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La morte di Alexei Navalny

Cosa sappiamo sulla morte di Navalny, le ultime notizie sul decesso in carcere dell’oppositore di Putin

Il dissidente e principale oppositore russo Alexei Navalny è morto dopo essersi sentito male dopo una passeggiata nella colonia penale nella Siberia del Nord dove era rinchiuso da Natale. In passato era stato vittima di attentati. Secondo la tv di regime sarebbe stato colpito da un “coagulo sanguigno”, ma i sospetti dell’Occidente sono molti. Anche e soprattutto alla luce del destino di molti altri ‘nemici’ di Putin.
A cura di Biagio Chiariello
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Alexei Navalny, 47 anni, è morto nel carcere di Kharp, nella Siberia del Nord, dove stava scontando la sua pena di 19 anni di carcere per "estremismo". Ad ucciderlo sarebbe stata una trombosi, secondo quanto filtra dalla colonia penale IK-3 (nota anche come "Lupo Polare", una delle prigioni più settentrionali e difficili della Russia) dove il blogger e avvocato di ispirazione nazionalista che era diventato il principale oppositore di Putin era giunto a fine dicembre.

Come è morto Alexei Navalny

Secondo i resoconti russi, stava facendo una passeggiata quando ha detto di non sentirsi bene, poi è collassato e non ha più ripreso conoscenza. Le sue condizioni erano peggiorate durante i tre anni di detenzione (quasi 300 giorni in isolamento) nei quali aveva lamentato di non aver ricevuto cure mediche adeguate. Al momento del suo arresto nel gennaio 2021 aveva trascorso mesi a riprendersi dopo essere stato avvelenato col gas nervino.

Nonostante tutto ciò, sembrava essere relativamente di buon umore e in salute come si vede in un video ripreso in tribunale un giorno prima della sua morte.

Buonissima parte dell'opinione internazionale non sembra concordare col comunicato del servizio carcerario, secondo quanto riporta Interfax: "Il giorno 16 febbraio nella colonia correzionale №3, il condannato Navalny A.A. si è sentito male dopo una passeggiata, perdendo quasi immediatamente conoscenza".

Secondo le autorità penitenziari, i medici lo hanno raggiunto "nel giro di due minuti" e "un'ambulanza era già disponibile nel giro di sei minuti". Stando alla tv russa, si è trattato di un "coagulo sanguigno", una trombosi.

Il ministro degli Esteri francese, Stéphane Séjourné, ha detto che Navalny "ha pagato con la vita" per la sua "resistenza all'oppressione russa", aggiungendo che la sua morte ricorda la "realtà del regime di Vladimir Putin".

La madre di Navalny, Lyudmila, in un post su Facebook citato dal quotidiano Novaya Gazeta, ha scritto che suo figlio era "vivo, sano e felice" quando lo ha visto l'ultima volta il 12 febbraio.

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Gli altri attentati subiti dall'oppositore del Cremlino

In passato il dissidente russo era già stato vittima di attentati. Nel dicembre 2020, aveva puntato il dito chiaramente contro gli agenti dell'agenzia di sicurezza russa, l'FSB. Qualche mese prima, il 20 agosto, si era sentito male mentre si trovava su aereo partito da Tomsk, in Siberia, diretto a Mosca. Ricoverato in terapia intensiva  all'ospedale russo di Omsk, nessuno aveva fatto riferimento a segni di avvelenamento.

Ma dopo il trasferimento allo Charité di Berlino, i laboratori europei avevano confermato che sul suo corpo era stato trovato il Novichok, l'agente nervino di fabbricazione russa utilizzato anche per avvelenare Sergei e Yulia Skripal a Salisbury, nel Regno Unito.

Navalny aveva poi pubblicato la registrazione di una chiamata con un agente dell'intelligence, Konstantin Kudryavtse. Nel corso della conversazione era riuscito a farsi raccontare il piano per essere eliminato: l'arma chimica era stata somministrata alla sua biancheria intima in un hotel di Tomsk.

Dopo le cure in Germania, Navalny era tornato in Russia nel gennaio 2021 ed era stato immediatamente arrestato.

Nei mesi successivi all'incarcerazione con l'accusa di "estremismo" e "corruzione", i suoi alleati e avvocati hanno lanciato diversi appelli legati al fatto che le sue condizioni stavano peggiorando, che era gravemente malato o che non si sapeva dove si trovasse.

Il blogger russo lamentava forti dolori alla schiena, febbre e intorpidimento alle gambe. Aveva parlato di privazione del sonno a causa dei "controlli" orari da parte delle guardie che gli puntavano torce negli occhi, e non aveva ancora superato i gravi effetti dell'avvelenamento col gas nervino.

L'attivismo di Navalny lo ha sempre contraddistinto come una delle principali minacce al potere di Putin. Per più di un decennio ha denunciato la corruzione all’interno del regime e le sue indagini hanno ricevuto centinaia di milioni di visualizzazioni online.

Nel 2021, il suo team ha prodotto un video virale con l'obiettivo di denunciare la costruzione di un palazzo da 1 miliardo di dollari per Putin sul Mar Nero, finanziato dalla "più grande tangente della storia". Secondo Navalny si tratterebbe della prova del regime “feudale” di clientelismo e furto di Vladimir Putin nei confronti del popolo russo. Il filmato è stato visto quasi 130 milioni di volte in tre anni.

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 Il destino sospetto dei ‘nemici' di Putin

Navalny è solo l'ultimo nome di una lunga lista di persone che hanno sofferto della cosiddetta "sindrome della morte improvvisa russa", come l'hanno definita alcuni detrattori del Cremlino. Ed oltre agli oppositori Putin, include anche alcuni suoi alleati – come il leader mercenario Yevgeny Prigozhin – e coloro che hanno semplicemente osato criticare l'attuale Presidente russo.

Tra loro c'è Pavel Antov, 65 anni, proprietario della maggiore azienda di salsicce in Russia e membro del partito Russia Unita di Putin, caduto mortalmente dalla finestra di un hotel in India nel 2022, poco dopo aver negato di essere la fonte di un messaggio WhatsApp in cui criticava l'invasione dell'Ucraina.

Qualche mese prima, a settembre, era toccato al boss del colosso petrolifero russo Lukoil, Ravil Maganov: anch'egli era caduto dalla finestra di un ospedale a Mosca. E pure lui era stato critico nei confronti della guerra in Ucraina. Solo tre anni prima gli era stato conferito un premio alla carriera dal presidente russo.

Poi c'è Boris Nemtsov, un carismatico leader dell’opposizione che era stato vice primo ministro negli anni Novanta: crivellato di colpi alla schiena in un agguato per strada, nei pressi del Cremlino, nel febbraio 2015. Anna Politkovskaya, una giornalista che ha scritto libri sullo stato di polizia della Russia sotto Vladimir Putin, è stata assassinata nel 2006 da sicari pagati, secondo un giudice del processo, da "una persona sconosciuta".

Alexander Litvinenko, ex agente del KGB e critico di Putin, è morto a Londra nel 2006, tre settimane dopo aver bevuto una tazza di tè nel quale era stato sciolto con un elemento radioattivo mortale, il polonio-210. Un'inchiesta britannica ha scoperto che Litvinenko è stato avvelenato dagli agenti dell'FSB Andrei Lugovoi e Dmitry Kovtun, che agivano su ordine "probabilmente" di Putin.

Per tutte questi morti il Cremlino ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento.

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