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Gli anticipi dell’amministratore e il rendiconto del condominio: Cassazione 28.05.2012 n.8498

L’amministratore del condominio deve provare da dove avrebbe prelevato le somme che dichiara di aver anticipato per coprire le spese del condominio, il motivo alla base di tale principio si spiega considerando che tali somme possono essere state (illecitamente) prelevate da un altro condominio (usando il c.d. sistema della casa comune tra diversi edifici), oppure, gli anitcipi possono essere un modo di aggirare la normativa sull’anti riciclaggio, di conseguenza, una sentenza non può legittimare il compimento di atti illeciti. Ampliando il problema si comprende perchè il legislatore con la riforma è intervenuto principalmente sulla gestione contabile del condominio e sul rendiconto condominiale.
A cura di Paolo Giuliano
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Alla fine dell'anno è tempo di bilanci e in un condominio la fine dell'anno fa rima con rendiconto e "conguaglio", quasi mai a "credito" e quasi sempre a "debito".

Il problema, però, è dato dal fatto che le regole o i principi alla base del rendiconto del condominio costituiscono un mistero assoluto e questo sia per coloro che non sono "non addetti ai lavori",  ma anche a molti addetti ai lavori. Logica conseguenza di quanto affermato è che la situazione del condominio indicata nei rendiconti non è controllabile e verificabile e che nella peggiore delle ipotesi non corrisponde (mai o quasi mai) alla situazione reale dell'edificio e, quindi, quasi ciclicamente, si scopre che occorre ripianare perdite, buci o ammanchi, senza che mai nessuno riesca a comprendere da dove scaturiscono tali "buchi di bilancio" e senza che nessuno riesca a fornire una reale motivazione o esigenza. (in un precedente articolo avevamo già trattato della questione)

Nel momento in cui si cerca di trovare un filo conduttore che spieghi gli elementi di base di un rendiconto, un primo elemento può essere tranquillamente notato, senza paura di essere smentiti, è dato dal fatto che il rendiconto deve rappresentare la situazione reale del condominio, intendendosi, con questa espressione, non solo il divieto di inserire nel rendiconto dati falsi, ma anche il divieto di inserire nel rendiconto dati "putativi" o "immaginari" o situazioni non realmente effettuate. Semmai, il problema è individuare il metodo è il più corretto per raggiungere un tale obiettivo, ovviamente, considerando anche la recente riforma del condominio, che ha profondamente inciso sul punto.

Per semplificare il discorso e rendere più familiare la spiegazione di alcuni principi è possibile ricorrere ad un elemento più comune il c.d. conto corrente bancario ed è possibile analizzare il tipo di operazioni che compie la banca. La banca segna un'operazione, in entrata o in uscita, solo quando la somma è effettivamente versata sul conto o solo quando la somma è effettivamente prelevata dal conto, la banca alla fine di un dato periodo tira una somma e indica il totale saldo a debito o a credito. Il risultato così ottenuto può essere dichiarato come corrispondete alla situazione reale. Se, invece, la banca indicasse in entrata somme che nessuno ha mai versato o se indicasse, in uscita, somme che nessuno ha mai prelevato, nel momento in cui venisse presentato il c.d. "estratto conto" (il "rendiconto"), la banca rappresenterebbe una situazione che può essere tranquillamente definita come non corrispondete alla realtà (con tutte le conseguenze derivanti da questa affermazione).

Anche per la redazione del rendiconto del condominio deve essere applicata questa semplice regola, cioè nel rendiconto vanno indicate solo le spese effettivamente sostenute e solo le somme effettivamente riscosse, (questa semplice regola di redazione del rendiconto può anche essere descritta come principio di cassa).

I motivi che spingono ad avvallare l'applicazione di questo principio (e si anticipa è anche quello presente nella riforma del condominio) possono essere così elencati:

1) il rendiconto è anche il documento che descrive l'attività dell'amministratore (mandatario dei proprietari) e, certo, nella redazione del rendiconto l'amministratore non può indicare attività non effettivamente eseguite, cioè non può far credere che ha fatto qualcosa, quando, in realtà non ha fatto nulla, poichè, altrimenti, farebbe credere ai proprietari (che devono rinnovargli l'incarico), che  ha eseguito ed ha adempiuto al suo incarico, mentre, in in realtà, non ha eseguito e non ha adempiuto al suo incarico professionale.

2) inserire nel rendiconto spese mai effettivamente pagate (o rappresentare come pagate spese in realtà non pagate) potrebbe anche essere un mezzo per coprire lo "spostamento" di fondi del condominio, i quali potrebbero essere usati nell'ambito del meccanismo della c.d. "cassa comune tra più condomini", (cioè lo stesso amministratore di più condomini, usa i soldi del condominio A per pagare le spese del condominio B poi usa le somme del condominio C per pagare le spese del condominio D ecc…) si tratta di un fenomeno talmente diffuso (ma poco pubblicizzato) che il legislatore ha previsto la revoca giudiziale dell'amministratore se si dovesse verificare una tale eventualità (ex art. 1129 n. 3 c.c.), oppure potrebbe servire a chiedere il pagamento di conguagli in realtà non dovuti; così come, inserire entrate mai effettivamente riscosse, potrebbe servire a nascondere la reale situazione debitoria del condominio.

