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Da Filippo Lippi alle opere inedite del Trecento: due mostre per riscoprire il Rinascimento

Le Gallerie Nazionali di Arte Antica propongono un viaggio inedito alla riscoperta del Rinascimento: fino a febbraio, Filippo Lippi e Giovanni da Rimini in mostra a Roma.
A cura di Federica D'Alfonso
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Filippo Lippi, "Madonna di Tarquinia" (1437), Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma.
Filippo Lippi, "Madonna di Tarquinia" (1437), Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma.

Oltre all’ esposizione dedicata al genio visionario di Arcimboldo, in mostra fino al febbraio 2018, le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma si dedicano al Rinascimento. Due esposizioni minori, ma non meno importanti, dedicate a due grandi esponenti dell’arte del Trecento: Filippo Lippi e Giovanni da Rimini. Entrambi esposti presso Palazzo Barberini, i due artisti si collocano nell’ambito di un progetto espositivo ben preciso: costruire delle vere e proprie occasioni di “studio”, riflessione e rilettura delle maggiori esperienze artistiche del passato, proponendo punti di vista inediti e nuovi.

La riscoperta di Filippo Lippi

Filippo Lippi, Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer, Museo Civico di Prato.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer, Museo Civico di Prato.

Esattamente un secolo fa, nel 1917, lo storico dell’arte Pietro Toesca annunciava la scoperta della “Madonna con il Bambino” di Filippo Lippi. Rinvenuta all’interno della Chiesa di Santa Maria di Valverde a Tarquinia, l’opera risale agli anni Trenta del Quattrocento, ed è considerata fondamentale nell’evoluzione dello stile pittorico del maestro fiorentino. Fino al 18 febbraio 2018, nella sede di Palazzo Barberini, l’opera è esposta al pubblico nell’ambito della mostra “Altro Rinascimento. Il giovane Filippo Lippi e la Madonna di Tarquinia.

Simbolo della pittura “ornata e gratiosa”che lo contraddistingue, la Madonna di Tarquinia risulta essere un’opera fondamentale per comprendere l’evoluzione dello stile di Lippi, che proprio in questo periodo passa dallo stile austero proprio di Masaccio alla sperimentazione delle novità introdotte da Donatello. La mostra, curata da Enrico Parlato, è divisa in tre sezioni: la prima è dedicata all’importante ritrovamento della tela, ed espone documenti originali dell’epoca provenienti dall’Archivio di Stato.

La seconda passa in rassegna il raffinato ambiente in cui Lippi eseguì l’opera, con particolare attenzione al committente, il cardinale arcivescovo di Firenze Giovanni Vitelleschi. La terza e ultima sezione, la più corposa, documenta il vivace ambiente culturale frequentato da Lippi all’epoca: al centro del percorso il rapporto con Masaccio e Donatello, esemplificato grazie ad importanti prestiti di gallerie straniere, come il “Putto ceroforo”proveniente dal Museo Jacquemart-André di Parigi.

Un inedito: Giovanni da Rimini

Giovanni da Rimini, Pinacoteca comunale di Faenza.
Giovanni da Rimini, Pinacoteca comunale di Faenza.

In linea con l’intento principale delle esposizioni, ovvero quello di fornire nuovi ed inediti confronti fra le diverse scuole pittoriche, sempre fino al 18 febbraio 2018 Palazzo Barberini apre al pubblico “Giovanni da Rimini. Passato e presente di un’opera”. Il curatore Alessandro Cosma ha scelto di ricostruire in modo nuovo l’esperienza del Trecento riminese attraverso il confronto di due diverse opere di Giovanni da Rimini, una proveniente dalla National Gallery e una appartenente alle collezioni permanenti di Palazzo Barberini.

Le “Storie dei Santi”provenienti dal museo londinese si collocano in diretta continuità con quelle conservate nella galleria romana, quasi fossero parte di un’unica opera: non a caso, almeno fino al Seicento, entrambe facevano parte della collezione della famiglia Barberini. Entrambe commissionate dai frati del convento di Sant’Agostino a Rimini, le due opere sono affiancate da altre tele appartenenti alla scuola riminese, come le “Storie della Passione di Cristo” di Giovanni Baronzio.

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