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Opinioni

MES, 6 risposte alle domande sul Fondo Salva Stati

Cos’è il MES? Perché nasce? A chi serve? Quanto ci costa? Ci ruba la sovranità? Sei domande e sei risposte per provare a capirci qualcosa nella polemica scatenata da Matteo Salvini, che sta dilaniando la maggioranza di governo. Ecco cos’è il fondo “Salva-Stati” (o “Ammazza-Stati”) sul cui destino voteranno i nostri parlamentari.
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Di una cosa bisogna dare merito a Matteo Salvini: di essere stato capace, grazie all’egemonia mediatica che si è costruito, di portare alla ribalta un tema fondamentale per il nostro Paese, che fino a quel momento aveva interessato giusto qualche addetto al lavoro: il Meccanismo Europeo di Stabilità e la sua riforma prossima ventura. Per buona parte dell’opinione pubblica italiana, è stata anche l’occasione per scoprire che esiste una cosa chiamata Meccanismo Europeo di Stabilità, immediatamente tramutata in una specie di mostro cattivo che tumulerà quel che rimane della sovranità italiana.

“Fondo ammazza-Stati” l’ha chiamato Salvini, vicepremier quando il premier Conte negoziava questa riforma con gli altri leader dell’area Euro, capo dell’opposizione oggi, mentre minaccia di portare Conte in tribunale per non aver informato né lui né il parlamento sull’andamento delle trattative quando stavano al governo assieme. Abbastanza per terrorizzare il Movimento Cinque Stelle e il suo capo politico Luigi Di Maio, che ormai perde voti in favore della Lega anche quando Salvini si limita a deglutire, che ha chiesto un chiarimento interno alla maggioranza sullo stato di avanzamento delle trattative, minacciando di riaprire da zero negoziazioni quasi definitivamente chiuse.

Tutto bellissimo, al solito. Ma al netto delle zuffe politiche di casa nostra, davvero il Mef è un fondo ammazza Stati? Davvero la sua riforma nuoce così tanto alla salute dell’Italia, tanto che Conte rischia di essere incriminato per alto tradimento? Andiamo con ordine, provando a mettere qualche punto fermo sulla vicenda. E già che ci siamo, provando a sfatare qualche luogo comune.

Perché nasce il MES?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità nasce dopo le crisi bancarie e dei debiti sovrani che hanno coinvolto i Paesi mediterranei – Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro, più l’Irlanda – tra il 2008 e il 2012. In quei quattro anni l’Europa – il continente più ricco del mondo – ha capito di avere un sistema finanziario fragile, fatto di banche fragili e di Paesi super-indebitati, di non aver alcuno strumento per evitare il contagio, e soprattutto di avere un processo decisionale troppo lento e inefficace, come soprattutto la crisi greca aveva ampiamente dimostrato. Serviva, in altre parole, uno strumento in grado di dire agli speculatori che attaccare i Paesi europei scommettendo sul loro fallimento sarebbe stato inutile, perché comunque ci sarebbe stato un fondo dalla disponibilità illimitata – questo vogliono dire i 700 miliardi di capitalizzazione – in grado di fare da prestatore di ultima istanza per i Paesi alla canna del gas. Questo vuole dire ii MES al mondo: nessun Paese europeo fallirà, nessuna crisi sistemica europea è possibile. Il MES non è un ombrello. Il MES serve a evitare che piova. E infatti, da quando c’è il MES, non c’è più stato alcun attacco speculativo sul suolo europeo.

A chi serve il MES?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità funziona così: gli Stati della Zona Euro versano una quota a questo maxi fondo – o meglio: sottoscrivono una quota, e si impegnano a versala, in caso di bisogno. Questo fa si che il MES sia iper-capitalizzato e possa prendere in prestito denaro sui mercati finanziari al miglior tasso possibile. Immaginiamo, per assurdo, che a un certo punto nessuno si fidi più a prestare denaro a un Paese super-indebitato come l’Italia. Se non ci fosse il MES, l’Italia non riuscirebbe a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, le pensioni, gli interessi sul debito pregresso e sarebbe tecnicamente fallito. Il MES serve proprio a Paesi come il nostro per continuare a prendere soldi a basso costo: tutti si fidano dell’Italia, perché tutti sanno che, grazie al MES, l’Italia non può fallire.

