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La locazione e il danno per la ritardata restituzione dell’immobile

La Cassazione del 30.10.2013 n. 24498 riconferma l’obbligo dell’inquilino di pagare al proprietario una somma pari al canone mensile a titolo di risarcimento del danno per la mancata restituzione dell’immobile, nel periodo tra la scadenza del contratto di locazione e l’effettiva liberazione dell’immobile e si sofferma ad analizzare quanto le contestazioni sul canone influenzano questo principio.
A cura di Paolo Giuliano
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La fine del contratto di locazione può essere traumatica e può dar vita a strascichi che esasperano ancora di più gli animi dell'inquilino e del proprietario.

I motivi che determinano questa situazione possono essere tanti:

–          L’esigenza di regolare i rapporti dare a/ avere tra proprietario e conduttore (come nel caso di morosità del conduttore oppure, anche solo, alla quantificazione del canone dovuto, perché pagato “in nero” o pagato “in modo superiore” a quanto stabilito dalla legge)

–          La mancata liberazione e restituzione dell’immobile nei tempi previsti

–          L’occupazione dell’immobile (dopo la consegna) con suppellettili varie

–          La quantificazione dei danni all’immobile o/o la quantificazione dei miglioramenti apportati (con senza autorizzazione del proprietario) e delle addizioni (separabili o meno senza danno per il bene locato)

–          La quantificazione di quanto dovuto dall’inquilino tra la fine del contratto di locazione e l’effettiva liberazione dell’immobile

Quest’ultimo aspetto è interessante, perché se qualcuno crede che alla fine del contratto di locazione (per fine locazione o per morosità) l’immobile sarà immediatamente liberato (soprattutto in situazioni di contestazioni tra proprietario e inquilino) deve ricredersi. Infatti, se l’inquilino non abbandona l’immobile volontariamente sarà necessario ottenere un provvedimento di sfratto dall'autorità giudiziaria e tra la notifica dello sfratto all’inquilino e il provvedimento del giudice che convalida lo sfratto passano sempre 30 giorni (nella migliore delle ipotesi).

Ottenuto il provvedimento del giudice, se l'inquilino non libera l'immobile, bisognerà iniziare l’esecuzione forzata (cioè bisognerà ottenere la liberazione coattiva dell’immobile tramite l’ufficiale giudiziario) e il primo accesso sui luoghi dell’ufficiale giudiziario può essere effettuato anche dopo 6 mesi dal provvedimento del giudice, che convalida lo sfratto.

Comunque, concluso il contratto di locazione (per scadenza del termine o per la morosità dell’inquilino), il ritardo nella restituzione dell'immobile o la mancata liberazione dell’immobile produce un danno a carico del proprietario per “l’occupazione abusiva” dello stesso locale. Questo danno deve essere in qualche modo quantificato e liquidato, il codice civile all’art. 1591 c.c. rubricato con il titolo di “Danni per ritardata restituzione” prevede che “Il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno”.

Dal punto di vista processuale è opportuno precisare che se il proprietario ipotizza che l’immobile non verrà rilasciato alla scadenza del termine (o in presenza di uno sfratto per morosità) la domanda per il risarcimento del danno, per il periodo tra la fine del contratto e la liberazione dello stesso, deve essere espressamente effettuata ed è conveniente inserirla – immediatamente –  nel primo atto processuale da notificarsi all’inquilino, altrimenti si corre il rischio di incorrere nelle decadenze previste dalla procedura di fine locazione.

Una volta deciso di ottenere il risarcimento del danno per l’occupazione (abusiva) dell’immobile tra la fine del contratto di locazione  e l’effettiva liberazione dell’immobile, questo danno deve essere “quantificato”. Di solito, questo danno viene quantificano in una somma identica al canone mensile di locazione, (salvo che il proprietario non provi di avere avuto un danno maggiore), in altre parole, per l’occupazione abusiva dell’immobile da parte dell’inquilino, per il periodo successivo alla fine del contratto di locazione e fino alla effettiva liberazione dei locali è dovuta dall’inquilino una somma pari al canone di locazione, questa somma quantifica e risarcisce il danno subito dal proprietario che non ha la possibilità di liberare (immediatamente) l’immobile.   

Descritto il sistema in questo modo, potrebbe sembrare relativamente semplice, in realtà le complicazioni sono sempre dietro l’angolo. Infatti, potrebbero esserci delle contestazioni sul canone (perché pagato in parte “in nero” o perché superiore a quello “legalmente determinato” con il c.d. equo canone) oppure perché nel corso del tempo cambia la normativa e da un sistema “di canone vincolato” si passa ad un sistema di canone “libero”.

Se c’è contestazione sul canone (perché, ad esempio questo è stato quantificato in misura maggiore di quella prevista dall’equo canone o perché pagato in parte in “nero”) l’inquilino dovrà pagare quanto è dovuto secondo legge e diritto, quindi, (supponendo accertato un canone superiore all’equo canone o in parte in nero) l’inquilino dovrà pagare solo il canone determinato dall’equo canone o il canone non in nero, cioè quello che risulta scritto nel contratto (se non c’è ancora sentenza sul punto relativo alla quantificazione del canone, l’inquilino potrà sempre recuperare quanto pagato indebitamente). Ovviamente tutto questo non tiene conto dell'influenza degli obblighi tributari sul contratto di locazione.

Se nelle more del procedimento è intervenuta una nuova normativa che liberalizza il canone  la parte eccedente  il canone (equo) non è dovuta, questo perché l'art. 14 comma 5 della legge del 9 dicembre 1998 n. 431 afferma che "Ai  contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla  data  di  entrata  in vigore della presente legge continuano ad applicarsi  ad  ogni  effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data", quindi, ritorna applicabile l'art. 79 della legge del 27 luglio 1978 n. 392 il quale dispone che "È nulla ogni pattuizione diretta a […] attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge. Il conduttore [….] può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge".

Cassazione, civ. sez. VI,  del 30 ottobre 2013 n. 24498 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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