L'obiezione che si potrebbe sollevare all'inserimento nel rendiconto solo delle spese effettivamente pagate è che non inserendo nel rendiconto anche le spese non effettivamente pagate (es. fattura di lavori deliberati ed eseguiti, ma non pagati per mancanza di liquidità) poi non c'è (o non ci sarebbe) la possibilità recuperare la somma o quanto dovuto dai proprietari. A questo rilievo si può facilmente replicare che si confondono due piani differenti, infatti, si confonde il piano del rendiconto (e della sua "conformità" alla situazione reale) con il recupero delle risorse necessarie e dei mezzi a disposizione dell'amministratore per coprire le spese. Ora, (sorvolando sull'importanza di un preventivo di spesa "congruo") è possibile recuperare le somme per coprire le spese in due modi: a) usando i decreti ingiuntivi per colpire i morosi; b) programmando la costituzione di fondi cassa per poter far fronte ai ritardi o alle difficoltà di pagamento dei singoli proprietari e la riforma del condominio oltre ad ammettere la possibilità di creare fondi o riserve, prevede che in caso di lavori straordinari deve essere previsto un fondo specifico (1134 c.c. n. 4).

Anche la recente riforma del condominio spinge verso l'applicazione del principio di cassa, infatti, il nuovo rendiconto dovrà essere coerente con i dati presenti su altri due documenti: a) il c.d. registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita (art. 1130 comma 8 c.c.);  b)   il conto corrente condominiale in cui l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio (art. 1129 comma 7 c.c.). Ora entrambi i documenti sono redatti con il principio di cassa e usare un diverso metodo per il rendiconto darebbe vita a risultati incoerenti.

Sussiste anche un dato formale che spinge per l'adozione del principio di cassa ed è previsto dall'art. 1130 bis c.c. il quale prevede che il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita. Il riferimento dell'art. 1130 bis c.c. alle entrate ed uscite può essere solo inteso solo come riferito alle uscite ed entrate realmente effettuate nell'arco dell'anno solare e non può riferirsi alle spese non pagate o alle entrate non riscosse, l'unico documento che potrà far riferimento a voci non effettivamente pagate o riscosse è la nota esplicativa dell'amministratore.

In questo contesto si inserisce anche il problema dei c.d. anticipi dell'amministratore, cioè quelle somme (in alcuni casi anche di notevole entità) che il "generoso" amministratore avrebbe anticipato per coprire la spese durante l'anno e che altrimenti non sarebbero state onorate. Ora, è difficile che un amministratore anticipi effettivamente delle somme, anzi, al contrario la presenza di anticipi dell'amministratore anche molto consistenti è un indice di una gestione contabile ballerina soprattutto quando è congiunta alla presenza di  pagamenti "in contanti" e di rendiconti redatti in base a principi non identificati e al mancato uso del conto corrente condominiale. Sul punto, la posizione dei giudici di legittimità  è giunta alla conclusione che la presenza di una differenza negativa tra entrate e uscite non significa che la differenza sia stata anticipata dall'amministratore e, in ogni caso, grava su quest'ultimo l'onere di provare da dove avrebbe prelevato dette somme, poichè, ovviamente, non è possibile legittimare l'uso di fondi di diversi condomini per coprire spese altrui (c.d. "gestione comune di diversi condomini")  così come non è possibile legittimare la violazione della normativa in materia di antiriciclaggio.

Cassazione civ. serz. II, del 28 maggio 2012 n. 8498

Il primo è inammissibile, laddove omette di riportare i contenuti testuali dei bilanci, nelle parti asseritamente qualificanti i passivi di cassa come rappresentativi di un credito dell’amministratore. In ogni caso, il motivo sarebbe da respingere perchè su analoga tematica questa sezione ha avuto modo di stabilire che “La deliberazione dell’assemblea di condominio che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo emesso dell’amministratore ha valore di riconoscimento di debito solo in relazione alle poste passive specificamente indicate; pertanto, ove il rendiconto – che è soggetto al principio di cassa – evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, l’approvazione dello stesso non consente di ritenere dimostrato in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall’amministratore con denaro proprio, poiché la ricognizione di debito richiede un atto di volizione, da parte dell’assemblea su un oggetto specifico posto all’esame dell’organo collegiale” (sent. n. 10153/11)

Il secondo motivo, che del pari non indica quale norme di diritto sia stata violata, risolvendosi in censure di puro merito, non scalfisce la corretta argomentazione della sentenza impugnata, che, nel ritenere non sufficiente la sottoscrizione del verbale di consegna tra il vecchio ed il nuovo amministratore, menzionante una situazione di cassa contenente un passivo in relazione ad anticipazione di pagamenti ascritte al primo, ad integrare una ricognizione di debito da parte del condominio, risulta sostanzialmente in linea con il principio già affermato, in un precedente in termini, da questa Corteo dal presente collegio condiviso, secondo cui “il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti dai prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e pertanto l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando invece all’assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore”. (sent. n. 5449/99) Irrilevanti risultano, pertanto, le circostanze che il nuovo amministratore, all’epoca del passaggio delle consegne, fosse già stato immesso nell’esercizio delle proprie funzioni ed in grado di rendersi conto della situazione debitoria del condominio, conoscenza che, quand’anche seguita dalla ricezione della documentazione consegnatagli dal precedente amministratore, comunque non avrebbe potuto equivalere al riconoscimento della effettiva sussistenza del credito esposto in tali atti.

Le su esposte considerazioni comportano la reiezione anche del terzo motivo, posto che dalla sola avvenuta conoscenza, da parte dell’assemblea della pretesa creditizia dell’amministratore, non contenente alcun espresso riconoscimento da parte della compagine condominale del debito come proprio, ma solo manifestante una disponibilità a considerarlo tale, subordinata al recupero di quanto dovuto da un condomino moroso, non avrebbe potuto desumersi la ricognizione del debito e l’impegno al relativo pagamento, se è vero che, come risulta dal riportato testo del verbale, la mancata accettazione della condizione determinò la non approvazione del consuntivo sul punto.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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