Senza il MES l'Italia può fallire?

Conosciamo l’obiezione: un Paese come l’Italia non può fallire, perché il suo fallimento trascinerebbe a fondo, per contagio, anche Germania, Francia e il resto d’Europa. È il nostro ricatto preferito, questo, quando andiamo in Europa: lasciateci spendere, altrimenti facciamo ammalare anche voi. Finora ha sempre funzionato, per noi. Nel caso della prima crisi Grecia, tuttavia, le lungaggini politiche rischiavano di essere fatali e hanno drammaticamente complicato la situazione. I motivi? I soliti: è dura far digerire ai contribuenti tedeschi e del nord Europa che i loro soldi vengano spesi per salvare gli stipendi e le pensioni di Paesi che hanno vissuto per decenni sopra le loro possibilità. Basta un ciclo elettorale che capita nel momento sbagliato, una polemica di troppo a mezzo stampa, una levata di scudi da parte di un blocco di Paesi, per far perdere temp prezioso e far precipitare. Quindi sì, l’Italia ha bisogno di un ombrello come il MES non solo perché è super-indebitata, ma perché il ricatto politico funziona fino a un certo punto.

Quanto ci costa il MES?

La potenza di fuoco del MES, circa 700 miliardi, è quasi tutta sulla carta. Nei fatti, sono soldi che ci siamo impegnati a dare se ce ne fosse bisogno, ma che sono ancora nelle nostre casse: tecnicamente, è capitale sottoscritto, non versato. Per la precisione, l'Italia sottoscritto una percentuale del 17,8%  sul totale, equivalente a circa 125 miliardi e ne ha versati sinora 14, a fronte di erogazioni del MES pari a 285 miliardi circa. Erogazioni che hanno evitato crisi di sistema che avrebbero avuto costi molto maggiori.

Cosa ci sarebbe, se non ci fosse il MES?

In realtà, vi abbiamo detto una mezza bugia: probabilmente l’Italia non fallirebbe, in caso di attacco speculativo, perché c’è già un altro ombrello, nel mondo. Si chiama Fondo Monetario Internazionale e funziona in modo più o meno simile al Mes: presta soldi ai Paesi alla canna del gas e impone ai Paesi debitori una serie di politiche di contenimento della spesa pubblica che consentano ai Paesi in questione di ripagare il debito. In molti contestano le ricette del Fondo Monetario Internazionale, un po’ per i loro alti costi sociali – comunque inferiori ai costi di un default, vale la pena di ricordarlo – un po’ perché spesso non hanno funzionato. Va detto, tuttavia, che in Europa, le ricette del MES – e della sua versione emergenziale, prima – hanno prodotto risultati diversi: Irlanda, Spagna e Portogallo sono tra i Paesi che più crescono nel continente e la Grecia, al netto di fondamentali economici molto fragili, cresce comunque al tasso del 3% annuo, ha titoli di stato con un rating migliore di quelli italiani ed è quasi fuori dal programma di aiuti. Per ora il MES è stato tutto fuorché un fondo ammazza-Stati, quindi.

Il MES ci ruba la sovranità, quindi?

A quanto pare, per poter accedere ai fondi del MES bisogna avere un debito inferiore al 60% del PIL, oppure fare quel che dicono loro. Bella forza: i Paesi con un debito inferiore al 60% non avranno mai bisogno di accedere ai fondi del MES perché i soldi possono tranquillamente chiederli in prestito a tassi analoghi sul mercato. I Paesi che chiedono aiuto al MES, in linea teorica, sono quelli che hanno bisogno di un prestatore di ultima istanza. Ed è fisiologico, ne converrete, che il prestatore di ultima istanza chieda conto di come vengano spesi. Immaginate di aver a che fare con un debitore alla canna del gas che vi chiede i soldi: davvero gli prestereste quel che chiede senza chiedergli conto di cosa ne fa? La verità è che il creditore è sempre sovrano col suo debitore. Ed è il debito che ci ruba sovranità, non il MES. Meno debito, più sovranità. Sarebbe così semplice che quasi non ci si crede.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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