Malesia, Messico, Cile e Perù).

Quello che sta accadendo tra Cina è Australia è dunque frutto di una tensione crescente tra i paesi ma anche di una situazione geopolitica nel Pacifico sempre più preoccupante. Le intimidazioni aeree si sono verificate infatti anche con i canadesi che i cinesi hanno accusato di diffondere disinformazioni e, ovviamente, con gli americani. Da una parte cresce la presenza occidentale o anti-cinese nell’area, dall’altra la Cina sta tentando di ottenere l’egemonia regionale, mostrando che anche in acque o cieli internazionali bisogna fare i conti con la sua presenza e con la salvaguardia della propria sovranità e sicurezza nazionale.

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